Skip to main content

I governi di Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Stati Uniti hanno condannato con un comunicato congiunto la prolungata offensiva degli Houthi contro la città yemenita di Marib – che “ha aggravato la crisi umanitaria” – e la grande escalation di attacchi che gli Houthi hanno condotto e rivendicato contro l’Arabia Saudita. I cinque confermano sforzi diplomatici per porre fine al conflitto nello Yemen, a sostegno dell’inviato speciale delle Nazioni Unite, con l’Arabia Saudita, e con l’Oman che porta avanti la mediazione anche con la Repubblica islamica. Sono “la migliore speranza per porre fine a questa guerra”, scrivono mentre esortano gli Houthi a “cogliere questa opportunità di pace e porre fine all’escalation in corso”. La spinta arriva insieme a rumor su un dialogo diretto aperto tra Usa e Houthi.

L’esercito yemenita sta cercando di contenere l’offensiva dei ribelli nordisti (che in realtà da tempo hanno assunto una dimensione statuale), perché la caduta di Marib sarebbe un passaggio critico per la guerra. L’azione di respingimento è sostenuta dalla coalizione guidata dai sauditi, che dal 2015 sta cercando di sopraffare gli Houthi – un’operazione che si configura in parte tra le guerre per procura, dato che gli yemeniti hanno collegamenti con i Pasdaran iraniani; mentre nell’idea iniziale di Riad c’era di intervenire in Yemen come test iniziale di una sorta di “Nato Araba” pensata per il contenimento di Teheran. Se sul fronte saudita ci sono stati attacchi in cui non c’è stata discriminazione dei bersagli civili/militari, sull’altro gli Houthi sono colpevoli di atrocità contro gli abitanti dei territori conquistati.

La grande offensiva è su tre fronti: su Marib, nel centro, le truppe regolari hanno respinti un assalto dei ribelli; a Taiz, nel sudovest, le forze armate yemenite hanno rafforzato il controllo di posizioni strategiche, unendosi con i separatisti del sud, e rafforzati da una mobilitazione generale contro gli Houthi; nel Governatorato di Hajjah, nel nord-ovest del Paese, dove l’obiettivo è tagliare le vie di comunicazione che dalle retrovie settentrionali portano rinforzi all’organizzazione ribelle.

Expartibus.it sito italiano che segue costantemente le evoluzioni in Yemen – dà un’ulteriore informazione interessante: citando media locali, riporta che Abdul Aziz Bin Habtour, l’ex governatore di Aden divenuto capo del governo non riconosciuto dei ribelli Houthi che controllano Sanaa, sarebbe fuggito da due giorni dalla capitale per passare al governo legittimo, mentre gli Houthi hanno smentito sostenendo che si trovi ricoverato in ospedale colpito da Covid-19. La sparizione di Bin Habtour potrebbe indicare segnali di debolezza del gruppo?

La situazione nel Paese è disperata, come racconta anche un recente reportage della CNN, concentrato soprattutto sull’enorme numero di cittadini che soffre letteralmente la fame. Gli Stati Uniti, dopo aver tolto gli Houthi dalla lista dei terroristi, hanno ripreso l’invio di aiuti nelle aree controllate sai ribelli. Ma la popolazione continua a subire gli interessi esterni che ruotano attorno alla guerra in Yemen. Dove i Pasdaran usano il terreno per spingere gli Houthi all’azione per destabilizzare anche da questo lato i tentativi di ricomposizione del dossier iraniano; gli Houthi che sfogano la reazione di controffensiva saudita colpendo Riad e i porti petroliferi (producendo danni al mercato globale del greggio e un aumento dei prezzi del petrolio). Le potenze internazionali che provano la complicatissima via diplomatica – alla quale entrambe le parti sanno di dover sottostare prima o poi, quantomeno per sfinimento, ma vogliono cercare di sedersi al tavolo da reciproche posizioni di forza.

Cosa succede in Yemen, mentre l’Italia (e non solo) chiede lo stop alle armi

Cinque governi occidentali chiedono lo stop della guerra e degli attacchi contro l’Arabia Saudita, mentre le forze regolari yemenite respingono gli Houthi su tre fronti. Intanto scompare il capo del governo dei ribelli…

La scuola è libertà. Il monito del papa dall’Iraq che vale per tutti

Di Angelo Lucarella

“Mosul… è come un seme, se lo curi, gli dai acqua, gli dai un buon ambiente in cui vivere, sboccerà un giorno”. A dirlo è stato il prof. Alì Al Baroodi in Iraq durante la visita del pontefice. È un sogno geopolitico? Non tanto se si considerano i dati, gli interessi in gioco, ma prima di tutto la dignità delle persone. Dignità che passa dal sapere e dal lavoro il cui fine ultimo è (o dovrebbe essere) la libertà. E senza scuola (in qualunque declinazione essa si voglia intendere) non c’è libertà che tenga. L’intervento di Angelo Lucarella, avvocato e vice presidente coord. commissione Giustizia del Mise

Agnelli

Quando c'era Gianni Agnelli. Il ritratto di Paolo Bricco

Oltre alla pur significativa e a tratti imprescindibile aneddotica, sono numerose le lenti attraverso cui guardare alla vita di Gianni Agnelli, figura indimenticata e indimenticabile del Novecento italiano, nato esattamente 100 anni fa a Torino e morto nel gennaio del 2003 sempre nel capoluogo piemontese. Formiche.net lo ha ricordato in questa conversazione con la firma del Sole 24 Ore e scrittore Paolo Bricco

vaccino covid

Da AstraZeneca a Pfizer, quale vaccino possiamo (o dobbiamo) fare

Sono quattro i vaccini autorizzati dall’Ema, ma non sono tutti uguali. Percentuale di efficacia, somministrazioni necessarie e modalità di conservazione li rendono tutti differenti. Ma solo le autorità competenti possono valutare (e decidere) a chi somministrarne uno piuttosto che un altro

I grattacapi di Merkel e Cdu alla vigilia delle elezioni

Angela Merkel è in difficoltà, i ministri del suo governo sono molto criticati. La sorveglianza (poi revocata) all’AfD ha scatenato l’opinione pubblica. Lo scandalo mascherine ha spaccato la Cdu. Ecco come la Germania arriva alle elezioni regionali

Transizione ecologica. Il peso dei rifiuti radioattivi e la strada del buon ambientalismo

Di Nunzio Ingiusto

L’Italia segna un ritardo sull’accordo per smaltire in un Paese europeo i residui più radioattivi oltre che sulla necessità di tracciare ogni tipo di scorie. La scelta del sito per il deposito nazionale deve entrare in uno schema culturale di autentica sostenibilità senza pregiudizi e sovrastrutture ideologiche. Una partita che il buon ambientalismo deve saper giocare, per non cadere nei tranelli di una illusoria decrescita felice

La Norvegia, la tempesta di neve e il tempo. Il viaggio continua

Due giorni di tempesta hanno stracciato le strade dalle carte geografiche, e il Saltfjellet è rimasto chiuso. Fino a queste strane giornate ho sempre considerato la lingua italiana più povera perché usa la stessa parola, tempo, sia per l’orologio che per il cielo. Invece siamo avanti perché a queste latitudini il tempo che scorre sul quadrante è strettamente correlato con quello che corre in cielo

Stasera prima riunione del Quad. Tensione a Pechino

Il dialogo quadrilaterale tra Australia, Giappone, India e Usa può diventare la più grande spina nel fianco della Cina

È arrivato Biden e… per Huawei è anche peggio

L’amministrazione Biden ha deciso nuove restrizioni sul 5G di Huawei inasprendo la linea Trump. E anche l’India, dopo Australia e Giappone, potrebbe presto bandire le società cinesi

catalogna

Perché io, leghista, ho scelto di difendere gli eurodeputati catalani

Di Gianna Gancia

“La ragione per la quale, orgogliosamente, ho votato contro è che gli Stati nazionali devono sempre rispettare i diritti dei cittadini e i diritti dei popoli”. L’intervento di Gianna Gancia, europarlamentare della Lega

×

Iscriviti alla newsletter