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Parigi da una parte, Arabia Saudita dall’altra. Questi sono i due grandi epicentri in cui, durante questa settimana, la politica internazionale dipanerà i propri fili in relazione alla questione del conflitto in Ucraina. La penisola araba è stata scelta in virtù di una sua (quantomeno apparente) neutralità, come il luogo in cui una delegazione americana composta dal segretario di Stato Marco Rubio, il consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz e l’inviato speciale in Medio Oriente Steve Witkoff (ma non quello per l’Ucraina Keith Kellog, la cui assenza ha un forte significato diplomatico) si incontrerà con una delegazione russa, in preparazione di un futuro incontro tra il presidente statunitense Donald Trump e quello russo Vladimir Putin. Rubio ha già avuto una conversazione telefonica con la sua controparte russa, il ministro degli esteri di Mosca Sergei Lavrov, durante la quale sono state toccate una serie di questioni relative alla “normalizzazione” dei rapporti diplomatici tra Russia e Stati Uniti. O al “Ripristinare un dialogo interstatale reciprocamente rispettoso”, per usare le parole precise impiegate dai funzionari statunitensi per descrivere la chiamata. In Arabia Saudita arriverà anche una delegazione ucraina, che però non prenderà parte all’incontro tra i rappresentanti di Mosca e quelli di Washington, secondo quanto affermato dallo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha anche rimarcato come il suo Paese non accetterà l’esito dei colloqui se non parteciperà direttamente. Parlando ai giornalisti in una conferenza telefonica dagli Emirati Arabi Uniti, Zelensky ha affermato che il suo governo non era stato invitato ai colloqui previsti per martedì in Arabia Saudita e ha aggiunto che non avrebbero “prodotto alcun risultato”, data l’assenza di funzionari ucraini.

A riunirsi nella capitale francese, per un summit d’urgenza convocata dal presidente Emmanuel Macron, sono invece gli Stati europei. L’approccio impiegato da Trump e dagli altri alti esponenti dell’amministrazione americana riguarda alla questione ucraina ha de facto conferito un ruolo piuttosto marginale agli attori del Vecchio Continente, che mirano a stabilire una posizione comune per aumentare il loro peso relativo nell’arena diplomatica.  Il governo francese ha poi dichiarato che alla riunione di crisi di lunedì pomeriggio parteciperanno Germania, Gran Bretagna, Italia, Polonia, Spagna, Paesi Bassi e Danimarca, oltre al segretario generale della Nato e ai presidenti del Consiglio europeo e della Commissione europea.

Poche ore prima del vertice, il primo ministro britannico Keir Starmer ha annunciato la disponibilità del Regno Unito a inviare peacekeepers in Ucraina, sottolineando che “garantire una pace duratura in Ucraina che ne salvaguardi la sovranità a lungo termine è essenziale” per dissuadere il Cremlino da commettere “ulteriori aggressioni”. “Dobbiamo essere chiari sul fatto che la pace non può avvenire a qualsiasi costo”, ha detto Starmer, “L’Ucraina deve essere al tavolo di questi negoziati, perché qualsiasi cosa di meno accetterebbe la posizione di Putin secondo cui l’Ucraina non è una vera nazione”.

Mentre si apparecchiano i tavoli diplomatici, al fronte gli scontri proseguono senza sosta. Con le truppe russe che hanno intensificato gli attacchi nell’Ucraina orientale, secondo quanto dichiarato domenica dall’esercito di Kyiv. All’avvertimento dei militari ucraini ha fatto eco anche un funzionario dell’Alleanza Atlantica, il quale ha suggerito che Mosca aumenterà il ritmo e l’intensità dei suoi assalti con l’avvicinarsi dei colloqui per porre fine alla guerra. La direttrice principale degli sforzi offensivi di Mosca sarebbe indirizzata verso la cittadina di Toretsk e l’hub logistico di Pokrovsk, nel distretto di Donetsk, con l’esercito russo che ha riferito sabato di aver catturato il villaggio di Berezivka, a nord-est della città.

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