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La Russia di Vladimir Putin “sostiene in Italia la nazionalista Lega Nord e il populista Movimento Cinque Stelle”. Parola di Joe Biden. A chi si chiede come farà Mario Draghi a spiegare al presidente degli Stati Uniti la grancassa filorussa che risuona nella maggioranza del suo governo mentre infuria la guerra in Ucraina è consigliabile rispolverare un articolo su Foreign Affairs firmato nel 2018 dall’attuale inquilino della Casa Bianca insieme al suo ex vicesegretario alla Difesa Michael Carpenter, ora ambasciatore americano all’Osce.

Mancavano due mesi alle elezioni politiche che avrebbero lanciato verso Palazzo Chigi l’asse gialloverde e dalle pagine della più patinata rivista americana di affari esteri Biden tirava una clamorosa stoccata all’intesa Lega-Cinque Stelle, convinto che “uno sforzo russo” fosse in corso per favorire i due partiti alle urne. Parole che non passarono inosservate: l’articolo fece il giro dei quotidiani italiani suscitando sdegno e furia tra i destinatari dell’affondo. Un post sul blog del Movimento Cinque Stelle invitava allora Biden a “saper perdere”, derubricando le accuse dell’ex numero due di Barack Obama a una “rosicata” per il referendum costituzionale perso da Matteo Renzi a dicembre.

Quattro anni e un’invasione dell’Ucraina dopo è passata parecchia acqua sotto i ponti. Matteo Salvini non definisce più Putin “uno dei grandi leader del ventesimo secolo” e Luigi Di Maio, allora capo politico del Movimento, guida il fronte atlantista nel governo Draghi e dirige l’orchestra della Farnesina in risposta all’aggressione russa.

E tuttavia quell’articolo su Foreign Affairs, a una rilettura attenta, sembra più attuale che mai. Per la lunga descrizione che Biden, forte di otto anni alla Casa Bianca, faceva della Russia putiniana, denunciando una parabola che avrebbe inevitabilmente portato il presidente russo e il suo Paese alla deriva dall’Occidente: gli arresti, la repressione, le invasioni in Georgia e in Ucraina, la corsa alle armi. Il ricatto del gas, “con il chiaro messaggio che i leader che si mettono contro il Cremlino potrebbero letteralmente vedere le loro popolazioni morire di freddo”. Ma soprattutto l’interferenza nella politica europea. Ovvero “i mezzi subdoli con cui il Cremlino sovverte le democrazie in Europa occidentale”.

L’editoriale è stato scritto quattro anni fa, ma a leggerlo oggi nessuno strabuzza gli occhi. Riflette una visione del mondo russo che nella lunga carriera politica di Biden, tra i senatori con la più grande esperienza di politica estera nella storia americana, si è distinta per una sfacciata coerenza. La stessa che oggi lo porta a dire in tutti i modi (e a ribadirlo, anche quando lo bacchettano i suoi consiglieri) che con la Russia di Putin, dopo l’invasione e il massacro in Ucraina, non si può più parlare.

A questa visione si oppongono oggi due partiti e assi portanti della maggioranza di Draghi. Lega e Cinque Stelle forse non sono più quei movimenti barricadieri e fieramente anti-establishment che quattro anni fa Biden collocava così esplicitamente all’ombra del Cremlino. Di quell’epoca rimangono ciononostante tracce visibili. Come l’accordo di collaborazione politica e informativa siglato nel 2017 dalla Lega insieme al partito di Putin Russia Unita e rinnovato tacitamente per un altro quinquennio il 6 marzo di quest’anno, a due settimane dall’invasione, anche se oggi a via Bellerio lo disconoscono. Rimane soprattutto l’abitudine a fare sfoggio di quel pregiudizio antiamericano (e anti-Nato) che non è mai sfumato e ritorna oggi con altre vesti, magari quelle candide di papa Francesco, tirato, anzi strattonato per la tunica per i suoi (naturali) appelli per la pace che hanno a che fare con lo spirito e molto meno con la politica.

I nuovi occhiolini a Donald Trump nei discorsi di Salvini, la promessa di fermare l’invio di armi alla resistenza ucraina in quelli di Conte sono il segnale inequivocabile di una visione del mondo rimasta coerente negli anni almeno quanto le convinzioni espresse da Biden nel citato articolo. Con la Russia di Putin, a differenza del presidente americano, una parte consistente della politica italiana vuole continuare a parlare. Come se due mesi di orrore in Ucraina si possano ridurre a una parentesi della storia, da chiudere il prima possibile.

Di tutto questo è consapevole Draghi, che paradossalmente da questo fronte interno ritrova peso e autorità nella missione americana. Ne è consapevole Biden, che oggi come quattro anni fa conosce le maree russe della politica italiana. Quando i due leader si siederanno nello Studio Ovale potranno saltare i convenevoli.

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