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A poco più di due mesi dalla fine dell’anno, non è azzardato ipotizzare che il 2021 passerà alla Storia come l’Anno del Vaccino (o meglio – dei vaccini) anti-Covid.

Se questo è un tema quasi monocorde che ha catalizzato l’opinione pubblica globale, il tipo di dibattito politico che lo ha riguardato è variato molto nei mesi.

E’ interessante come, nel secondo semestre dell’anno, caratterizzato dallo scontro sull’obbligo di vaccini e Green Pass, siano quasi scomparsi gli argomenti di carattere geo-politico che avevano dominato la fase del difficile inizio delle campagne di immunizzazione.

Quando, davanti alla scarsità di dosi disponibili, sotto una forte pressione popolare interna, molte leadership europee si erano trovate davanti al dilemma se chiedere aiuto ai “rivali” Russia e Cina per ottenere i vaccini mancanti.

Parve allora possibile che antiche divisioni potessero essere messe da parte o anche solo sospese, come faceva sperare il precedente degli aiuti medici Russi accettati dagli USA ad Aprile 2020, salutato come gesto di distensione tra Mosca e Washington.

Altri obiettarono tuttavia che cedere alla tentazione del vaccino di matrice statale (in particolare di quello russo) avrebbe comportato un prezzo geo-politico alto nel medio periodo e un inevitabile alleggerimento delle sanzioni occidentali contro Mosca, facendo il gioco del Cremlino e di Vladimir Putin.

Bruxelles seguì quest’ultimo orientamento ma, col fare consueto di una burocrazia abituata a decidere senza governare, lo presentò come argomento tecnico amministrativo.

Si vincolò l’uso dello Sputnik V ad una sua autorizzazione da parte dell’EMA che – facili profeti – prevedemmo non sarebbe stata né facile né veloce.

Salvate le apparenze nell’immediato, questo escamotage ha generato delle ambiguità che con il passare del tempo si sono aggravate creando veri e propri paradossi.

Quello a noi più visibile, per ovvi motivi di vicinanza, riguarda lo strano caso della Repubblica di San Marino.

Nonostante sia stata il primo paese sovrano al mondo a potersi dichiarare Covid free grazie ad una campagna vaccinale di massa, la Serenissima viene ancora oggi relegata in un limbo a-normativo per il “semplice” fatto di essere ricorsa allo Sputnik V.

I certificati vaccinali dei suoi cittadini sono accettati in Italia, ma solo in virtù di una deroga valida fino al 15 ottobre 2021. Dopo di che, in mancanza di nuove estensioni temporali che spostano il problema senza risolverlo, si apre per i sammarinesi la prospettiva di una segregazione dai territori limitrofi romagnoli e marchigiani.

Con pesanti ripercussioni sul quotidiano di un enclave in territorio italiano.

Che le reticenze di ordine medico siano strumentali lo prova lo scarso peso conferito ai dati scientifici dello studio empirico condotto sul Titano dallo Spallanzani di Roma e dall’Università di Ferrara, che hanno certificato l’alta efficacia dello Sputnik V, anticipata già dalla rivista scientifica di riferimento Lancet.

Piuttosto, le aperte parole di condanna rivoltele dal Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli per avere usato il vaccino russo tradiscono una volontà punitiva nei confronti della piccola Repubblica difficile da comprendere. Ancora meno da giustificare, per via delle contraddizioni che essa sottolinea sul fronte europeo.

In primo luogo il Governo di San Marino ha agito per difendere la salute dei suoi cittadini e non può essere criticato per avere fatto quello che tutti gli Stati membri della UE ed i principali leader europei hanno dichiarato essere (almeno a parole) il primo obiettivo della loro azione.

A più riprese il Segretario agli Affari Esteri di San Marino, Luca Beccari, ha sottolineato che il ripiego sullo Sputnik V non è dovuto ad una scelta politica ma al cronico ritardo dei vaccini promessi dall’Europa via Italia a sostegno del piccolo paese, in cima alle statistiche mondiali per mortalità da Covid in rapporto alla popolazione.

In secondo luogo, trovatisi in condizioni analoghe di emergenza e assenza di alternative, gli stessi diplomatici italiani in servizio a Mosca (guidati dall’Ambasciatore Pasquale Terraciano) non avevano esitato a farsi vaccinare pubblicamente con lo Sputnik V dando l’esempio alla numerosa comunità italiana. Tra le presenze straniere più vaccinate in Russia.

Infine, se uno dei modi per ottenere il Green Pass è quello di essere guariti dal Covid e quindi avere sviluppato anticorpi a sufficienza, si fatica a comprendere perché un test che ne attesti il livello presente nei vaccinati sammarinesi non possa essere accettato dalle autorità italiane.

Come se l’obiettivo vero non fosse quello, ripetuto all’infinito da tutti i media, di vaccinare il maggior numero di persone e raggiungere l’immunizzazione di massa.

Il che riporta al discorso iniziale sul tipo di retorica mossa contro lo Sputnik V e alla debolezza europea di non avere utilizzato subito argomenti di opposizione politica alla Russia in quanto tale, evitando improbabili giustificazioni mediche, trasferite in una miriade di disposizioni amministrative tra di loro contraddittorie.

Si fosse agito così, oggi sarebbe più facile procedere con deroghe per autorità sic-et-simpliciter nei casi come quello sammarinese invece di incartarsi e farne l’ennesima vittima collaterale di un fuoco incrociato tra UE e Russia, partito da ben prima della pandemia.

Il problema è che un tale parlare chiaro avrebbe pure svelato che sulla partita del Covid anche nell’Europa che ama raffigurarsi solidale e democratica, i ragionamenti politici (per non dire di quelli economici) possono venire prima e avere la meglio sulle decisioni di salvaguardia della salute pubblica.

Evidentemente è mancato il coraggio.

San Marino Covid-free ma nel fuoco incrociato tra Ue e Russia

La Repubblica relegata in un limbo a-normativo per essere ricorsa al vaccino Sputnik V. I certificati dei suoi cittadini sono accettati in Italia, ma solo fino al 15 ottobre 2021. Il rischio di una segregazione dai territori limitrofi romagnoli e marchigiani nell’allarme di Igor Pellicciari, ordinario di Storia delle Istituzioni e Relazioni Internazionali all’Università di Urbino

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