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Per azzerare la deforestazione la Commissione Ue vuole imporre regole severe ai Paesi esportatori. È un approccio ideologico, retaggio del colonialismo, che rischia di aumentare i prezzi delle materie prime, di impoverire i paesi in via di sviluppo, indirizzandoli verso l’influenza dei Paesi anagraficamente influenti. Le regole devono essere condivise, accompagnate da investimenti consistenti, e dalla condivisione di esperienze e competenze.

Con la presentazione di un nuovo regolamento, la Commissione europea auspica di azzerare l’importazione di materie prime per uso alimentare che sono causa di deforestazione. Molti leader europei hanno celebrato questa iniziativa (tra tutti il cattolico ambientalista Paolo Gentiloni) spiegando che chi disbosca non entra in Europa.

– I toni utilizzati evidenziano che l’approccio della Commissione al problema grave della deforestazione e della perdita di biodiversità è ideologico, vale a dire estraneo ai fatti del mondo, e perciò ancora marcatamente colonialista.

Per ridurre la deforestazione importata (cioè che avviene altrove, nei paesi in via di sviluppo per esempio) è necessario evitare la minaccia del boicottaggio. I paesi produttori potrebbero rinunciare alla Ue per dedicarsi ai mercati interni o rivolgersi a partner più popolosi dove le regole sono molto più arretrate o addirittura assenti.

– Il prezzo delle materie prime, salirebbe drammaticamente, e graverebbe sulle tasche dei consumatori.
– L’impegno della Ue per promuovere la sostenibilità crollerebbe o quantomeno si ritarderebbe di molto.

L’obiettivo del nuovo regolamento Ue è più che condivisibile: ridurre la deforestazione e proteggere la biodiversità.

L’approccio impiegato invece, è ideologico. Muove dall’idea che i Paesi che esportano verso l’Europa materie prime sono colpevoli. Si devono adeguare alle regole europee o saranno esclusi dal mercato. Lascia loro lo sforzo di adeguarsi al regolamento europeo.

– Il sistema delle carte a punti che introduce il regolamento, è infatti punitivo.

La Commissione dimentica che la deforestazione importata è, di fatto, deforestazione esportata da noi. L’Europa ha stimolato la deforestazione altrui per soddisfare il bisogno interno di di materie prime.

– In Europa abbiamo disboscato per millenni trasformando significativamente il territorio e l’ecosistema.

L’imposizione perentoria di regole severe verso Paesi che contribuiscono al benessere europeo, associata al boicottaggio di alcune merci, è una forma subdola di colonialismo culturale.

– Si assoggetta un Paese in via di sviluppo attraverso lo strumento ideologico della minaccia ambientale.

Ma rispetto al colonialismo passato le condizioni geopolitiche sono cambiate. I Paesi in via di sviluppo sono politicamente più stabili, coesi e consapevoli dei propri mezzi. Ma soprattutto, sono più popolosi.

L’Europa è un mercato importante ma irrilevante rispetto alle potenze anagrafiche (Cina, India, Indonesia, Nigeria, etc.).

I Paesi esportatori potrebbero benissimo rinunciarvi. La conseguenza per l’Europa sarebbe drammatica. Salirebbe il prezzo delle materie prime che diventerebbero merce rara. Crollerebbe il sogno della deforestazione zero. Le regole di Cina, India e soci sono molto piacere arretrate o addirittura assenti.

Il Cop26 ha dimostrato a chi si affida al libro dei sogni dell’ideologia che l’Occidente è solo una parte (limitata e poco popolosa) del mondo. Le regole devono essere elaborate con tutti. Questa inclusione è tra i migliori prodotti della globalizzazione. Così deve fare l’Europa. Mettere da parte la vecchia mentalità paternalista (di stampo colonialista) e promuovere la sostenibilità attraverso investimenti, la condivisione di conoscenze e di competenze.

Se ciò non avverrà (perché si cerca il consenso domestico delle mentalità mondialiste drogate dal dover essere), noi europei resteremo con il cerino in mano a inseguire il sogno di un mondo migliore. Contenti dell’immaginare l’utopia.

L'Ue ha un approccio ideologico sulla deforestazione

Per azzerare la deforestazione la Commissione vuole imporre regole severe ai Paesi esportatori. È un approccio ideologico, retaggio del colonialismo, che rischia di aumentare i prezzi delle materie prime, di impoverire i Paesi in via di sviluppo, indirizzandoli verso i Paesi anagraficamente influenti

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