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Nelle variabili dell’equazione per l’elezione del Presidente della Repubblica è da ieri mattina 20 gennaio alle 11 entrata anche l’inflazione. L’Ufficio statistico della Commissione europea (Eurostat), ha reso noto che i prezzi al consumo segnano un +5% su base tendenziale, come indicato dalla stima flash e dal consensus (ossia le quantificazioni dei maggiori centri statistici). Nel mese precedente si era registrato un incremento del 4,7%. Su base mensile i prezzi al consumo sono saliti dello 0,4%, come indicato dalla stima preliminare e dal consesus, ed in linea con il mese precedente. L’inflazione core, depurata dalle componenti più volatili quali cibi freschi, energia, alcool e tabacco, evidenzia una crescita del 2,6% su base annua, che conferma la stima flash e quanto indicato dal consensus. Il dato è in linea con quanto registrato il mese precedente. Alcuni economisti ritengono che rimarrà elevato per tutta la prima metà di quest’anno, anche se in calo al 4,1% nel primo trimestre e al 3,7% nel secondo

La Banca centrale europea (Bce) è sotto pressione per inasprire la politica monetaria una volta che la variante Omicron del Covid-19 si sarà attenuata. Ha già detto che terminerà gli acquisti netti di obbligazioni nell’ambito del suo schema di risposta alla pandemia da € 1,85 trilioni a marzo, quando inizierà a ridimensionare il Quantitative Easing. I funzionari della Bce insistono sul fatto che è improbabile che aumentino i tassi di interesse quest’anno. Ma alcuni esperti sono sospettosi e prevedono che un aumento potrebbe arrivare già a settembre. In entrambi i casi, la Bce stima che l’inflazione non tornerà al suo obiettivo (2% l’anno) fino al 2023.

Già all’inizio di questa settimana, l’Istat aveva avvertito che nel mese di dicembre 2021, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, al lordo dei tabacchi, aumenti dello 0,4% su base mensile e del 3,9% su base annua (da +3,7% di novembre), confermando la stima preliminare. In media, nel 2021 i prezzi al consumo registrano una crescita pari a +1,9% (-0,2% nell’anno precedente). L’“inflazione di base”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, è pari a +0,8% (+0,5% nel 2020) e al netto dei soli energetici a +0,7% (come nell’anno precedente). L’ulteriore accelerazione dell’inflazione su base tendenziale è dovuta prevalentemente ai prezzi dei Beni alimentari, sia lavorati (da +1,4% di novembre a +2,0%) sia non lavorati (da +1,5% a +3,6%), a quelli dei Beni durevoli (da +0,4% a +0,8%) e dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +1,9% a +2,3%); i prezzi dei Beni energetici continuano a crescere in misura molto sostenuta, pur rallentando (da +30,7% a +29,1%), a causa di quelli della componente non regolamentata (da +24,3% a +22,0%), mentre la crescita dei prezzi della componente regolamentata rimane pressoché stabile (da +41,8% a +41,9%).

In che modo queste cifre, aride e che sembrano interessare unicamente statistici, entrano nella partita della corsa al Colle?

Indicano che chi governerà l’Italia nei prossimi dodici mesi avrà a che fare non solo con una pandemia (che sembra non arrestarsi), con un Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che, come indicato dalla relazione inviata il 23 dicembre dal Presidente del Consiglio al Parlamento, stenta a decollare, con riforme ancora a mezza cottura, ma anche con un’ondata d’inflazione a cui la Bce risponderà fermando i rubinetti degli acquisti netti di obbligazioni nell’ambito del suo schema di risposta alla pandemia (di cui l’Italia è stata il maggior beneficiario) e forse anche aumentando i tassi d’interesse. A titolo indicativo, se i tassi arrivano al 3% l’anno, il servizio del debito pubblico sarà pari all’intero gettito Iva.

Ciò pone drammaticamente l’interrogativo se in questa fase è auspicabile un cambiamento di guida del Governo ed un riassetto dell’esecutivo, e se ove si sia una crisi e l’avvio ad elezioni anticipate, quali saranno le implicazioni su finanza pubblica e debito delle pubbliche amministrazioni. È quanto mai essenziale una guida ferma ed un Esecutivo compatto, anche se con diverse anime.

A mio avviso, sarebbe errato se il Presidente del Consiglio lasciasse l’incarico che gli è stato affidato per ascendere al colle più alto. Il centro-destra ha la maggioranza in Parlamento e nei sondaggi. Quindi, è naturale che, a torto od a ragione, intenda fare una proposta alle altre forze politiche. Ha anche una sua logica che Silvio Berlusconi aspiri alla carica. Nella situazione attuale, se – come sembra – non avrà una maggioranza assoluta certa, potrebbe fare il beau geste di fare un appello agli italiani proponendo un candidato su cui possano convergere varie forze politiche: ad esempio, la Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati o l’attuale Vice Presidente della Regione Lombardia Letizia Moratti o il giudice costituzione (e tra breve Presidente della Corte) Giuliano Amato oppure ancora il Presidente del Consiglio di Stato Franco Frattini, tutte personalità con un forte profilo istituzionale.

In tal modo, il governo resterebbe in carica e potrebbe affrontare la sfida dell’inflazione, che si aggiunge alle altre.

Così l'inflazione entra nella partita del Quirinale

Chi governerà l’Italia nei prossimi dodici mesi avrà a che fare non solo con una pandemia e con un Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che stenta a decollare ma anche con un’ondata d’inflazione a cui la Bce risponderà fermando i rubinetti degli acquisti netti di obbligazioni e forse anche aumentando i tassi d’interesse

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