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Sono spariti quattro chilometri su 60 di cavi che collegano i sensori per la sorveglianza sottomarina del sistema LoVe (Lofoten-Vesterålen) in Norvegia. A rivelarlo è il quotidiano economico Dagens Næringsliv, che ha raccontato che ad aprile è stata persa la connessione tra la rete di sensori e la stazione di controllo a Hovden, nella zona settentrionale dell’isola di Langøya. Il “Nodo 2” e il “Nodo 3” sono stati ritrovati in posizioni diverse da quelle di installazione e il cavo non è ancora stato trovato.

Citato dallo stesso giornale, Øystein Brun dell’Institute of Marine Research, uno dei più importanti istituti di ricerca marina in Europa, ha spiegato che il cavo, facente parte di un sistema inaugurato soltanto nell’agosto del 2020, sembra essere stato tranciato deliberatamente e poi rimosso: è la spiegazione più probabile, ha detto, poiché l’equipaggio di una nave si sarebbe accorto se fosse rimasto accidentalmente impigliato e quasi certamente l’avrebbe segnalato. Senza sottovalutare il fatto che per tranciare il cavo è necessaria una forza che porta a escludere l’ipotesi dell’incidente. Circostanza che diventa ancor più remota considerando il fatto che dalle ricerche dei dati satellitari non risulta la presenza di imbarcazioni nei momenti dei problemi al sistema.

Dunque, che cos’è successo? L’Institute of Marine Research non esclude la possibilità che si sia trattato di una nave con il transponder spento. Tradotto: la nave di una potenza straniera. Sono state identificate alcuni che nave si trovavano nella zona nel momento in cui è stata persa la connessione ma le autorità non hanno rivelato ulteriori dettagli.

Esercito e polizia norvegese stanno indagando visto che la ricerca marina non è l’unica attività del sistema LoVe. Che sì monitora gli effetti del cambiamento climatico, le emissioni di metano e gli stock ittici fornendo immagini, suoni e altri dati. Ma queste informazioni vengono inviate prima che all’Institute of Marine Research al Norwegian Defence Research Establishment, istituto che conduce ricerche per conto delle forze armate norvegesi. Si pensa che il centro “rimuova abitualmente le tracce di qualsiasi attività sottomarina nella zona prima di consegnare i dati dell’osservatorio all’Institute of Marine Research, in modo che contengano solo informazioni sulla pesca, sulle correnti e sul clima”, riporta il sito norvegese in lingua inglese News in English. “Non ci preoccupiamo tanto dei sottomarini nella zona ma sappiamo che i militari lo fanno”, ha detto Sissel Rogne, direttore dell’Institute of Marine Research, al Dagens Næringsliv.

Il sito specializzato The Drive evidenzia tre ragioni per cui una potenza straniera potrebbe aver sabotato il sistema. Prima: il LoVe è uno strumento importante per la Norvegia per tracciare l’attività dei sottomarini stranieri nel Mare di Norvegia limitando potenzialmente alcune operazioni in queste acque. Seconda: la potenza potrebbe aver voluto studiare le informazioni che il sistema è in grado di. Terza: come anche sottolineato da Rogne, i cavi stessi possono fornire preziose informazioni tecniche, per chiunque voglia installare un sistema simile, per esempio.

Con la Flotta nel Nord della Marina russa alle porte della Norvegia, non sarebbe inaspettato vedere i sospetti cadere su qualche tipo di attività di spionaggio o sabotaggio russo, osserva The Drive. Il sito News in English rincara la dose: c’è stata “molta attività navale russa nella zona di recente”.

Nel 2017 contrammiraglio della Marina statunitense Andrew Lennon, allora alla guida delle attività navali della Nato, aveva detto al Washington Post che “stiamo assistendo a un’attività sottomarina russa nelle vicinanze dei cavi sottomarini che non credo che abbiamo mai visto”. La Russia, aggiungeva, “si sta chiaramente interessando alle infrastrutture sottomarine della nato e delle nazioni della Nato”. Quantomeno da allora il tema è tra le priorità dell’Alleanza atlantica, degli Stati Uniti e dell’Unione europea. A preoccupare è in particolare il Direttorato principale della ricerca sottomarina, noto anche con l’acronimo russo Gugi o come Unità militare 40056, che con i suoi mezzi di superficie e sottomarini è in grado di fare qualcosa in più oltre alla ricerca, come agire sui cavi sottomarini per spionaggi e sabotaggi.

Sulle attività russe ha acceso un faro anche l’Unione europea (di cui la Norvegia non è membro, mentre lo è della Nato). “Molti ministri della Difesa nella Nato e nell’Unione europea ed esperti hanno messo in guardia su sospette operazioni russe contro i cavi sottomarini in fibra ottica”, ha spiegato a Formiche.net Bart Groothuis, europarlamentare olandese membro del gruppo macroniano Renew Europe e relatore della proposta di revisione della direttiva europea Nis sulla sicurezza delle reti e dei sistemi informativi. “Il timore è che possano mettersi in condizione di sabotarli. E proprio la Russia ha già fatto due test per disconnettersi da internet”, ha aggiunto con riferimento ai tentativi da parte del governo di Mosca di mettere alla prova la tecnologia per un “internet sovrano”.

(Foto: LoveOcean.no)

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