Skip to main content

Il Consiglio dei ministri ha appena dato il via libera allo schema di decreto legislativo che dovrà recepire in Italia la Direttiva Copyright, approvata oltre due anni fa. L’Unione europea ha appena aperto una procedura d’infrazione contro il nostro Paese (e un’altra ventina) per il ritardo nell’adozione del testo, che punta ad armonizzare il mercato digitale unico dell’Ue.

Il dettaglio, come già emerso nell’intervista di Formiche.net al professor Giuseppe Colangelo, è che la norma armonizza ben poco: stravolge sia la direttiva che la legge delega. Invece di un diritto degli editori a negoziare con le grandi piattaforme un compenso per la distribuzione dei loro contenuti, introduce un obbligo; in caso di disaccordo tra le parti dovrà intervenire l’AgCom, stabilendo un equo compenso, procedura non prevista dalla direttiva; se neanche dopo l’intervento dell’authority le parti ottemperano, entra in gioco il giudice ordinario.

Secondo l’avvocato Marco Scialdone, docente di Diritto e Gestione dei contenuti e servizi digitali all’Università Europea di Roma, disattende anche il parere del Comitato consultivo permanente italiano per i diritti d’autore, istituito presso il Ministero della Cultura, di cui fa parte.

Ci spieghi meglio.

Ci era stata sottoposta una norma completamente diversa da quella approvata oggi, quindi mi chiedo come mai sia stato fornito al Comitato (che è organo consultivo tecnico e ha espresso un parere formale) un testo che non si aveva alcuna intenzione di portare avanti in quella formulazione.  È molto singolare che non ci sia stato alcun dibattito né supervisione tecnica. Soprattutto perché è un unicum in Europa e ha davvero poco a che fare con il testo della direttiva.

Ora il testo andrà al Parlamento. In quella sede si potrà cambiare qualcosa?

Dubito, a meno che non ci siano le autorità europee a manifestare dubbi (eufemismo) davanti a un testo che non rispetta quello della direttiva. In mancanza di un intervento da Bruxelles, la maggioranza mi pare orientata a non discutere quello che arriva dal governo, salvo alcune battaglie legate all’identità dei partiti.

Quando lo schema di decreto legislativo che doveva introdurre le modifiche al Codice Privacy – per armonizzarlo con il  GDPR – arrivò alle commissioni parlamentari, ci furono dei correttivi, ma erano concordati con il governo. Oggi non mi pare che il clima sia quello.

Siamo la patria del contenzioso, una norma simile sarà impugnata subito.

Il rischio è che vengano coinvolte sia la Corte costituzionale, per l’eccesso di delega, sia la Corte di Giustizia dell’Unione europea, per violazione del diritto comunitario. È difficile non riscontrare un caso di gold plating, un eccesso di regolazione rispetto a quanto deciso a Bruxelles, una pratica che l’Italia si è impegnata a contrastare, anche nel Pnrr.

Se le parti non ottemperano alla decisione dell’AgCom e non stipulano il contratto, si va al giudice ordinario, sezione impresa.

Il testo lo precisa perché altrimenti si dovrebbe ricorrere al Tar essendo un provvedimento di un’autorità amministrativa. Invece come nel caso dei provvedimenti del Garante Privacy, la competenza è del tribunale civile. Naturalmente, nelle more del giudizio, si potranno esperire i procedimenti cautelari e inibitori per impedire la riproduzione dei contenuti sulle piattaforme.

Però un intervento del Tar non è escluso.

Già, perché l’AgCom nei prossimi mesi dovrà pubblicare un regolamento in cui precisa i criteri con cui determina l’equità del compenso. E immagino che ci saranno molti player che non si sentiranno tutelati visto che si parla di “storicità, posizionamento nel mercato”, concetti molto vaghi e che favoriscono gli editori già consolidati. Ci potrebbe essere qualcuno disposto ad impugnare il regolamento al Tribunale amministrativo per farne dichiarare eventuali vizi.

Un campo minato, insomma. Con quale obiettivo?

Leggendo lo schema di decreto si capisce che non è una norma che punta a un’applicazione generale ma scritta a favore di qualcuno (i grandi editori) e contro qualcun altro (Google, Facebook e Apple, in sostanza).

La battaglia viene da lontano.

Da quando nel 2014 la Spagna impose a Google di pagare gli editori per poter indicizzare i link di notizie e il gigante californiano chiuse il servizio News. Da allora, i gruppi di media tradizionali cercano un modo per costringere le Big Tech a rispettare le loro richieste, partendo da una posizione di forza: se in un singolo paese si può interrompere un servizio, non conviene farlo in 27, a meno di perdere il pregiato mercato europeo.

Solo che la legge italiana spacca il fronte, andando molto oltre rispetto alla direttiva, alle leggi già adottate (come quella francese) e alle bozze che ho potuto leggere (Germania, Belgio, Lussemburgo). Diventiamo una enclave, per cui un grande editore internazionale si troverà davanti due sistemi molto diversi in Italia e in Germania. L’opposto di quanto previsto dall’Unione europea con questa direttiva che mirava a favorire il mercato unico digitale.

Ma simile a quanto congegnato in Australia.

Sì, abbiamo introdotto a forza un pezzo del modello australiano ignorando i principi sottostanti: lì si parla di rapporti economici tra contraenti che hanno un diverso peso negoziale. Qui si parla, anzi non si sta più parlando, di diritto d’autore.

Il governo dà l'ok al decreto sulla Direttiva Copyright. Cosa non funziona secondo Scialdone (UER)

Il Consiglio dei ministri ha approvato lo schema di decreto che recepirà la Direttiva Copyright. Un testo scritto per favorire i grandi editori e colpire gli Over The Top, che si discosta molto da quanto previsto a Bruxelles e dagli altri Stati Membri. Per l’avvocato Marco Scialdone, professore all’Università Europea di Roma, è stato ignorato anche il parere del comitato sul diritto d’autore

Chi è il prefetto Alessandra Guidi, nuovo vicedirettore del Dis

Roberto Baldoni scelto dal premier Draghi come direttore dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale. Al suo posto al Dis arriva il prefetto Alessandra Guidi

Chi è Roberto Baldoni, il nuovo cyber zar di Draghi

Roberto Baldoni sarà il direttore della nuova Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn). Il Consiglio dei ministri ha nominato il professore che lascia la vicedirezione del Dis. Tra le massime autorità italiane in materia cyber, è stato l'”architetto” del Perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, che continuerà a costruire nei prossimi mesi

Delta e monoclonali, i dubbi di un sì-vax. Botta e risposta Burioni-Crosetto

Nonostante la doppia dose Pfizer, il coordinatore di Fratelli d’Italia ha contratto la variante Delta del Covid. I dubbi sull’efficacia del vaccino? “Non sono un no vax”. La strada dei monoclonali e il botta e risposta con Burioni

Nucleare e regioni ribelli. Le sfide dell'Iran di Raisi secondo Perteghella

Secondo Perteghella (Ecco), per la presidenza Raisi restano in piedi tutti i problemi del passato, ma l’Iran si trova anche davanti questioni complesse che riguardano il clima e la transizione energetica che ruotano molto attorno ai negoziati sul Jcpoa, sebbene il regime voglia cercare di spingere l’economia di resistenza

G20 Digitale? L’Italia è l'hub naturale per la connettività sottomarina. Parla Ascani

Il cavo Blue Raman (Google-Sparkle) rappresenta “un’iniziativa preziosa per il nostro Paese”, spiega la sottosegretaria al Mise a “Formiche” a margine del G20 innovazione di Trieste

La Difesa si fa più cyber. Investimenti e formazione per il multi-dominio

Nel nuovo Documento programmatico pluriennale (Dpp) della Difesa emerge più forte l’impronta della strada verso il concetto di “multi-dominio”. A segnare l’evoluzione è soprattutto il dominio cyber, abilitante per tutti gli altri e per i maggiori programmi in campo militare

dimissioni zingaretti potere

Zingaretti, gli hacker e la sindrome del Gattopardo. Scrive Mayer

Esisteva un piano emergenziale della regione Lazio per reagire a un maxi-attacco cyber? E il backup dei dati era stato adeguatamente segregato? Ci sono ancora diverse domande che attendono una risposta dal governatore Nicola Zingaretti. Il commento di Marco Mayer

Berlusconi, l'uomo che sussurrava al centrodestra. La bussola di Ocone

Paradossalmente, è proprio dal vecchio leader che ci si può attendere quel “di più” che alla coalizione del centrodestra è finora mancato e che Salvini e Meloni per forza di cose, in quanto leader dei due partiti maggiori in legittima competizione fra loro, non hanno la possibilità di mettere in campo: la capacità di far sì che ci si ritrovi in un “terzo comune”. La bussola di Corrado Ocone

russiagate, FBI

Anche l’Fbi lavora al caso Lazio. Ecco come i federali affrontano il ransomware

Oltre all’Europol, anche l’Fbi collabora alle indagini della Polizia Postale. La minaccia del ransomware è paragonabile alla sfida del terrorismo globale nel post 11 settembre, sostiene il direttore Wray. E il capo del cyber ha chiesto al Congresso una legge per punire chi paga riscatti

×

Iscriviti alla newsletter