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Israele ha espresso la sua vicinanza agli Emirati Arabi offrendo la sua disponibilità a stare al fianco di Abu Dhabi contro le minacce provenienti dai gruppi armati Houthi, di chiaro collegamento con l’Iran. Una notizia che non deve passare inosservata, ma è un chiaro indicatore di un nuovo paradigma non solo nelle relazioni tra i due Paesi, ma di un nuovo posizionamento di Israele nel panorama mediorientale e arabo in generale.

Sembra ormai un lontano ricordo quando la parola araba “Tatbi’i”, ossia normalizzazione dei rapporti con Israele, era sinonimo di alto tradimento e manifestazioni di piazza nelle maggiori capitali arabe. Reazioni spesso violente, che sottintendano la negazione dell’esistenza stessa dello Stato di Israele e della non accettazione di una soluzione di convivenza pacifica in Terra Santa tra palestinesi e israeliani. Oggi, il paradigma è completamente capovolto.

Dopo l’avvio degli Accordi di Abramo che hanno coinvolto in primis gli Emirati Arabi, Israele e Stati Uniti, sono stati fatti numerosi passi anche da parte di altri Paesi arabi verso la normalizzazione delle relazioni non solo politiche, ma sottoscrivendo accordi economici, militari e culturali. Un’accelerazione senza precedenti che sta segnando un cambio epocale in seno alle opinioni pubbliche nel mondo arabo, in quanto Israele inizia ad essere percepita come alleato e non più come nemico.

Ricordo ancora quando nelle riunioni con i colleghi parlamentari israeliani si auspicava, chissà quando, la possibilità di condividere con il resto dei parlamentari arabi programmi di sviluppo condivisi per contrastare i pregiudizi e ritrovare i numerosi valori comuni. Sono passati pochi anni, e la storia ci consegna oggi una pagina nuova che può riservare ampi capitoli di cooperazione non solo tra i governi, ma soprattutto tra le istituzioni intermedie come i comuni, le università, le imprese e le associazioni.

Molto probabilmente questa accelerazione positiva nelle relazioni tra Paesi arabi e Israele è dovuto in primis ad una evidente profonda ricerca da parte di tutti di superare il conflitto eterno israelo-palestinese mettendo al centro l’interesse delle società arabe a investire nel proprio sviluppo e crescita di opportunità, ovviamente traendo beneficio dall’enorme capitale tecnologico e scientifico su cui Israele ha saputo investire per lunghi anni. Un interesse ricambiato dagli israeliani desiderosi di concepirsi finalmente parte integrante della regione, in pace con tutti i vicini con cui finalmente cooperare in una chiara ottica di interessi reciproci politici ed economici.

Oggi dal Marocco agli Emirati Arabi si guarda al Paese ebraico quale partner decisivo nel campo delle soluzioni più avanzate nel settore dell’agricoltura, desalinizzazione, energie rinnovabili e hi-tech.

Che tutto questo fermento nelle rinnovate relazioni arabo-israeliane porti ad un’auspicata soluzione politica con la nascita di uno Stato palestinese non è scontato, ma rimane l’effetto positivo che questa nuova pagina di cooperazione sta avendo sulle stesse leadership palestinesi sempre più consapevoli della necessità di mettere da parte le rivendicazioni violente in nome di un percorso di dialogo pragmatico con gli israeliani. Un dibattito che deve trovare una sua sintesi nella rappresentanza tra le leadership palestinesi tra Gaza e Ramallah.

In questo quadro, sarà tuttavia necessario avviare nuove forme di dialogo e cooperazione tra le società civili arabo-israeliane riscoprendo insieme il patrimonio storico di relazioni umane e convivenza interreligiosa che il Mediterraneo ha saputo regalarci in passato.

A questo riguardo sarà fondamentale far conoscere alle nuove generazioni arabe e israeliane quanto le storie che li hanno uniti siano molte di più delle pagine tragiche che si dovranno superare in nome di un futuro comune.

Israele, Emirati Arabi e gli Accordi di Abramo. Una nuova storia su cui investire

Sarà necessario avviare nuove forme di dialogo e cooperazione tra le società civili arabo-israeliane riscoprendo insieme il patrimonio storico di relazioni umane e convivenza interreligiosa che il Mediterraneo ha saputo regalarci in passato. L’intervento di Khalid Chaouki, direttore Indiplomacy.it

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