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L’Italia accelera sull’Intelligenza artificiale (IA). Il governo è pronto a pubblicare la nuova strategia: l’11 ottobre scorso una riunione del Comitato interministeriale per la Transizione digitale (formato da Mitd, Mise e Miur) ha approvato una bozza del documento finale. Ad annunciare la svolta lo stesso presidente del Consiglio Mario Draghi alla Camera: la strategia, ha detto mercoledì, costituirà “il quadro per migliorare il posizionamento competitivo del Paese”.

Il documento di 27 pagine traccia una road map per il periodo 2022-2024 e si divide in due parti: un bilancio dell’ecosistema pubblico-privato italiano, e l’indicazione dei settori urgenti dove intervenire. Il quadro tracciato non è roseo. L’Italia arriva in ritardo rispetto ai partner europei. Era il 2018 quando l’allora ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio annunciava la pubblicazione di una strategia italiana per l’IA. Da quel momento si sono succeduti tre governi e sono stati prodotti due documenti strategici, con relative consultazioni pubbliche, senza arrivare a una versione definitiva.

Un’inerzia che ha permesso ad altri Paesi Ue di prendere il timone della strategia europea. Come Francia e Germania, che nel 2019 hanno lanciato un piano di investimenti fino al 2025 rispettivamente di uno e sei miliardi di euro. Oggi i tempi sono maturi. Il Recovery fund è l’ultimo treno per recuperare il gap fra Italia e Ue. E fra Ue e Stati Uniti, riunite nel Consiglio per il Commercio e la Tecnologia a Pittsburgh, è in corso un acceso dibattito per dar vita a un’alleanza delle democrazie sulle tecnologie emergenti, IA inclusa.

Ecco allora il documento del governo italiano indicare sei obiettivi, undici priorità e tre aree di intervento. L’Italia, si legge nella strategia stilata dai ministeri di Roberto Cingolani, Maria Cristina Messa e Giancarlo Giorgetti, ha le carte in regola per diventare testa di punta in Ue. A partire da “una vibrante comunità di ricerca nell’IA”, che eccelle in campi come il Machine/Deep learning, il Data mining, l’analisi dei Big Data, forte di istituzioni all’avanguardia nel settore come il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), la Fondazione Bruno Kessler e l’Istituto italiano di tecnologia (Iit), ma anche di istituti come il centro Hpf (High performance computing) di Cineca e Infn.

 

Gli obiettivi della strategia

 

Tanti però i punti deboli del sistema, due su tutti: l’assenza di grandi player nazionali del settore, e la scarsa capacità attrattiva del mondo della ricerca italiana, a causa di stipendi troppo bassi che non consentono di trattenere i migliori “cervelli in fuga” né di chiamare in Italia talenti dall’estero. A questi la strategia aggiunge “la crescita parcellizzata dei laboratori di ricerca” dovuta allo “scarso finanziamento pubblico-privato”, “la capacità limitata nel settore dei brevetti”, ma anche un “significativo gender Gap”: secondo i dati del Cini le donne costituiscono solo il 19,6% dei ricercatori nell’IA.

Ai guai della ricerca si sommano le mancanze strutturali del mercato italiano. Secondo una rilevazione di febbraio dell’Osservatorio sull’IA sono 260 le aziende registrate che offrono prodotti e servizi nell’IA. Il mercato privato, che nel 2020 ha raggiunto un valore-record di 300 milioni di euro, comunque al di sotto della media europea, è trainato dai settori manifatturiero (22%), bancario-finanziario (16%) e assicurativo (10%).

In definitiva sono due i problemi che la strategia del governo Draghi, inserita nel quadro del Piano coordinato sull’IA dell’Ue pubblicato nel dicembre 2018, si propone di affrontare. Il primo: aumentare i fondi pubblici per la ricerca: i Paesi europei in media investono il 2,38% del Pil, l’Italia solo l’1,45%. Anche gli stipendi sono al di sotto: un ricercatore italiano guadagna in media 15,3 euro all’ora, contro i 48 euro e i 22 euro dei ricercatori tedeschi e francesi.

Di qui il piano d’azione del governo per recuperare terreno. L’IA italiana, spiega la strategia, sarà anzitutto europea. E l’Ue si è già mossa a sua volta per accorciare le distanze con i due grandi player mondiali del settore, Stati Uniti e Cina. Quest’anno la Commissione Ue ha pubblicato una revisione del “Piano coordinato sull’IA” che ha stanziato i fondi per gli anni a venire: 1,5 miliardi di euro per i progetti avviati tra il 2018 e il 2020, e 1,5 miliardi di euro all’anno divisi fra i due grandi fondi europei per il Digitale, Horizon Europe e Digital Europe. Da qui parte la strategia italiana per un IA che sarà “centrata sull’uomo, affidabile e sostenibile”, ma anche sui “diritti umani”: un passaggio rilevante, alla luce dell’uso che Stati autoritari come la Cina fanno dell’IA per sorvegliare dissidenti e minoranze.

Attrazione dei talenti esteri, riduzione della frammentazione, sviluppo sostenibile sono tra le parole chiave elencate negli obiettivi della strategia italiana. Che individua i settori decisivi per far crescere il mercato e sfruttare il grande potenziale occupazionale del settore. Secondo il World Economic Forum, entro il 2025 l’IA darà vita a 85 milioni di posti di lavoro e farà emergere 97 milioni di nuovi ruoli. L’Italia, spiega il documento, deve puntare su manifatturiero, istruzione, cultura e turismo, banche e assicurazioni, ma anche sulla filiera dell’Agrifood e la sicurezza nazionale, soprattutto la cyber-sicurezza.

I principali progetti

La premessa per un boost del mercato, ribadisce il documento, è rafforzare strutturalmente il mondo della ricerca italiana. La strategia mette in campo una serie di programmi, con i relativi finanziamenti dal Next generation Eu. Fra questi il rilancio del “Programma nazionale di Phd”, con un nuovo programma da tre cicli e 3000 nuovi posti ogni anno da 600 milioni di euro, o ancora un programma per finanziare i giovani ricercatori di talento con 600 milioni di euro, insieme a 5 milioni di euro all’anno per il programma “Rita Levi Montalcini” del Miur. Un altro miliardo e mezzo per potenziare l’istruzione negli Istituti tecnici superiori (Its), 430 milioni per la creazione di nuove carriere dentro la Pa, 3,2 miliardi per la creazione di corsi di formazione in materie STEM.

La lista continua con una Piattaforma unica Data e Software per la ricerca nell’Ia (1,580 milioni di euro) per “creare una connessione strutturale fra piattaforme nuove ed estistenti, infrastrutture di dati e computing dedicate all’Ia, librerie open-source”.

Una parte dei fondi per la Transizione 4.0 (13,38 miliardi) saranno stanziati a sostegno delle imprese del settore. La strategia si propone di introdurre “chiare linee guida per i salari degli esperti in IA che dovrebbero allinearsi ai benchmark internazionali” e “crediti fiscali o voucher per il reclutamento di profili STEM”. In campo per aiutare le pmi che investono in IA scenderà anche Cassa Depositi e Prestiti con il Fondo nazionale Innovazione di Cdp venture capital, lanciato con un budget iniziale di 1 miliardo di euro. Obiettivo: aumentare del 30% il numero di startup rispetto al 2021 e di 50% gli stipendi medi.

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