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Se come ha dichiarato la ministra degli Esteri Najla al Mangoush “già nei prossimi giorni” inizierà il ritiro dalla Libia delle forze militari straniere dalla LIbia, la conferenza Berlino-2 avrebbe già raggiunto uno dei tre grandi obiettivi su cui (in forma più di speranza che di sostanza) tutti i paesi partecipanti hanno trovato un’intesa. L’uscita dei combattenti che le potenze straniere hanno spostato in Libia per assistere i due fronti durante l’ultimo conflitto è considerato un elemento centrale per dare forma alla stabilizzazione: tanto quanto le elezioni di dicembre e l’unificazione di istituzioni come la Banca centrale.

Se questo è il percorso tracciato (o meglio ribadito) a Berlino, e se in Libia c’è un lato politico che si rifà al Governo di unità nazionale in carica sotto egida Onu, ci sono anche voci critiche; chi della Conferenza berlinese coglie principalmente le lacune. Il deputato libico Abdul Salam Abdullah Nasiyah, eletto a Zintan, importante città delle Tripolitania non allineata con Tripoli, spiega a Formiche.net che dal summit è uscito soprattutto “la perdurante incompatibilità della visione internazionale con la situazione in Libia”.

Nasiyah, che si definisce “indipendente”, spiega che mentre si parla dell’uscita “simultanea” delle forze straniere (“simultanea” è il termine usato dal ministro degli Esteri tedesco per rassicurare le varie componenti che non subiranno svantaggi sul campo lasciando guadagni ai rivali) “non c’è ancora un meccanismo chiaro su come attuarla”. Inoltre tocca un altro punto dolente: “Non si parla del percorso di unificazione dell’establishment militare e della sicurezza”.

In Libia il comparto delle forze armate e di sicurezza è diviso, frammentato in varie unità che si rifanno ai sistemi di potere di Tripolitania e Cirenaica: l’unificazione di questa istituzione è un altro passaggio importante. “Bisognerebbe che al ‘Comitato 5+5’ venga data un periodo specifico entro cui unificare queste istituzioni”, dice Nasiyah. Il comitato è quello che ha raggiunto il cessate il fuoco nell’ottobre 2020: è composto da 5 comandanti delle forze della Tripolitania e altrettanti dalla Cirenaica; la sua esistenza è stata istituzionalizzata dall’Onu.

Per il deputato libico, altra questione ancora aperta riguarda “l’assenza di decisione sul percorso costituzionale, oltre che l’assenza di garanzia sui risultati elettorali” – un elemento che riguarda anche la sicurezza: chi può garantire l’esecuzione regolare del voto, come evitare alterazioni, quali forze impegnare? La stabilizzazione della sicurezza passa anche (o sopratutto) per il voto, che per Nasiyah dovrà “rispettare puntualmente la data”. L’Onu, incaricando il primo ministro Abdelhamid Dabaiba di guidare il governo ad interim, ha contestualmente fissato la data delle elezioni presidenziali e parlamentari per il 24 dicembre.

Nelle ultime settimane sono cresciute le pressioni per far rispettare i tempi prefissati. Per ora siamo soprattutto sul livello retorico, ma l’Unione europea si è mossa in anticipo, e ha già deciso di imporre misure sanzionatorie contro chi ostruirà le elezioni. “Dobbiamo stare alla larga dai ripugnanti egoismi personali – dice il deputato Nasiyah – perché oggi è diventato più chiaro ai libici che nessuno vuole restaurare lo stato se non i libici stessi, quindi occorre dare priorità a un interesse superiore, concedersi alla patria e non ai personalismi”.

“È chiaro che non c’è un accordo e che ogni paese partecipante ha messo in fila i suoi punti di interesse mentre continua il ricatto di alcuni Paesi al nostro governo”, commenta con Formiche.net Ziyad Dugheim deputato della cirenaica vicino a Khalifa Haftar.

“Un ricatto in cambio del sostegno al progetto di stabilità della Libia presentato con la prosecuzione del piano pensato da tre Stati membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di insediare una persona specifica, insistendo sulle elezioni presidenziali in tempo rapido e senza la disponibilità di tutte le parti. Indisponibilità che si lega all’assenza di un ambiente di sicurezza adeguato”, aggiunge Dugheim che fa parte di un gruppo politico che ha sempre criticato l’istallazione a Tripoli di un governo operante anche per conto dell’Onu. Haftar aveva guidato le forze della Cirenaica contro il precedente esecutivo onusiano Gna presieduto da Fayez al Serraj.

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