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Articolo pubblicato su Decode39

Olaf Scholz è cancelliere tedesco da pochi giorni ma ha già intrapreso un tour europeo carico di significato. Prima è atterrato a Parigi per incontrare il presidente Emmanuel Macron e sottolineare l’importanza delle relazioni franco-tedesche. Poi si è recato a Bruxelles per lustrare le sue credenziali europee prima del vertice del Consiglio europeo di giovedì.

L’occasione ha segnato il primo incontro di Scholz in veste di cancelliere con il premier Mario Draghi. L’italiano aveva chiamato il collega tedesco il 9 dicembre per congratularsi con lui e dire che si sarebbero incontrati “nei prossimi giorni”. Sullo sfondo sono sospesi diversi fattori decisivi per il futuro prossimo della relazione italo-tedesca, che nei prossimi anni potrebbe a sua volta contribuire a guidare un cambiamento molto significativo in seno all’Europa.

Molto recentemente l’Italia ha stretto un accordo di collaborazione globale con la Francia, il Trattato del Quirinale, il quale è essenzialmente modellato sulla versione franco-tedesca (il Trattato dell’Eliseo) che ha agito come pietra angolare della potente intesa tra le due nazioni tradottasi nel cosiddetto motore franco-tedesco. Ma ancora prima che Parigi e Roma stringessero il patto, in Italia già si parlava di un accordo simile con Berlino per completare quello che potrebbe essere il nuovo triangolo di potere dell’Ue.

Nel frangente attuale, il nuovo governo tedesco potrebbe dimostrarsi molto più incline a condividere le posizioni della controparte italiana su una serie di argomenti-chiave (esplorati in seguito) rispetto alla Germania dell’ex cancelliera Angela Merkel. E certamente non nuoce che Italia e Germania godano già di solidi legami economici. Berlino è il più grande partner commerciale di Roma (mentre Roma è il settimo di Berlino) e l’interscambio commerciale nel 2020 valeva oltre 116 miliardi di euro, secondo la Camera di Commercio italo-tedesca. Una cifra inferiore dell’8% rispetto al 2019 che tuttavia può essere ascritta alla pandemia. Diverse industrie tedesche chiave – come quella automobilistica – dipendono da quelle italiane per operare, e viceversa. Si può costruire un’intesa politica rafforzata su queste basi?

L’austerità fiscale è in cima all’agenda. Con Merkel la Germania ha generalmente sostenuto misure austere opponendosi a Paesi come l’Italia, che ha sofferto pesantemente sotto le regole europee esistenti (come ha ammesso lo stesso Draghi giovedì al Consiglio europeo). Il premier ha già segnalato che intende riformarle, e lo stesso ha fatto Macron, il cui Paese assumerà la presidenza di turno dell’Europa a gennaio. E anche il governo di Scholz – nella figura del ministro delle Finanze Christian Lindner, che storicamente ha assunto posizioni molto dure in materia – sembra più incline a considerare altre opzioni (soprattutto per quanto riguarda la conversione verde e la digitalizzazione) una volta che la sospensione delle regole di bilancio, causata dalla pandemia, sarà terminata. Scholz, da parte sua, mercoledì ha parlato di “rafforzare l’Ue”.

La Russia è sotto i riflettori dell’Ue per la sua posizione sempre più aggressiva sul confine ucraino. È anche il più importante fornitore di gas naturale del blocco (per oltre il 40%) e sta cercando di rafforzare il suo legame con la Germania attraverso l’approvazione del gasdotto Nord Stream 2. Berlino ha un bisogno estremo di gas per il proprio processo di decarbonizzazione, e lo stesso vale per diversi Paesi europei. Tuttavia il ministro degli esteri della nuova coalizione, Annalena Baerbock, sembra essere meno prudente nei confronti del Cremlino rispetto al suo predecessore merkeliano. Un gioco di equilibrio tra sicurezza energetica e assertività europea, una questione su cui anche l’Italia di Draghi è investita.

La Cina sarà un’altra questione cruciale. Essendo Pechino il primo partner commerciale della Germania, Berlino è bloccata tra i legami economici e un’Europa sempre più diffidente. Le transizioni (verde e digitale), che dipendono fortemente dalle importazioni cinesi, impattano la pretesa di “autonomia strategica” dell’Ue. Come la Germania si muoverà su questo tema condizionerà pesantemente la posizione europea. Da parte sua, l’Italia non è estranea agli affari cinesi, ma come la maggior parte del blocco, si sta anche allontanando da Pechino. Geopoliticamente parlando.

Tutto ciò si riflette anche nella vicinanza dell’Ue agli Stati Uniti e nella posizione europea all’interno della Nato. Washington e Berlino hanno forti legami militari, diverse migliaia di truppe americane sono di stanza in Germania. Allo stesso modo, l’Italia è generalmente allineata con lo zio Sam. Perché Roma e Berlino possono rivelarsi un efficace contrappeso alle velleità di “autonomia strategica” di Parigi, che di volta in volta ha deviato verso una spinta a costruire una Ue meno dipendente dagli Stati Uniti (si consideri la saga post-Aukus). Draghi crede che una forza militare europea più potente equivarrebbe al rafforzamento del pilastro europeo della Nato, e Baerbock ha mostrato più calore verso gli Stati Uniti rispetto al governo precedente.

Anche il mix energetico dell’Ue entrerà in gioco. Come la Germania, l’Italia è anche uno snodo centrale del gas per il continente. I due Paesi si stanno attrezzando per collaborare su tutto, dagli acquisti alle infrastrutture, tenendo d’occhio il graduale passaggio dal gas naturale all’idrogeno verde. Anche il rifiuto della tecnologia nucleare, che la Francia sfrutta come fonte primaria di elettricità, per Italia e Germania costituisce un ulteriore legame alla strategia del gas come strumento di transizione verso le rinnovabili.

 

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