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Solo nella prima metà del 2024, oltre 35 miliardi di dollari sono stati investiti a livello globale in start up di intelligenza artificiale, ma l’Unione europea ha attirato solo il 6%. In termini di brevetti e di formazione dei ricercatori di intelligenza artificiale, l’Ue sta facendo meglio, solo che i risultati di questo processo tendono a non rimanere, ma piuttosto a fluire verso gli Stati Uniti. Non sorprende che questa situazione abbia suscitato un notevole dibattito negli ambienti politici europei su cosa fare per consentire all’Unione europea di recuperare il ritardo rispetto agli Stati Uniti e alla Cina in materia di intelligenza artificiale, in particolare sviluppando i propri modelli di IA e promuovendo un maggior numero di start up accelerando così l’adozione di servizi basati sull’intelligenza artificiale nell’economia europea.

In questo contesto, nel gennaio 2024 la Commissione europea ha pubblicato un pacchetto di decisioni e piani per sostenere le start up dell’IA. L’obiettivo è quello di sfruttare la rete europea di supercomputer ad alte prestazioni (EuroHpc), ovvero computer molto grandi e ad alto rendimento, utilizzati principalmente per la ricerca scientifica. La Commissione ha proposto una modifica delle regole di governance della rete per facilitare la collaborazione con il settore privato, modifica che è stata poi adottata (regolamento Ue 2024/1732). Il piano prevede che EuroHpc sia il nucleo di una rete di “fabbriche di IA” per lo sviluppo da parte di start up europee dei modelli e applicazioni di intelligenza artificiale su larga scala per scopi generali. Tale approccio riconosce che questi supercomputer devono essere aggiornati alle capacità dell’intelligenza artificiale e che devono essere finanziati in parti uguali dall’Unione europea e dai Paesi membri che li ospitano con lo stanziamento di 7 miliardi di euro per il periodo 2021-2027 per ora invariato.

Il budget per l’infrastruttura informatica dell’intelligenza artificiale potrebbe essere aumentato in modo sostanziale se la Commissione e i Paesi dell’Unione ascoltassero l’ex primo ministro italiano e governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi. Il suo rapporto di settembre 2024 sul futuro della competitività europea, elaborato per orientare la politica dell’Ue nei prossimi cinque anni, ha attribuito la debole crescita della produttività dell’Unione europea all’insufficienza degli investimenti e dell’adozione delle tecnologie digitali, compresa l’intelligenza artificiale. I rimedi proposti includono investimenti privati e pubblici in modelli di IA generali e settoriali sviluppati dall’Ue, il potenziamento di EuroHpc, la creazione di un incubatore di intelligenza artificiale simile a quello del laboratorio di fisica nucleare e delle particelle del Cern, la creazione di grandi pool di dati a livello europeo per l’addestramento dei modelli di IA, la facilitazione del consolidamento tra i fornitori di cloud europei per creare un’infrastruttura di calcolo su iperscala e maggiori risorse finanziarie per l’informatica quantistica. Draghi ha anche riconosciuto che i computer EuroHpc non possono competere con le imprese di IA su iperscala con sede negli Stati Uniti e ha proposto di stanziare cento miliardi di euro per le infrastrutture di intelligenza artificiale. Tutto ciò suggerisce un consenso negli ambienti politici dell’Ue sul fatto che il recupero dell’intelligenza artificiale richieda il coinvolgimento e le sovvenzioni del settore pubblico.

Tuttavia, si è analizzato meno il motivo per cui la catena del valore dell’IA e l’ecosistema imprenditoriale dell’Ue sono rimasti indietro rispetto agli Stati Uniti e alla Cina in termini di sviluppo di modelli e di adozione nelle industrie dei servizi, e perché questo dovrebbe giustificare il coinvolgimento del settore pubblico e le sovvenzioni. Ancor meno si discute su come questi problemi potrebbero essere affrontati attraverso riforme strutturali per incentivare maggiori investimenti privati nelle industrie dell’intelligenza artificiale dell’Unione europea. L’attuale approccio europeo all’intelligenza artificiale si basa sul recupero dell’hardware e dell’infrastruttura dell’IA, tralasciando le componenti complementari del modello di business e non affrontando l’elevata incertezza normativa e i costi di conformità. È improbabile che questo approccio risolva il problema fondamentale della competitività dell’IA.

Nel complesso, sarebbe un errore per l’Ue cercare di giocare allo stesso gioco degli Stati Uniti in materia di intelligenza artificiale per raggiungere la frontiera tecnologica e sviluppare le proprie capacità in materia. L’Unione europea può invece prosperare con modelli più piccoli per aiutare le imprese a implementare servizi basati sull’intelligenza artificiale. Non è sufficiente raggiungere la frontiera tecnologica dell’intelligenza artificiale per accelerare la crescita della produttività guidata dalla stessa. Certo, perseguire l’efficienza economica al di sotto della frontiera tecnologica comporterebbe il rischio di lasciare l’industria dell’intelligenza artificiale dell’Unione europea in una certa misura dipendente dai modelli di frontiera IA generativa sviluppati e/o ospitati dalle grandi aziende tecnologiche statunitensi. La dipendenza sarebbe limitata solo nella misura in cui molti modelli sono disponibili gratuitamente in formati almeno parzialmente open source. Cercare di raggiungere la frontiera dell’IA è estremamente costoso e richiede anche una scala di mercato globale.

Nell’attuale contesto di sicurezza geopolitica, l’Ue e gli Stati Uniti possono essere considerati un mercato unico e affidabile per l’intelligenza artificiale oppure sono due mercati separati? Un semplice calcolo approssimativo mostra che è necessario il Pil combinato di Unione europea, Stati Uniti ed economie avanzate per ammortizzare un investimento annuale di mille miliardi di euro in modelli di IA all’avanguardia, una cifra che potrebbe essere facilmente raggiunta nei prossimi anni. La collaborazione tra Unione europea e Stati Uniti consentirebbe di continuare ad avere un’industria dell’IA fiorente e altamente competitiva. La frammentazione del mercato porrebbe un freno economico all’attività. Questo scenario non è nell’interesse né degli Stati Uniti né dell’Unione europea.

Formiche 210

Vi spiego i pericoli per l'Ue di restare sotto la frontiera tecnologica. Scrive Martens

Di Bertin Martens

L’attuale approccio europeo all’intelligenza artificiale si basa sul recupero dell’hardware e dell’infrastruttura dell’IA e non è sufficiente. L’Unione europea deve investire di più nell’infrastruttura informatica, come già anticipato nel Rapporto Draghi sul futuro della competitività. L’Ue può prosperare con modelli più piccoli per aiutare le imprese a implementare servizi basati sull’intelligenza artificiale. L’analisi di Bertin Martens, senior fellow presso Bruegel

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