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Mentre in Europa si discute, le autorità ucraine annunciano che l’accordo con gli Stati Uniti sull’estrazione congiunta delle terre rare è in dirittura d’arrivo e potrebbe essere siglato già questa settimana con un viaggio speciale del Presidente Zelensky a Washington (vi ha fatto cenno lo stesso Donald Trump poche ore fa).

Ancora più esplicito sul tema è il primo ministro di Kyiv Denys Shymal (lo riferisce oggi The Guardian), che spiega il progetto concreto di un fondo d’investimento congiunto creato ad hoc, contenente anche una disposizione che prevede il sostegno americano alla sicurezza e alla pace dell’Ucraina.

Insomma tutto si può criticare della nuova amministrazione a stelle e strisce, ma certo non si può sostenere che stanno con le mani in mano.
Questa però è anche la più formidabile lezione che da questa parte dell’Atlantico dovrebbe essere colta con una certa prontezza (di cui sin qui non v’è traccia).

Proviamo a semplificare così ci capiamo: gli americani incassano un ruolo centrale nella gestione dei preziosi giacimenti di terre rare (quindi vanno in attivo, a parziale “rimborso” delle enormi spese sostenute), mentre gli europei ragionano sull’invio di un contingente militare per supportare la sicurezza nazionale Ucraina, contingente che inevitabilmente (qualora mal dispiegato) finirà per essere un costo e non di poco conto.

Sintesi: una “entrata” per gli americani, una “uscita” per gli europei. Sarà un po’ troppo semplice questa versione dei fatti? Può essere, ma è difficile sostenere che questo segno “più” per Washington e quell’altro segno “meno” per Bruxelles (e quindi anche per noi) appartengono al mondo dei sogni, hanno infatti tutte le caratteristiche per essere già quasi realtà.

E qui veniamo all’Italia e in particolare al ruolo che può giocare Giorgia Meloni, oggi come oggi probabilmente il capo di governo più solido tra i grandi Paesi europei (Gran Bretagna compresa).

Io credo che la premier italiana è nelle condizioni di incalzare i partner europei a un lavoro più concreto per costruire ritorni favorevoli in cambio dell’impegno sulla sicurezza dell’Ucraina.

Al tempo stesso proprio l’Italia può spingere la Casa Bianca a considerare l’opportunità di giocare in più stretto raccordo con le cancellerie europee.

Attenzione però, perché quest’ultimo punto non può essere evocato così, tanto per dire (non c’è spazio fra Putin e Trump per i ghirigori diplomatici). E allora bisogna giocare pesante.

Suggerisco un punto: quanta parte delle nuove spese militari europee si indirizza verso acquisizioni di materiale “Made in Usa”?
Con Trump si tratta sui miliardi di dollari, non a chiacchiere.

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