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In Europa sopravvivono 12 monarchie. Una sola tra queste assume la forma della monarchia assoluta, con un capo dello Stato che raggiunge il vertice supremo non per ius sanguinis, ma per elezione democratica, ispirata, però, dallo spirito divino.

Questo Stato è il Vaticano. Come tutti gli Stati sovrani, anche il Vaticano è dotato di un proprio ordinamento giudiziario, con tribunali e propri procedimenti che, pur rispecchiando l’impalcatura del diritto laico, non riescono a sottrarsi totalmente dal contesto religioso e dall’esigenza di trasmutare la sentenza in un ammaestramento per i fedeli.

Beninteso: anche in ambito laico la sanzione comminata al reo svolge una funzione monitoria verso la comunità oltre che punitiva nei confronti del colpevole. Ma nell’ecclesia, usa a comunicare attraverso parabole e testimonianze di Santi, se si può dire, quella funzione vale ancora di più.

Questo è, dunque, il quadro in cui si è svolto il processo a mons. Becciu, con la condanna a cinque anni e sei mesi di reclusione, oltre l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, argomentati dai giudici con ottocento pagine di motivazioni. Una condanna per peculato che riconosceva il prelato colpevole dell’incauto investimento nel palazzo londinese di 60 Sloane Avenue, che generò una forte perdita per le casse del Vaticano. La condanna in primo grado, che incluse anche la confisca di 200 milioni e 500 mila di dollari americani «quale profitto dal delitto di peculato», giunse dopo due anni e mezzo di dibattimento e venne comminata il sedici dicembre 2023, alle ore 16,30.

Esattamente a distanza di un anno, e dopo un lavoro certosino di esame dei documenti, confronto delle dichiarazioni rese dai testi, verifica delle argomentazioni di accusa e difesa, insomma dopo un lavoro da grande giornalista d’inchiesta, Mario Nanni torna alla saggistica con un libro di 234 pagine (Il caso Becciu (in)giustizia in Vaticano. Dizionario delle omissioni, anomalie mistificazioni, misteri e veleni, per i tipi di Media Books), che si legge però come un legal thriller americano o come il grande affresco di un mondo dove l’eternità è di casa e i chiaroscuri rappresentano lo sfondo privilegiato dei munificenti palazzi romani che lo ospitano.

La struttura del libro non è nuova nella scrittura di Nanni: partendo da 15 domande cruciali, in cima alle quali si situa l’inquietante interrogativo sul sistema giudiziario del Vaticano e sulla legittimità ai sensi del diritto penale internazionale, di un tribunale in cui le ragioni dell’imputato non sembrano avere valore, l’autore affida ad un vocabolario il compito di condurci nel cuore della vicenda. Si va dalle voci “Agente segreto 1” a “Whatsapp” per raccontare, con tecnica da giornalista di grande esperienza – e di frequentazione di altri palazzi del potere romano, quelli laici, però, del Parlamento e di piazza Colonna – i fatti salienti di una storia complessa, che ha fatto scrivere ad osservatori italiani e non, di un nuovo caso Dreyfus.

La scrittura di Nanni è chiara, scarnificata di tutto il “di più” che potrebbe guastare una lettura scorrevole, e tuttavia non è fredda: c’è il vigore di una indignazione appena trattenuto dalla sana abitudine di guardare dentro alle vicende con l’ispirazione di giudicarle una volta concluse. E qui siamo solo al round iniziale con la sentenza di primo grado che pure ha prodotto effetti devastanti sulla reputazione del prelato, con la sua immediata degradazione e l’esclusione dalla sua antica comunità di vita, pur registrando parole di stima da parte di Papa Francesco.

Ma è proprio il Santo Padre a rappresentare, in questo pamphlet con cadenza romanzesca, un personaggio percepito al tempo stesso nelle due posture di persona male informata da curiali nemici di Becciu, e dunque innocente in quanto privato della verità dei fatti, o, al contrario consapevole ispiratore di una linea processuale volta a perseguire un solo esito: quello della colpevolezza.

La domanda di fondo che pone l’autore, però, da laico rispettoso dei diritti processuali di ogni persona umana, è se un tribunale possa cambiare le regole processuali per quattro volte durante il procedimento che ha portato all’esito clamoroso di una condanna mai comminata nella storia della Chiesa. Il lavoro di Nanni è prezioso, poi, anche per la cura che ha avuto di allineare le reazioni della stampa mondiale, con una rassegna collocata nella parte finale del libro, perché in questo modo ha potuto documentare come gli osservatori esteri abbiano eccepito fin dall’inizio l’inappropriatezza delle procedure seguite, mentre i colleghi italiani abbiano manifestato un atteggiamento ondivago: colpevolista dapprima, poi, dopo le manifestazioni di disgelo venute dal Papa, più attente alle ragioni della difesa.

Becciu è dunque il nostro Dreyfus? Il suo caso somiglia a quello di Enzo Tortora? È il sacrificio che andava fatto per chiudere una storia di soldi, che sono pur sempre lo sterco del demonio e non sta bene evocarli nella penombra delle stanze vaticane (ricordiamoci di Marcinkus)? Nel libro non c’è una risposta sola a tutte queste domande che però lascia una traccia, come nei migliori thriller, per capire che è successo.

Scrive l’autore: “Sta di fatto che si è innescato un meccanismo tale che sembra una via di mezzo tra il vaso di Pandora, scoperchiato, e l’apprendista stregone, a cui sembra essere sfuggita di mano la macchina che aveva messo in moto”. Il peggio, diremmo noi, poi viene quando a maneggiare il vaso di Pandora non è un vasaio professionista ma solo un apprendista stregone.

Phisikk du role - Tra Tortora e Dreyfus, il caso Becciu e l’ombra di una predestinazione

Un tribunale può cambiare le regole processuali per quattro volte durante il procedimento che ha portato all’esito clamoroso di una condanna mai comminata nella storia della Chiesa? Tutte le domande nel libro di Mario Nanni, Il caso Becciu (in)giustizia in Vaticano. Dizionario delle omissioni, anomalie mistificazioni, misteri e veleni, edito da Media Books e letto da Pino Pisicchio

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