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Tanti mattoni, tutti dello stesso colore, che Roma ha provveduto a piantare nel terreno devastato di Kyiv. Secondo Gabriele Checchia, già ambasciatore italiano in Libano, presso la Nato e presso le Organizzazioni Internazionali (Ocse, Esa, Aie), il sunto della Conferenza per la Ricostruzione dell’Ucraina si ritrova nella capacità di Palazzo Chigi, Colle e Vaticano di pensare all’unisono e nella costanza con cui il governo guidato da Giorgia Meloni ha saputo procedere progressivamente ma senza tentennamenti con vari step, compreso quello che ha portato per la prima volta Keith Kellogg a prendere parte alla coalizione dei volenterosi, grazie allo sforzo di Roma.

Il doppio passo fermare l’oscurità e costruire un futuro forte in Ucraina secondo Meloni si basa su due concetti: investimento accanto a ricostruzione. Così si potranno coinvolgere i privati?

Certamente sì. Mi pare anzi che questa conferenza sia il segnale di uno sforzo di sistema da parte italiana, come se ne sono visti pochi in passato, anche grazie allo sforzo congiunto di Farnesina, Mimit, ministero della Difesa. Il governo, a mio avviso, sta raccogliendo il frutto del suo lungo e coerente impegno a favore dell’Ucraina, ma anche a favore di un’Ucraina europea. Ciò è tutto da mettere in prospettiva: non vediamo l’Ucraina come caso singolo, di Paese martoriato da difendere, ma si vuole offrire una prospettiva di medio lungo termine con l’adesione all’Unione Europea come ultimo stadio di questo impegno a favore di un Paese aggredito. Sono gli stessi concetti, ovviamente in termini più politici e meno tecnici, espressi dal Capo dello Stato nel suo incontro con Volodymyr Zelensky. Secondo me siamo sulla buona strada.

Come, da Roma, si costruisce il futuro ucraino?

Costruire un futuro forte, all’altezza di una nazione come l’Ucraina. Fiera, orgogliosa e che nonostante le bombe, continua ad avere un’economia viva e resiliente. Lo ha detto chiaramente Meloni nel suo intervento, perché prevalga la luce con anche un qualche indiretto richiamo al Signore degli Anelli ed una componente direi sentimentale che fa onore al nostro Presidente del Consiglio e attribuisce anche una dimensione culturale al nostro impegno costante per l’Ucraina. Il messaggio è univoco tra Colle e Palazzo Chigi e conferma l’unità di intenti delle nostre istituzioni. Ciò è dimostrato dal livello della partecipazione alla Conferenza di Roma e io prendo anche spunto dai numeri: 3500 partecipanti, 100 delegazioni ufficiali, 40 organizzazioni internazionali, 2000 aziende, di cui 500 italiane, centinaia di rappresentanti delle autonomie locali e della società civile.

Da Roma per la prima volta gli Stati Uniti parteciperanno alla coalizione dei volenterosi, con l’inviato speciale del Presidente Trump per l’Ucraina, il Generale Keith Kellogg, in linea con quanto sin dall’inizio della creazione del gruppo è stato fortemente auspicato dall’Italia. Che segnale è?

La spia del buon lavoro svolto dalla nostra Presidente del Consiglio per mettere Stati Uniti ed Europa dalla stessa parte del tavolo nel sostegno a Kyiv. Ovviamente tutto questo non è estraneo al raffreddamento dei rapporti tra Putin e Trump come è emerso dall’ ultima telefonata intercorsa fra i due. In sostanza, Trump dà l’impressione di non fidarsi più delle parole di Putin e ha capito che Putin non vuole la pace, ma cerca solo di guadagnare tempo e mi pare si stia comportando di conseguenza il presidente Trump, dando anche il via libera alla ripresa delle forniture difensive aeree americane all’Ucraina. Quindi direi che siamo in presenza di un altro successo della presidente Meloni, aver facilitato oggettivamente questo riavvicinamento tra Europa e Stati Uniti sul dossier Ucraina, del quale molti dubitavano.

L’Italia ha dato un contributo determinante alla nascita di un nuovo fondo Equity a livello europeo. Quale sarà il vantaggio politico di tale mossa?

Vedo tutto nella prospettiva di una futura adesione di Kyiv all’Unione europea in coerenza con le posizioni italiane e degli Stati membri. In questo vorrei menzionare lo straordinario lavoro dell’ambasciatore Davide Lacecilia e dei ministri Tajani, Urso e Crosetto. Un disegno di insieme.

Chi aiuta o ha aiutato Mosca nel suo disegno bellico, ha detto Meloni, non avrà benefici nella ricostruzione, riprendendo la dichiarazione del G7. In che modo riuscirvi?

Mi pare un segnale molto importante a cui dovrà far seguito un attento monitoraggio delle aziende e dei partenariati che si creeranno, per poi passare alla fase attuativa dell’appoggio all’Ucraina che scaturirà dalla Conferenza di Roma. Un’opera di vigilanza molto intensa per evitare triangolazioni che potrebbero portare benefici a imprese di Paesi terzi, non necessariamente membri dell’Unione europea. Questi potrebbero lucrare sulla loro ambiguità nei confronti di Mosca e cercare di vincere su tutti i tavoli, quindi da un lato sostegno alla Russia e dall’altro incassare anche i dividendi di un’operazione a guida italiana per contenere l’aggressività russa e ridare all’Ucraina un obiettivo europeo. Poi spetterà anche al settore bancario essere molto attento a monitorare, di concerto con il Tesoro americano, quali aziende non italiane effettivamente alla fine si avvarranno dei fondi. La Cina è l’indiziato numero uno come i Paesi dell’asse autoritario. Un recente studio di un autorevole think tank americano sostiene che la metà dei materiali critici o di strumenti tecnologici offensivi di cui si avvale la Russia in questo contesto viene fornito dalla Cina. Quindi l’amicizia senza limiti che era decollata all’inizio dell’aggressione russa all’Ucraina tra Xi Jinping e Putin resiste.

Come il ruolo di Papa Leone XIV sta impattando sulla possibile nuova fase? Ha già incontrato due volte Zelensky in un mese.

Mettere a disposizione la Santa Sede quale luogo di negoziato è una strada impervia, anche perché credo ci sarà una qualche resistenza, anche forte, della Chiesa ortodossa russa, ma rappresenta un segnale chiaro che giunge dai vertici vaticani. Ci fa capire che l’attuale pontefice è molto sensibile alla vicenda ucraina e ai drammi che questa implica, non ultimo quello dei bambini rapiti. Sotto questo profilo io vorrei anche citare, perché mi sembra che meriti di essere valorizzata, una dichiarazione rilasciata al Corriere della sera da Oleksandra Matviichuk, avvocata ucraina che con il suo «Centro per le libertà civili» nel 2022 ha vinto il premio Nobel per la pace, e che partecipa alla conferenza di Roma. Sta lottando certamente per vedere confermata la propria identità nazionale, ma soprattutto per ridurre il numero di sofferenze inaudite che stanno subendo i singoli cittadini. Quindi c’è una dimensione umanitaria e si tratta di salvare la dignità dell’individuo contro le efferatezze che da parte russa quotidianamente continuano ad essere commesse nei confronti dei civili ucraini.

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Il governo sta raccogliendo il frutto del suo lungo e coerente impegno a favore dell’Ucraina, ma anche a favore di un’Ucraina europea. Senza dimenticare l’impegno di Papa Leone XIV e il messaggio univoco di Palazzo Chigi e Colle. Intervista a Gabriele Checchia, già ambasciatore italiano in Libano, presso la Nato e presso le Organizzazioni Internazionali (Ocse, Esa, Aie)

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