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Sì, forse qualcosa si è rotto al Cremlino. O quanto meno incrinato. Se, alla fine, Vladimir Putin ha ammesso che qualcosa nell’economia russa non va. Sono stati giorni complicati a Mosca. I banchieri hanno certificato lo stato di prostrazione delle famiglie e dei consumi, sancendo la fine anticipata del modello “burro e cannoni”. Poi, le prime crepe nella fin qui marmorea fiducia del governo. Ieri era stato il ministro dello Sviluppo economico, Maxim Reshetnikov, intervenendo durante il Forum di San Pietroburgo, ad alzare una bandiera se non bianca, almeno sbiadita. “La Federazione sta attraversando una fase di raffreddamento e che, secondo il sentimento attuale delle imprese, sarebbe sull’orlo della recessione”. Lapidario.

“Secondo i dati, stiamo assistendo a un raffreddamento dell’economia. Ma tutti i nostri dati sono uno specchietto retrovisore. In base al sentimento attuale delle imprese, sembra che siamo già sull’orlo di entrare in recessione”, ha dichiarato il membro del governo di Mosca. “Non sto dicendo che prevedo una recessione, ma che siamo sul limite, e ciò che accadrà dipenderà dalle decisioni che prenderemo”. Già a fine maggio, Reshetnikov aveva segnalato i rischi di un “surriscaldamento al contrario”, ovvero quello di un raffreddamento eccessivo dell’economia, sottolineando allo stesso tempo un rallentamento dell’inflazione e la necessità di interventi mirati della Banca di Russia, con un allentamento delle politiche monetarie restrittive.

A stretto giro e sempre dal palco del Forum di San Pietroburgo, è arrivata un’altra alzata di spalle, ancora più pesante. Quella del portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, il quale ha avvertito che la Russia potrebbe entrare in recessione se l’economia non inizierà presto una fase di accelerazione. “Il dibattito in corso è se abbiamo rallentato troppo e se sia il caso di accelerare un po’. E, se sì, quanto rapidamente. È proprio su questo che i nostri economisti stanno discutendo”, ha detto Peskov. “Se non cominciamo a spingere un po’ l’acceleratore, le misure già adottate dalla Banca Centrale potrebbero davvero rallentare l’economia in modo significativo. E allora il rischio di recessione diventa assolutamente comprensibile.”

Ed eccolo, lo zar e le sue ammissioni. O paure. “L’economia russa deve affrontare la sfida del progresso tecnologico, deve diventare tecnologicamente più avanzata. E questo non è un auspicio, è un’esigenza oggettiva di oggi e di domani. Una sfida che dobbiamo accettare se vogliamo diventare più forti. E lo vogliamo. Dovremo avviare a pieno regime una nuova fase dello sviluppo tecnologico del Paese”, ha concluso. Ma la paura c’è, sotto forma di aggressività e imperativi. La Russia non dovrà “in nessun caso” entrare in recessione. Non dobbiamo permettere che questo accada in nessun caso”. Poi, forse Putin si è ricordato di essere il vecchio zar di Russia. Il cui Pil “è cresciuto del 4% annuo negli ultimi due anni” malgrado le “turbolenze esterne: nonostante il complesso contesto esterno, il Pil russo è cresciuto a un tasso superiore alla media globale”.

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