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L’India è in ginocchio per colpa del Covid. Dopo avere evitato la crisi sanitaria l’anno scorso, il Paese asiatico si trova con un’impennata di casi e di decessi per il virus. Collasso negli obitori e negli ospedali, dove manca l’ossigeno e i ventilatori. Il caso indiano dimostra quanto è ingannevole il virus e quanto è complesso capire le cause scatenanti delle diverse ondate.

Difficile determinare se la causa di questa crisi in India sia stato l’emergere di nuove varianti del Covid o le scelte sbagliate del governo nella gestione dell’emergenza. Per Matteo Villa, ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), il combinato di coincidenze è esplosivo, e può servire da esempio per altri.

LA VERITÀ DEI NUMERI

Prima di tutto, in India – come in altri Paesi -, ci sono problemi nel conteggio reale dei contagi. Villa ha spiegato in una conversazione con Formiche.net cosa ci potrebbe essere all’origine della sottostima delle statistiche: “C’è discrepanza tra il numero ufficiale dei decessi Covid e l’eccesso di mortalità, quante persone sono morte rispetto alla media. In Italia è nei limiti dell’accettabile, si parla di 10%-20% in meno. In India non lo sappiamo, per cui ci affidiamo alle statistiche ufficiali”.

Secondo Villa, l’impressione potrebbe essere che gli indiani sono arrivati ad un picco di circa 400.000 casi. Ma se invece si trattasse di un limite nella capacità delle istituzioni di fare il conteggio? “Gli ospedali sono in sofferenza forte, e si trovano in difficoltà quando si tratta di contare perché lo staff è impegnato a seguire le persone ricoverate e alle emergenze”. La realtà è che non si sa il bilancio di morti e positivi asintomatici.

FATALI COINCIDENZE

Sul perché l’India è al collasso proprio ora, Villa considera si tratti di un combinato di alcune ragioni, tra cui l’emergere di una nuova variante e l’allentamento delle limitazioni. Le autorità indiane hanno consentito le manifestazioni pubbliche, legate ai riti di purificazione e alla campagna elettorale per il voto in cinque stati federali.

“Detto questo, il virus è infido”, sottolinea Villa. “Può succedere che un Paese resti aperto molto, e le ondate siano contenute per diversi motivi, come accaduto ad esempio in Svezia, il Paese forse più aperto in Europa. Il numero di decessi è stato contenuto rispetto all’Italia, che ha un lockdown duro per due volte e zone rosse”.

IL PARADOSSO DEI GIOVANI

Le differenze dipendono dall’organizzazione di ogni società, la struttura sociale ed economica, l’attenzione nei confronti delle fasce fragili, gli spostamenti. “Ovviamente in India tutto questo rappresenta un grande problema”, spiega Villa. “Nel momento in cui si presenta una possibilità per il virus di essere più contagioso, si registra questa salita verticale di contagi. E in India, gran gran parte delle persone lavorano nel settore informale e non possono smettere di lavorare. È difficilissimo fermarlo”.

Il caso indiano incute ancora più timore perché è un Paese molto giovane: “L’età mediana, cioè il 50% della popolazione, in Italia è di più di 46 anni. In India il 50% della popolazione ha meno di 27 anni. Il problema per l’India è doppio: il virus sembra essere talmente diffuso in quest’ondata che contagia tutti, persone di 50 anni in su, più o meno con la stessa gravità. Anche in un Paese giovanissimo si crea una crisi sanitaria di proporzioni epiche. E questo è un monito per tutti noi, anche sull’andamento della campagna vaccinale”.

MANTENERE L’ATTENZIONE ALTA

Sebbene in Italia si stia procedendo nella vaccinazione di persone anziane e fragili, è necessario continuare con la prevenzione. Il caso indiano insegna che le persone immuni, o più probabilmente immuni, fanno abbassare l’età media dei contagiati, ma questo non fa sparire il virus. Villa sostiene che “anche l’Italia con la vaccinazione potrebbe diventare come l’India. Le persone suscettibili al contagio sono più giovani, e in teoria meno suscettibili a forme più gravi di Covid. Ma questo non significa che possiamo aprire tutto. L’India dimostra che nel momento che il contagio sfugge di mano, anche in un Paese giovane (o come l’Italia con anziani e persone vulnerabili vaccinate) rimane con lo stesso problema”.

In Italia, il Covid uccide circa 11 persone su 1000, mentre in India 3 persone su 1000, perché molti sono giovani, ricorda Villa: “Questo vuole dire che l’India aveva un vantaggio molto forte eppure si trova in questa difficile situazione. L’insegnamento per l’Italia è che, quando avrà un vantaggio perché la letalità del virus si abbasserà – grazie alla protezione su anziani e fragili per il vaccino – non deve rallentare l’attenzione, anche se vanta di un sistema sanitario migliore rispetto a quello indiano”.

L’IMPORTANZA DEL VACCINO

Sulle varianti, non si tratta di un rischio che riguarda soltanto l’India, giacché sono tante e presenti in molti Paesi (la variante indiana, per esempio, è stata sequenziata in India, ma non è detto che sia nata lì). Ad oggi i Paesi sono ancora molto chiusi: “Si saprà cosa succederà nel momento in cui si dovranno aprire le frontiere. In Africa subsahariana, per esempio, c’è la variante subsahariana ma non fa nulla perché più del 50% della popolazione in quella zona ha meno 19 anni. Ma cosa più succedere quando questa variante del virus troverà terreno fertile nelle persone più fragili? Per questo è importante essere vaccinati. Il rischio zero non esiste”.

La crisi Covid in India. La lezione per l'Italia secondo Villa (Ispi)

Il caso indiano dimostra quanto è ingannevole il virus e quanto è complesso capire le cause scatenanti delle diverse ondate, in luoghi diversi. La verità sui numeri, le varianti e il paradosso dei vaccini. Conversazione con Matteo Villa, ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi)

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