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Fra poco più di un mese le Camere si riuniranno per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Che Mario Draghi resti a Palazzo Chigi o vada a ricoprire il più alto gradino dello Stato, è evidente che con l’uscita di scena di Sergio Mattarella si spezzerà quell’equilibrio fragilissimo che oggi regge il sistema politico e istituzionale. Fra gli effetti a cui ci si dovrà preparare c’è quello delle possibili elezioni politiche anticipate. Le quali, con molta probabilità, sanciranno il predominio della destra sulla sinistra.

È in quest’ottica che va perciò intesa la “competizione” per la leadership del centrodestra fra Matteo Salvini e Giorgia Meloni, con quest’ultima che nulla fa per nascondere le sue ambizioni personali a diventare il primo presidente del Consiglio donna del nostro Paese. Ma la destra, e Fratelli d’Italia (che fra l’altro sta all’opposizione del governo di Mario Draghi), sono pronti a questa evenienza? C’è un programma politico-culturale articolato che sia al tempo stesso fortemente declinato in un’ottica di alternativa alla sinistra, se non proprio identitaria, ma che sia istituzionalmente e internazionalmente sostenibile, cioè detto in soldoni che rassicuri l’establishment politico e finanziario che con Draghi a Palazzo Chigi ha ridato credibilità e fiducia all’Italia?

È lungo questo doppio, stretto, binario, alla ricerca di una sintesi fra posizioni divergenti che se non conciliate rischiano di apparire (ed essere) “schizofreniche”, che è costretta a muoversi oggi Giorgia Meloni. Una “schizofrenia” di cui l’organizzazione sotto Natale della kermesse di Atreju rappresenta una plastica esemplificazione. Prima di tutto, la presidente di Fratelli d’Italia può dire di aver coinvolto tutto l’arco politico italiano e di potersi perciò sentire a tuti gli effetti “legittimata”: per fortuna gli “archi costituzionali” si sono allargati rispetto alla Prima repubblica e le conventio ad excludendum sono tentate ancora da qualcuno ma alla prova dei fatti non reggono.

Poi va messo in evidenza che il titolo di “Natale dei conservatori” sembra essere particolarmente azzeccato: il conservatorismo, come è noto, ha una lunga e nobile storia, una tradizione anche italiana che è di tutto rispetto, come ad esempio ha ultimamente sottolineato anche un influente commentatore di fatti politici quale Ernesto Galli Della Loggia. Quella del “sovranismo” sembra perciò essere un’alternativa lessicale ormai soppiantata, contingente e legata a un periodo storico ben definito e che non poche inquietudini portava con sé nel coté moderato dell’elettorato. E sicuramente più rassicurante rispetto ad un Orban è, per quel ceto, un Rudolf Giuliani (ospite quest’anno), che almeno storicamente rappresenta si la “tolleranza zero” ma tutto nel contesto di un repubblicanesimo classico “legge ed ordine”. Della stagione sovranista (qualche intellettuale neofita ne teorizzava persino la “rivoluzione”) c’è in verità ancora qualche eco in alcuni dei dibattiti che si svolgeranno ad Atreju, ed è anche giusto che sia così: i teorici della “rivoluzione conservatrice”, fatta la tara delle posizioni para-eversive (esecrabili e da condannare senza mezzi termini ovviamente), sono un po’ come gli anarco-capitalisti in casa liberale, cioè una eccentrica spuntatina di sale che rende un po’ più stimolante la pietanza che però si regge di suo…

Ecco, in verità il problema per un futuro governo di destra è rappresentato proprio dalla sproporzione, o se preferite asimmetria, che oggi c’è nella destra italiana fra la parte conservatrice e quella moderata e liberale. Come sottolineato stamattina su Libero da Alessandra Ghisleri, che è una che se ne intende, è impossibile pensare di vincere e governare se non si sa parlare a questa parte del Paese che non ama i sussulti ma vuole serenità e tranquillità di vita. Forse oggi più che mai tocca a Matteo Salvini riprendere quel discorso di “rivoluzione liberale” che aveva iniziato poco più di un anno fa e che è ancora, a destra, in cerca d’autore.

Cara Meloni, bene il Natale dei conservatori ma per vincere... La bussola di Ocone

Il problema per un futuro governo di destra è rappresentato dalla sproporzione che oggi c’è nella destra italiana fra la parte conservatrice e quella moderata e liberale. Come sottolineato da Alessandra Ghisleri è impossibile pensare di vincere e governare se non si sa parlare a questa parte del Paese

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