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La vicenda sulla rinuncia degli Emirati Arabi Uniti all’acquisto degli F-35 ha palesemente mostrato come nei rapporti tra Washington e il Golfo, nel caso Abu Dhabi, ci sia di mezzo Pechino.

Vari gli elementi, uno di questi riguarda il ruolo di Huawei, l’azienda di telecomunicazioni di Shenzen che l’intelligence statunitense accusa di lavorare per lo spionaggio di Pechino — accuse costantemente negate — e che Abu Dhabi sta usando, come diversi altri Paesi, per costruire la propria rete Tlc.

Formiche.net ha raccolto informazioni su una vicenda avvenuta a giugno, in cui gli Emirati abbiano dimostrato il loro supporto alla Cina negli sforzi per conquistarsi fiducia in un momento di accelerazione dell’offensiva statunitense sul campo cyber. Gli emiratini lo fanno con interesse diretto (ossia perché per la digitalizzazione sono clienti delle aziende cinesi).

Durante l’inaugurazione del futuristico Global Cyber Security and Privacy Protection Center che Huawei ha aperto a Dongguan, metropoli nel Guangdong, Mohamed Hamad Al Kuwaiti, capo della Cyber ​​Security degli Emirati Arabi Uniti, era intervenuto sull’importanza della cooperazione informatica per “un futuro digitale resiliente e vibrante”.

Se per la Cina la stessa presenza dell’alto funzionario emiratino era un valore di per sé — segno di come Pechino sia ormai influente nel Medio Oriente — quanto detto nel suo speech diventava un rafforzativo: “Una partnership pubblico-privato sarà fondamentale per costruire una collaborazione tra enti privati, pubblici e governativi in ​​modo da stabilire un’oasi digitale affidabile a livello globale negli Emirati Arabi Uniti”, diceva al Kuwaiti lasciando capire che quell’oasi è e sarà in costruzione con prodotti cinesi.

“La sicurezza informatica è più importante che mai”, rilanciava Ken Hu, Rotating Chairman di Huawei, all’inaugurazione del centro: “Come industria, dobbiamo lavorare insieme, condividere le migliori pratiche e sviluppare le nostre capacità collettive in materia di governance, standard, tecnologia e verifica”.

Hu parlava di dare sia al pubblico in generale che alle autorità di regolamentazione un motivo per fidarsi della sicurezza dei prodotti e i servizi che utilizzano quotidianamente, soprattutto dopo il Covid in cui sono aumentate le attività digitali. Al Kuwaiti vuole un’oasi digitale affidabile negli Emirati. Posizioni conciliabili con l’offerta proposta da Huawei: Abu Dhabi cerca di costruire attorno alla ditta un firewall di affidabilità, una specie di azione di lobbying diretta più che altro a Washington.

Gli Stati Uniti hanno alzato varie misure contro le aziende di telecomunicazioni cinesi come Huawei, accusate di essere un vettore di spionaggio di Pechino. Per Washington sono collegate al comparto militare della Repubblica popolare, e vengono usate per raccogliere dati di massa su cui il Partito/Stato basa le proprie strategie per conquistare la vetta tra le potenze globali.

Quelle aziende negano, il governo cinese dice che si tratta di uno scontro geopolitico e accusa di sinofobia, ma gli americani sono sempre più convinti. Il piano è creare un fronte compatto, dagli alleati Nato all’Indo-Pacifico, per fronteggiare l’ascesa cinese partendo dal bloccarla sul territorio tecnologico e cyber.

La situazione emiratina racconta quanto tutto questo sia complicato: Abu Dhabi doveva essere uno dei prossimi Paesi a entrare nel club degli F-35 — i caccia iper tecnologici che gli Usa considerano la catena che tiene insieme le loro alleanze primarie — ma allo stesso tempo sta trattando le proprie necessità di digitalizzazione attraverso partnership commerciali delicate con le aziende cinesi.

I Paesi del Golfo soffrono il peso di questo scontro binario che si sta creando; gli Stati Uniti non accettano esposizioni sia per ragioni tecniche sia per prendere vantaggio sull’avversario; per la Cina creare faglie nei sistemi di alleanza americani è già un successo.

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