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Fino a qualche mese fa i sondaggi davano la Spd al 15% e poi al 18% con gli avversari di sempre già pronti a brindare alla fine del più antico partito d’Europa. Alcuni commentatori gridavano anatemi contro la Spd perché, con la vittoria di Norbert-Walter Borjans e di Saskia Esken alla presidenza del partito, e con Kevin Kühnert vicepresidente, il corso a “sinistra” era chiaro e dunque “perdente”. Invece, è accaduto l’esatto opposto.

Il partito si è compattato attorno alla figura di Olaf Scholz, dell’ala più centrista della Spd per la candidatura a cancelliere, mentre sul programma politico è stato dato ampio spazio ai temi tradizionali della Spd, con una nota “green”. La fortissima connotazione socialdemocratica emerge negli impegni sui temi dei diritti e delle libertà civili, sulle politiche di inclusione e accoglienza, sul contrasto alla povertà e al rilancio di un piano di investimenti.

Il tema centrale nel dibattito pubblico è stato sicuramente quello relativo all’innalzamento del salario minimo orario a 12 euro – ora è 9,5 euro lordi all’ora -, e su questo la Spd ha sottratto molti voti a Die Linke che, nonostante un impegno nella stessa direzione, è apparsa all’elettorato tedesco meno credibile.

Il tonfo del partito della sinistra, che secondo i primi dati relativi alle analisi dei flussi elettorali avrebbe ceduto gran parte del proprio elettorato alla Spd, in parte ai verdi e poi in astensione, porta con sé due conseguenze: (1) impedirà certamente la coalizione Rosso, Rosso, Verde a livello federale; (2) segna una svolta importante a livello politico nel campo del centrosinistra. Per esempio, la domanda che alcuni si stanno ponendo è: ha ancora senso Die Linke o dovrebbe rientrare nella sua componente riformista ed europeista nella Spd?

D’altro canto la Cdu ha subito la più grande perdita di consenso degli ultimi decenni con un candidato, Armin Laschet, considerato inadeguato anche da componenti interne del suo stesso partito ed inviso alla Csu. Ci sono stati poi casi spiacevoli negli ultimi tempi a carico di esponenti politici del partito: si pensi al caso Philipp Amthor o alla candidatura di Hans-Georg Maaßen, esponente vicino ad ambienti dell’estrema destra , per altro entrambi sconfitti nei collegi uninominali dai candidati SPD.

Olaf Scholz ha quindi anche goduto della debolezza della Cdu, senza dubbio. I verdi, d’altra parte, hanno migliorato notevolmente la loro posizione, ma rispetto alle aspettative che i media avevano creato, sulla scia delle manifestazioni ispirate dall’attivismo di Greta Thunberg, resta a loro un po’ d’amaro in bocca. Insomma, la Germania all’indomani delle elezioni più attese degli ultimi 20 anni, ha cambiato pelle: la Spd, il partito dato per morto, è risalito in modo incredibile ed oltre ogni aspettativa; i verdi hanno rafforzato notevolmente la loro posizione mentre la Cdu e Die Linke escono come i grandi sconfitti di questa tornata elettorale. Infine, AfD, il partito di destra radicale, perde molti collegi uninominali: in Brandeburgo, per esempio, dove la Spd fa il 100% dei risultati eleggendo 10 deputati su 10, come in altre zone della Germania orientale. Fdp si consolida, ma non fa nessun particolare balzo in avanti.

Cosa accadrà adesso? Rimangono alcune opzioni, tutt’altro che scontate, per formare la coalizione che dovrà guidare la Germania e darle, quindi, il nuovo volto nell’era post Merkel. Molte elette e molti eletti sono al primo mandato e tendenzialmente espressione dell’area più a sinistra nella SPD. Questo significa avere un gruppo parlamentare meno omogeneo al suo interno, con forze nuove che probabilmente non saranno tanto tentate di fare accordi ad ogni costo pur di governare, e che non guardano con favore né alla Cdu, né alla Fdp. Il risultato sarà che nei prossimi mesi saranno organizzati incontri tra i vari partiti e quando sarà trovata la quadra tra qualcuno, si procederà alla stesura del contratto di governo. Il Koalitionsvertrag sarà poi oggetto di discussione e votazione presso le assemblee dei partiti che avranno preso parte alla stesura dell’accordo. Come è facile dedurre, si tratta di un procedimento complesso e lungo: non giorni, non settimane, ma mesi. La Germania ha già cambiato pelle, ora sta per cambiare volto, forse.

Così la Germania cambia faccia. Cosa accadrà adesso

Il tonfo del partito della sinistra Die Linke, la vittoria dell’Spd e la più grande perdita di consenso degli ultimi decenni della Cdu. Una prima analisi del voto tedesco: cosa cambia per la Germania, quali temi saranno al centro dell’attenzione del dibattito politico interno in attesa della formazione del nuovo governo

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