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L’Europa ha due guerre alle porte, una in Ucraina e un’altra in Medio Oriente. Impossibile, o quasi, distrarsi. Eppure bisognerebbe trovare il tempo di guardarsi le spalle dalla Cina. Il Dragone è ormai alle strette, la sua economia è solo un lontano ricordo dei ruggenti anni pre-pandemia. E persino la sua relazione con la Russia vacilla pericolosamente. Anche per questo Pechino sta reagendo in modo rabbioso, cercando sponde a destra e sinistra.

Tutto questo per il Center for european policy analysis può essere un problema. Perché più il Vecchio Continente si dimostrerà sornione verso il Dragone, ignorandone le mosse e tentando di imbrigliarne le iniziative, più la Cina avrà spazio di manovra, rimettendosi in pista nella gara con l’India a nuovo baricentro dell’economia asiatica, stringendo accordi a proprio favore con tutti quei governi dalle spalle poco larghe. “Il commercio tra Cina e Asia centrale è cresciuto fino a raggiungere gli 89 miliardi di dollari nel 2023, con un aumento di circa il 27% rispetto all’anno precedente. Oltre 60 miliardi di dollari del totale erano esportazioni cinesi”, mette subito in chiaro un report del Cepa.

“Il commercio è aumentato con tutti i Paesi dell’Asia centrale tranne il Turkmenistan. Il Kazakistan ha scambiato con la Cina 41 miliardi di dollari, con un aumento di quasi un terzo nel 2022, mentre il Tagikistan ha registrato un aumento del 50% arrivando a 3,9 miliardi di dollari e anche i diplomatici di Pechino sono stati impegnati a firmare accordi e ad aumentare l’influenza nella regione. La relazione dell’Uzbekistan è stata rafforzata fino a diventare un partenariato strategico globale per tutte le stagioni in seguito alla visita del presidente uzbeko Shavkat Mirziyoyev nella capitale cinese a gennaio. E i due Paesi si sono impegnati ad aumentare il loro commercio bilaterale da 14 miliardi di dollari a 20 miliardi di dollari nel 2023″.

Non è finita. “Nelle regioni di Bukhara e Kashkadarya sono in costruzione due centrali fotovoltaiche, ciascuna con una capacità di 500 megawatt mentre il governo regionale di Samarcanda ha ordinato 100 autobus elettrici a Yutong, un produttore cinese, con un accordo del valore di 62 milioni di dollari in tre anni”. E ancora, “Pechino si è impegnata ad accelerare il progetto ferroviario Cina-Kirghizistan-Uzbekistan (Cku), progetto che darebbe alla Cina una rotta diretta nel cuore dell’Asia centrale, aggirando la Russia”. Insomma, “mentre l’Occidente è preoccupato per il caos in Medio Oriente e la Russia è impantanata in Ucraina, la Cina sta silenziosamente facendo progressi nel cuore dell’Eurasia”.

E l’Europa? Per gli analisti del Cepa una timida reazione c’è, ma potrebbe non bastare. “Sebbene anche l’Unione europea stia promuovendo il suo programma infrastrutturale, il Global Gateway, essa parte da una posizione meno vantaggiosa data la sua distanza geografica. Ma sono stati compiuti alcuni passi positivi. Alla fine di gennaio, l’Ue ha per esempio annunciato che investirà circa 10,8 miliardi di dollari nello sviluppo di 33 progetti di trasporto sostenibile in Asia centrale”. Ma la domanda di fondo, che fa capolino nell’arco dell’intero ragionamento, rimane: non sarà mica un errore lasciare che Pechino si approfitti dei due incendi ai confini dell’Europa?

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