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“Serve una prolungata de-escalation per costruire un’agenda più costruttiva”. È il cronoprogramma delle relazioni euro-turche secondo il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, in visita ad Ankara con la presidente della commissione europea Ursula von der Leyen. La ricetta per la Turchia è direttamente proporzionale alla densità dei temi in ballo tra Bruxelles ed Ankara, dal momento che sul tavolo non c’è solo la questione dei visti o delle provocazioni turche sul gas in Grecia e a Cipro. Si discute molto di migranti e geopolitica, con in testa la Libia e la Siria.

NEGOZIATI

Entrambi sono consapevoli che un’agenda positiva potrebbe portare benefici comuni, ma allo stato delle cose sono necessari ulteriori sforzi. Certo, la Turchia ha recentemente ribadito che fa parte dell’Europa e vede il suo futuro nell’Ue, aggiungendo che l’obiettivo dei progressi da raggiungere entro il 2021 è verosimile. Bruxelles in occasione dell’ultimo vertice dei leader dell’Ue del 25 marzo scorso ha precisato di essere pronta a rafforzare la cooperazione con la Turchia se “l’attuale allentamento sarà sostenuto”. Ma cosa c’è oltre alle dichiarazioni di intenti?

In primis il quadro internazionale fra i super players. Come osservato da Franco Frattini, presidente della Sioi, già ministro degli Esteri e commissario europeo, Draghi ha capito il legame strategico fra Italia e Turchia, per cui Joe Biden scommette anche su Roma per tenere Ankara nell’alveo Nato (anche se “in Libia e nei Balcani ormai siamo spettatori”). Il punto di svolta può essere proprio nella consapevolezza maturata dal leader turco: tra tumulti sul fronte interno e tensione con la Nato, Erdogan è in cerca di un momento di distensione. Biden ha colto questo passaggio e in Europa guarda a Mario Draghi per riallacciare i rapporti con Ankara. Anche per questa ragione i media turchi annunciano un imminente contatto telefonico tra Biden e Erdogan, probabilmente entro questo mese.

SALITE E DISCESE

Sul tavolo del dialogo euro-turco la liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi, una nuova intesa sull’unione doganale con l’Ue, il rinnovo dell’accordo sui migranti del 2016 e le procedure di adesione della Turchia all’Ue che si era bloccata in occasione delle tensioni a Evros, al confine con la Grecia. L’incontro secondo fonti diplomatiche non è un momento di negoziazione, ma è visto da Bruxelles come un’opportunità per definire le relazioni, che nell’ultimo anno hanno fatto registrare momenti complessi.

L’Ue ha condannato il recente ritiro della Turchia dalla Convenzione di Istanbul, carta che intendeva combattere la violenza contro le donne, oltre alla decisione dei pubblici ministeri turchi per chiudere il Partito Democratico dei Popoli (Hdp) filo-curdo di opposizione. Ma in un vertice di fine marzo, l’Ue si è impegnata a impegnarsi con la Turchia “a condizione che l’attuale allentamento sia sostenuto e che la Turchia si impegni in modo costruttivo”.

Ad oggi la Turchia ospita 6 milioni di migranti, di cui quasi 4 milioni siriani: ovvero 2 milioni in più rispetto al 2016. Dati che Ankara vuol far pesare in sede di negoziazione per il nuovo accordo.

Complice la crisi della lira turca, che ha fatto segnare il record negativo, il governo Erdogan ha capito che deve cambiare approccio verso l’Ue: ha lavorato per la ripresa dei colloqui con la Grecia su un confine marittimo contestato, si è detta pronta a sostenere gli sforzi di pace delle Nazioni Unite con Cipro stato membro dell’Ue, ha messo da parte almeno per ora le retorica guerrafondaia verso Atene e Nicosia, sfociata il mese scorso in minacce dirette contro il premier greco (“Conoscerai la pazzia dei turchi”).

Anche il numero uno della politica estera Ue, Josep Borrell, si è espresso in chiave ottimistica, osservando che l’ultima offerta Ue “potrebbe essere un nuovo capitolo nelle relazioni con la Turchia”. Certo, la “situazione resta fragile, ma l’UE accoglie con favore questi imminenti sviluppi e gesti da parte della Turchia e ha risposto tendendo la mano”. Ma l’Ue non farà un passo indietro alla voce gas: le sanzioni restano un’opzione se la Turchia dovesse riavviare l’esplorazione energetica “illegale” nel Mediterraneo orientale.

ARRESTI

Intanto non si fermano i provvedimenti interni contro gli oppositori del governo. La polizia turca ha emesso un mandato d’arresto per l’ ammiraglio in pensione Cem Gürdeniz, considerato il padre della dottrina della “Patria blu” e uno dei 104 ammiragli in pensione che hanno firmato una dichiarazione congiunta contro il Trattato d Montreux (1936). Gürdeniz e il 103 esortano il governo a non toccare il Trattato e a non prendere le distanze dai principi dello stato laico kemalista, implicando l’ infiltrazione dell’Islam nelle file delle forze armate turche.

twitter@FDepalo

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