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Qualcosa si muove nella partita europea dei microchip. Lunedì sera un’offerta da 3,5 miliardi di euro della taiwanese Global Wafers per l’azienda tedesca Siltronic è caduta nel vuoto. Un cavillo legale, apparentemente, ha affossato un accordo che da mesi aveva puntati i riflettori dell’intera industria. Ma forse non è l’unica ragione.

I fatti, prima di tutto. Global Wafer, sede a Taiwan, valore di mercato 12 miliardi di dollari, è il terzo fornitore mondiale dei “wafer” di silicio, le “fette” metalliche da cui si ricavano i microchip, i millimetrici “cervelli” digitali che muovono l’economia di interi settori, dall’automotive all’elettronica. Dopo Tsmc, leader globale del mercato, è il secondo campione nazionale dei microchip a Taiwan, l’isola che Pechino vuole riannettere alla Cina continentale e che ha fatto dei semiconduttori il motore della sua economia.

Annunciato nel dicembre 2020, l’acquisto di Siltronic, azienda di Monaco specializzata nella produzione di wafer da 300 millimetri (12 pollici), doveva potenziare la manifattura di chip di Global Foundries nonché la ricerca nel 5G e nell’Internet of Things. Il 31 sera, data di scadenza per il via libera del governo guidato dal socialdemocratico Olaf Scholz, non si è mossa una foglia e l’acquisto è saltato.

Colpa del governo cinese, si è difeso il ministero dell’Economia tedesco di Robert Habeck: l’approvazione del regolatore cinese per il takeover è arrivata solo il 21 gennaio, troppo tardi per chiudere le pratiche in tempo. Ma “ci sono segnali che indicano come il processo di acquisto sia rimasto intrappolato nella geopolitica”, scrive Bloomberg. Lo stop a Global Foundries, dopotutto, “fa comodo a entrambi”, Germania e Cina.

La prima blocca, per il momento, il takeover di un’azienda di punta di uno dei settori più strategici su cui il governo Scholz ha promesso di investire ingenti risorse. La seconda può esultare altrettanto per lo stralcio di un affare che avrebbe tirato la volta a un temibile competitor taiwanese, facendone il secondo produttore mondiale di wafer da 12 pollici dietro la giapponese Shin-Etsu. Di più: nei mesi scorsi Siltronic ha già ricevuto offerte da aziende cinesi sostenute dal Fondo di investimento industriale di Pechino, riporta TechTaiwan. Offerte che potrebbero presto rifarsi avanti, ora che la concorrenza taiwanese è fuori gioco: la Cina sconta infatti un grave ritardo nella produzione di wafer da 300 millimetri.

Il braccio di ferro è solo l’ultimo tassello di una partita di scala globale. La pandemia ha spezzato le catene di fornitura e innescato una corsa ai siti di produzione di microchip. In Europa la Germania è in testa. Oltre a giganti nazionali del settore, come Infineon, ha da tempo avviato una politica di attrazione di investimenti che le ha guadagnato l’interesse di Intel, principale produttore americano pronto ad aprire il più grande impianto europeo nel Paese, che secondo gli ultimi rumors dovrebbe veder la luce a Monaco.

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