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Un nuovo caso Petrov al Senato?

Ieri l’ufficio di presidenza della commissione Esteri ha ratificato all’unanimità lo stop all’accordo di collaborazione con la commissione Affari internazionali del Parlamento russo siglato nel 2019. La scorsa settimana Vito Petrocelli, presidente della commissione finito nel mirino dei partiti (compreso il suo Movimento 5 Stelle) dopo aver votato contro la risoluzione del governo sulle misure in favore dell’Ucraina, aveva ammesso che “non ci sono più le condizioni perché qualsiasi attività prevista da quel Protocollo possa essere portata avanti”. La decisione è stata comunicata con una lettera del presidente Petrocelli, in cui la decisione è da intendersi “come scioglimento unilaterale del vincolo collaborativo”, si legge, a causa “dell’aggressione russa all’Ucraina”.

”Bene lo stop al protocollo d’intesa con i russi”, “ma credo che questo non basti per ripristinare il rapporto di fiducia con il presidente Petrocelli”, ha dichiarato Laura Garavini, vicepresidente della Commissione, all’Adnkronos. Per la senatrice di Italia Viva “da chi occupa quel posto ci si aspetta coerenza, Petrocelli deve essere figura responsabile, in grado di esprimere non posizioni personali, ma piuttosto essere in grado di rappresentare la posizione dell’organismo da lui presieduto, tanto più in un momento così delicato”.

Un nuovo caso Petrov potrebbe realizzarsi in vista di questi due appuntamenti. Un altro voto contrario alle misure del testo al vaglio del Senato potrebbe non soltanto alimentare nuove tensioni con Giuseppe Conte, presidente in pectore del Movimento 5 Stelle. Potrebbe anche complicare la trasferta negli Stati Uniti per incontrare Robert Menendez, figura di spicco del Partito democratico e presidente della Commissione per le relazioni internazionali del Senato. Con lui ci dovrebbero essere due membri della commissione: Alessandro Alfieri del Partito democratico (“ingaggiato all’ultimo, proprio per tenere aperto il canale col partito di [Joe] Biden”, ha scritto Repubblica) e Manuel Vescovi della Lega.

“A breve voteremo il decreto sull’Ucraina”, ha avvertito la senatrice Garavini. “Ancora non sappiamo quale sarà la sua posizione, inoltre, andrà pure negli Stati Uniti, dove incontrerà il suo omologo americano, quale sarà la posizione che sosterrà?”.

Inizialmente il piano sembrava essere sfruttare la missione all’estero per giustificare l’assenza al voto. Che però si terrà molto probabilmente prima del viaggio, previsto dal 29 marzo al 2 aprile. Washington è una destinazione Paese “che Petrocelli finora ha sempre snobbato”, ha attaccato ancora la senatrice Garavini citata da Repubblica. “Basta controllare la newsletter interna, Petrocelli ha incontrato almeno 10 volte, da inizio legislatura, esponenti dell’ambasciata iraniana. Meno della metà, le autorità americane”. Con Teheran studiava perfino un protocollo, simile a quello appena sospeso con la Duma. Operazione fallita dopo la bocciatura pressoché unanime degli altri esponenti della commissione.

In effetti, è l’Iran il Paese più presente nell’agenda della commissione Esteri del Senato da inizio legislatura, sempre sotto la presidenza Petrocelli. Formiche.net ha trovato nella newsletter della commissione una dozzina tra incontri e missioni con i rappresentanti del governo di Teheran. Sette sono invece gli incontri con le parti russe. Due con quelle di Cuba. Due anche i contatti con gli Stati Uniti: due incontri con l’allora ambasciatore statunitense a Roma, Lewis Eisenberg. Tre gli incontri con i cinesi, la cui diplomazia l’anno scorso ringraziava pubblicamente Petrocelli per essersi autoproclamato “filocinese” e detto convinto che gli uiguri non siano perseguitati nello Xinjiang.

Alla luce di questa gestione della commissione ecco che anche in queste ore nelle stanze del Senato riecheggia l’interrogativo della senatrice Garavini sulla posizione che il presidente Petrocelli porterà negli Stati Uniti.

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