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Pochi mesi. Tanto servirebbe al governo cinese per riportare un po’ di fiducia intorno all’economia del Dragone. Mai come in questi mesi, come raccontato a più riprese da Formiche.net, i grandi capitali, i mercati, gli investitori hanno voltato le spalle a Pechino e le sue borse, dando vita a un’onda lunga di vendite che hanno finito con il deprezzare le azioni. Tutto questo ha portato via ricchezza e avvicinato pericolosamente l’India alla Cina.

Eppure a Pechino qualcuno ha deciso che non è ancora tempo di gettare la spugna, alla stregua di quanto avvenuto con le piccole banche con il governo che ha deciso di rianimare in extremis gli istituti periferici, ormai moribondi. Poche ore fa, infatti, l’autorità di vigilanza del mercato azionario cinese ha alzato il livello di guardia, arrivando a promettere lo stop alle fluttuazioni anomale del mercato. Dopo il congelamento del vendite allo scoperto e la stretta sull’insider trading, ora la vigilanza cinese proverà ad attirare nuovamente più investimenti, con l’obiettivo dichiarato di riportare entro pochi mesi, il valore delle azioni corporate o istituzionali cinesi a un livello soddisfacente. Non certo quello attuale, ormai ai minimi da cinque anni.

Ma il mercato non ci crede, e questo è forse il vero problema. “Le mosse di Pechino per rafforzare la fiducia sono arrivate troppo tardi”, ha subito sentenziato Vishnu Varathan, capo economista per l’Asia ex-Giappone presso la Mizuho Bank. E infatti i mercati cinesi continuano in queste ore la loro volatilità degli scambi, riflettendo l’incertezza degli investitori (l’indice Hang Seng di Hong Kong è sceso dello 0,2% quando in Europa era l’alba di lunedì e quest’anno ha già perso circa il 9%”.

C’è di più. Lo scorso venerdì il portavoce del partito comunista ha pubblicato un articolo in cui dichiarava che la Cina era piena di “ottimismo”, circa il futuro dei mercati cinesi. Risultato? Nel giro di poche ore, le azioni sono crollate e gli utenti sulla rete hanno risposto con sarcasmo. Venerdì pomeriggio un senso di panico ha attanagliato gli investitori cinesi quando i principali indicatori sono crollati. Le azioni hanno rapidamente attenuato il calo, anche se l’indice Shanghai Composite ha comunque chiuso la settimana peggiore dal 2018. E proprio mentre le azioni crollavano, sulle piattaforme di social media cinesi, pesantemente censurate, gli investitori condividevano proprio quelle parole di ottimismo diffuse dal partito. No, il mercato non ascolta più il palazzo.

Pechino predica nel deserto. Così i mercati se ne infischiano del governo (cinese)

In queste ore dal partito comunista si sono susseguiti gli appelli alla calma e all’ottimismo, per tentare di ricostruire la fiducia perduta intorno alle Borse del Dragone. Ma è tutto vano, perché oltre a continuare a disinvestire, i risparmiatori si fanno beffe delle autorità

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