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“La Nato ha bisogno dell’industria per preservare l’ecosistema alleato di difesa e sicurezza”. Così, il capo del Comando alleato per la trasformazione (Act), generale Philippe Lavigne, ha aperto la due giorni del Nato-Industry Forum, per la prima volta in scena a Roma. Insieme a lui anche il segretario generale della Difesa, generale Luciano Portolano, in una delle sue prime uscite nel nuovo incarico, che ha ricordato come “in un contesto internazionale in rapido mutamento, la capacità dell’Alleanza di creare innovazione anche nel campo della difesa è sinonimo di vantaggio strategico”. Al Forum parteciperanno, domani mattina, anche il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, e il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, che già oggi incontra a palazzo Chigi il presidente del Consiglio, Mario Draghi.

IL FORUM

Il Nato-Industry Forum rappresenta un’occasione per i leader dell’industria di contribuire al dibattito sullo sviluppo del nuovo concetto strategico dell’Alleanza Atlantica, che sarà discusso al vertice del 2022 a Madrid. Un’opportunità utile anche per riflettere sull’adozione di nuove pratiche che rendano più agile il sistema di procurement di nuovi sistemi da parte della Nato. Come rimarcato da Portolano: “Oggi condividiamo la necessità di creare una nuova cooperazione con l’obiettivo di razionalizzare le risorse e creare le strategie necessarie tra alleati e enti sovranazionali”. Al netto delle valutazioni strategiche del panorama della difesa e della sicurezza, l’obiettivo è cercare di anticipare i trend sulle le capacità necessarie alle forze di difesa nel prossimo decennio.

IL MESSAGGIO DI LAVIGNE

“L’Act, e gli altri stakeholder dell’Alleanza responsabili dello sviluppo, sono parte di una comunità condivisa con l’industria: noi abbiamo bisogno di voi, voi avete bisogno di noi”, ha spiegato il generale Lavigne. “Abbiamo di fronte un futuro incerto, ma lo affrontiamo insieme – ha aggiunto – e il mio messaggio ai colleghi della Nato è di essere abbastanza audaci da abbracciare l’innovazione, abbastanza intelligenti da far crescere la nostra agilità e abbastanza aperti da imparare dalle industrie degli alleati”. Il Comando alleato per la trasformazione, ha assicurato il comandante, “è aperto a collaborare con voi per facilitare il lavoro futuro che voi e i Paesi membri della Nato potete svolgere”. L’invito di Lavigne è rivolto alla “più vasta rete consolidata di partner, tra cui l’industria, il mondo accademico, i centri d’eccellenza e la comunità scientifica e dell’innovazione”.

LE INIZIATIVE DI ACT

D’altra parte il Nato Act (vice comandante è l’italiano Paolo Ruggiero) ha da tempo avviato una serie di iniziative il cui obiettivo è preservare il vantaggio tecnologico dell’Alleanza, previa costruzione di un più strutturata collaborazione con il settore privato. È il trend dell’Alleanza Atlantica. A metà ottobre i ministri della Difesa di 17 Paesi alleati hanno dato il via libera all’Innovation Fund: un fondo da un miliardo di dollari per investimenti in tecnologie emergenti e dirompenti. A giugno del 2020, i capi di Stato della Nato avevano anche lanciato il Defence innovation accelerator for the North Atlantic (Diana), un hub civile-militare per integrare l’apporto del settore privato nel sistema Atlantico. Già da diversi anni, inoltre, il comando di Norfolk ha attivato l’Innovation Hub, un luogo dove esperti da diversi campi e profili possono collaborare per affrontare le problematiche legate all’innovazione tecnologica, anche con prospettive diverse. Opportunità rilevanti anche per il comparto italiano, dai big del settore alle Pmi, passando per l’ecosistema della ricerca nazionale.

I SETTANT’ANNI DEL NATO DEFENSE COLLEGE

Il Forum rappresenta uno dei due appuntamenti della Nato a Roma questa settimana. Domani, infatti, si celebreranno i settant’anni di attività del Nato Defense College, l’istituzione accademica ufficiale dell’Alleanza, a cui parteciperanno anche Stoltenberg e Guerini. A fare gli onori di casa sarà il comandante del College, generale Olivier Rittmann, che presenterà cosa l’Ndc ha in serbo per il futuro della formazione militare. Tra gli ospiti anche il presidente del Comitato militare dell’Alleanza, ammiraglio Rob Bauer, e il vice presidente di SpaceX Tim Hughes, un ulteriore segnale dell’importanza rivestita dal settore dell’innovazione e della tecnologia per l’Alleanza Atlantica.

IL PROTAGONISMO ITALIANO

Oltre alla rilevanza strategica di questi incontri, c’è da segnalare il ruolo sempre più di primo piano giocato dall’Italia nel contesto delle relazioni transatlantiche e internazionali in generale. Dopo la presidenza italiana del G20 e l’organizzazione in partenariato con il Regno Unito della Cop26, il Nato Industry Forum e il 70esimo anniversario del Nato Defense College di Roma sono ulteriore opportunità per confermare il protagonismo italiano sullo scenario globale. A contribuirvi c’è il profilo tradizionalmente atlantista mantenuto negli anni e ribadito con forza anche dal ministro Guerini e dal premier Draghi. L’imporsi della linea italiana durante le discussioni sulla Difesa comune in sede europea, che vede nelle nuove capacità militari dell’Unione un pilastro della difesa transatlantica, piuttosto che un’indipendenza isolazionista del Vecchio continente, ha certamente contribuito ad affermare il nostro Paese quale partner fondamentale dell’Alleanza.

ITALIA-USA SEMPRE PIÙ VICINE

Oltre che per la Nato, l’Italia si conferma uno degli alleati principali per gli Stati Uniti. Dalle colonne di Forbes, Loren Thompson, esperto statunitense di sicurezza nazionale, ha raccontato le cinque ragioni per cui il nostro Paese è sempre più importante per Washington dal punto di vista della Difesa. Nel suo articolo “L’Italia sta diventando più importante per la sicurezza degli Stati Uniti”, Thompson parte proprio dalle relazioni transatlantiche, con un Regno Unito sempre più estraneo alle dinamiche europee, una Francia alla ricerca di alternative e una Germania ambivalente nel settore della Difesa. Solo l’Italia si conferma quale Paese “affidabile nell’alleanza occidentale e nella democrazia”. Naturalmente, la posizione geografica strategica, al centro del Mediterraneo, la condivisione di interessi tra Roma e Washington in politica estera e le numerose partnership industriali nel settore della Difesa contribuiscono tutte a stringere i legami tra i due Paesi. Ma ciò che conta è soprattutto la fiducia reciproca che unisce non solo le élite politiche, ma anche la percezione condivisa da italiani e americani di possedere valori simili e un patrimonio culturale in comune.

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