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Da oggi l’Italia è in zona bianca, tranne la Val d’Aosta, e anche se la notizia è ottima, c’è ancora molta cautela tra gli esperti. Sta destando infatti particolare preoccupazione la cosiddetta variante Delta, quella che è comparsa a ottobre scorso in India e che poi si è diffusa in un centinaio di Paesi.

Tre sono le versioni attualmente più diffuse: B.1.617.1, B.1.617.2 e B.1.617.3. Come riporta Il Sole 24 Ore, secondo il Public Health England quasi tutti i casi di Covid-19 nel Regno Unito sono riconducibili a questo ceppo, più contagioso, che ha provocato un rimbalzo dei contagi. A Mosca anche è stata riscontrata questa variante nell’89,3% dei contagiati.

In Italia siamo, secondo il Cts, al di sotto dell’1% dei contagiati con questa variante. Con un picco del 3% in Lazio e alcuni focolai anche in Puglia e Lombardia, come racconta il Corriere.

In particolare, Mario Raviglione, professore ordinario di Salute globale presso l’Università di Milano, ha spiegato oggi all’Agi che “diversi studi indicano che questo ceppo (il Delta, ndr) sia più trasmissibile perché le mutazioni nell’ambito della proteina spike, che si lega alle cellule umane, sono tali da conferire al virus una maggiore aderenza, il che aumenta le probabilità che l’agente patogeno raggiunga l’organismo. Sembra poi che questa variante sia associata a una sintomatologia molto simile a quella del comune raffreddore, per cui le persone infette non sono portate a eseguire un test per Covid-19, ignorano la natura del loro malanno e potrebbero facilitare la trasmissibilità del contagio”.

“Dai dati preliminari sembra che la vaccinazione – ha continuato il professore – specialmente dopo il richiamo, sia in grado di proteggere contro la variante Delta, anche se con una percentuale di successo del 10-15 per cento in meno rispetto a quanto avveniva con il ceppo originale, almeno per quanto riguarda le dosi Pfizer”.

Questa variante altamente contagiosa e che ha sintomi simili a un comune raffreddore ha tutto il potenziale per diventare dominante in Europa ed è per questo che anche il tracciamento è fondamentale. È in questa direzione che il ministero della Salute ha deciso oggi di promuovere una nuova indagine rapida sulla presenza delle principali varianti del coronavirus (non solo indiana, ma anche inglese, brasiliana, sudafricana) e di altri mutanti circolanti.

“L’indagine sarà coordinata dall’Istituto superiore di sanità in collaborazione con le Regioni e Province autonome, e in particolare con i laboratori da queste ultime identificati”, si legge nel documento che precisa che verranno presi i campioni notificati il 22 giugno “corrispondenti a prime infezioni, da analizzare tramite sequenziamento genomico”.

Doppia dose di vaccino e tracciamento con nuovi test, sono gli strumenti che si stanno mettendo in campo per contenere la diffusione in Italia della variante del coronavirus. Il virologo Francesco Broccolo, dell’Università di Milano Bicocca e direttore del laboratorio Cerba di Milano, ha spiegato che i test in arrivo vanno alla ricerca della mutazione chiamata N501Y, presente in tutte le principali varianti finora note tranne che nella Delta. “L’assenza della mutazione N501Y in un tampone positivo farebbe immediatamente scattare il nuovo algoritmo diagnostico, che potrebbe prevedere l’immediata ricerca della variante Delta”, ha affermato il professore.

 

Variante Delta. Sintomi, rischi e nuovi test

Italia in zona bianca, ma con l’allerta per la variante Delta, altamente contagiosa e che si può manifestare come un semplice raffreddore. Nuovi test per il tracciamento, monitoraggio da parte dell’Istituto superiore di Sanità e vaccini sono gli strumenti messi in campo per limitarne la diffusione

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