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Durante le prime ore di invasione russa dell’Ucraina uno dei temi che ha tenuto impegnati gli esperti è stato il ruolo svolto dai droni Bayraktar TB2 che la Turchia ha venduto a Kiev. Sui social network (che ancora una volta hanno un ruolo centrale nel raccontare le evoluzioni dal campo) ci sono video che mostrano attacchi aerei da droni contro le forze russe, così come circolano notizie sull’abbattimento degli stessi da parte delle unità inviate da Mosca.

La propaganda, la disinformazione, l’alterazione dei fatti, ossia l’infowar sono parte essenziale dello scontro, d’altronde come in tutti i conflitti (e come in questo russo-ucraino è stato da sempre): ciò rende tutte queste informazioni non verificabili, fa notare Federico Borsari, Visiting Fellow all’European Council on Foreign Relations (ECFR), Nato 2030 Global Fellow, e conoscitore degli UAV turchi e del mondo che Ankara vi ha costruito attorno.

“Per quanto riguarda l’uso ancora siamo molto incerti: dichiarazioni dei russi e immagini sui social non sono ancora abbastanza solide nelle ore caotiche della prima ondata di scontri”, dice a Formiche.net Borsari: “Sappiamo che l’accordo tra Ucraina e Turchia non prevedeva l’uso offensivo dei droni, ma viene meno tutto dato che la Russia in questo momento è un paese invasore. E a questo punto è possibile che alcuni droni turchi siano stati usati e altri abbattuti, anche perché sono sistemi che diventano vulnerabili in un contesto di guerra convenzionale caratterizzato da spazi aerei molto saturi e difese aree sofisticate come quelle russe, sebbene molto utili in altre circostanze (a quali ci si arriverà, ndr)”.

L’accordo turco-ucraino era stato costruito anche per non indispettire Mosca: Ankara non ne aveva interesse e nemmeno Kiev voleva sollevare un vespaio. La questione dei droni all’inizio di quest’anno era stata tra l’altro oggetto di parte della conversazione con cui Vladimir Putin e Recep Tayyp Erdogan si sono augurati buon 2022, e il russo è sembrato piuttosto scocciato secondo i resoconti degli insider. Erdogan aveva anche usato la quesitone delle vendite e degli accordi con Kiev per creare una sorta di leverage con la Russia su altri dossier. Mentre secondo le intelligence americane il Cremlino in questi ultimi giorni pensava a un false flag per scatenare l’attacco falsificando la notizia che un drone turco avesse ucciso civili o colpito postazioni russe al di là del confine del Donbas. Quel pretesto non è servito alla fine, e Putin ha attaccato senza ritegno.

Borsari sottolinea che al momento le performance delle forze del Cremlino non sono state eccezionali in Ucraina, una considerazione che arriva da più parti ed è basata sui fatti: le prime 30 ore di invasione russa non hanno portato a conquiste territoriali su grandi città. E il rischio per Mosca è che dopo il primo rush, le forze ucraine si arrocchino e inizi una battaglia urbana, una sorta di guerriglia dove per altro i droni turchi potrebbero essere piuttosto utili (in azioni simili sono già stati usati in Libia, in Siria e nel Nagorno-Karabakh, tra l’altro sempre in situazioni in cui combattevano forze collegate e sostenute dalla Russia).

“Va detto anche – continua il ricercatore italiano – che tra Turchia e Ucraina si è creato un partenariato piuttosto solido: l’Ucraina dovrebbe partecipare alla produzione dei TB2, fornendo i motori attraverso un’azienda locale: questo significa che Kiev si integrerà nella catena produttiva di un’arma su cui Ankara punta molto”. L’azienda di cui si parla è la Motor Sich Jsc, fiore all’occhiello del settore su cui i cinesi avevano allungato interessi e gli americani avevano pressato Kiev per non cedere a quelle avances. “Quei droni sono molto più che un semplice armamento, bensì sono un vettore di politica estera per Erdogan“.

L’Ucraina è diventata per la Turchia un partner fondamentale sia per gli acquisti sia per la cooperazione in termini di componentistica, “per questo e per l’allineamento con la Nato, Ankara ha usato parole di condanna contro l’invasione di Putin”, sebbene però “non sia andata oltre, evitando di forzare la mano sulla chiusura del Bosforo, dove è vero che aveva le mani limitate dai dettami della Convenzione di Montreaux, ma è altrettanto vero che ha pensato soprattutto ai rapporti economico-commerciali, anche in materia energetica, con Mosca”, spiega Borsari

Allo stato dei fatti questi droni possono impensierire la Russia? “Attualmente non credo siano il principale dei problemi – risponde l’analista – perché la Russia sta cercando di sfondare, creando al contempo una area A2/AD (gergo tecnico che sta per anti-access/area denial, ossia una bolla di difesa aerea totale, ndr) in cui si integrano difese aeree convenzionali e sistemi per la guerra elettronica in grado di mandare in tilt i sistemi di guida e di comunicazione dei droni e di altri velivoli”.

Ma il punto è anche questo: finché le forze del Cremlino non riescono a mantenere e imporre una superiorità aerea completa o a creare la bolla di A2/AD, “i TB2 possono essere importanti per colpire le colonne meccanizzate russe, e gli ucraini hanno possibilità di usare quell’asset per rallentare gli invasori e danneggiare la loro catena logistica avanzata”. Sotto quest’ottica allora il ruolo dei droni diventa non secondario, perché se rallentano la creazione di un sistema di controllo totale alla Russia complicano l’invasione anche in termini politici: Putin ha infatti bisogno di un’operazione rapida, perché non vuole rischiare l’aumento di vittime civili che gli scontri prolungati e urbani si potrebbero portare dietro. Anche per questo ha probabilmente offerto possibilità di resa alla presidenza ucraina.

In tutto questo, spiega Borsari che le potenzialità dei TB2 sono state comunque messe in conto dai pianificatori militari russi, così come è stata messa in conto la possibilità di un raffreddamento dei rapporti con Ankara, che per ovvie ragioni ha seguito l’allineamento Nato sulla condanna dell’attacco. Ora quanto si approfondirà questa spaccatura dipenderà anche dagli effetti prodotti sul campo: se Mosca riuscirà rapidamente a creare superiorità bene; se dovesse trovarsi impantanata e parte di quelle difficoltà collegarsi alle azioni dei droni, e se Ankara provvederà a nuovi rinforzi (complicati in realtà, perché l’Ucraina è un Paese invaso) allora tra i due Paesi le cose potrebbero peggiorare.

Droni turchi per frenare l'invasione russa. Parla Borsari

I droni TB2, parte di un accordo ampio tra Turchia e Ucraina, possono essere utili a Kiev per impedire ai russi di costruire una bolla di negazione aerea totale che porrebbe il Paese sotto controllo degli invasori. Una potenzialità che per ora non preoccupa particolarmente il Cremlino, spiega Borsari (Ecfr/Nato2030), ma che ha un suo potenziale sviluppo

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