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“La guerra la vince chi non la fa”. Nicola Piepoli si affretta a precisare: “Non sono mica diventato pacifista, è che io, la guerra, l’ho vissuta”. In verità il decano dei sondaggisti italiani parla di una battaglia che non si combatte con fucili e cannoni, ma a carte bollate, caminetti, sussurrii e veleni di corridoio.

Quella che da due settimane tiene in stallo il Movimento Cinque Stelle, sospeso fra Giuseppe Conte e Beppe Grillo, il quasi-capo e il fondatore-guru. Prima sull’orlo di una scissione, ora impegnati in una difficile, tortuosa mediazione per riscrivere da cima a fondo uno statuto che vada bene a entrambi.

Mentre prosegue il lavorio dei pontieri, Piepoli ha già puntato la sua fiche. “Da questa contesa esce vincitrice una sola persona: Luigi Di Maio. Da bravo ministro degli Esteri qual è, si impegna per la pace, anche nel Movimento. Ha capito che a forza di farsi la guerra Grillo e Conte perdono entrambi. Il Movimento si sgretola e il partito di Conte neanche nasce, va tutto in frantumi”.

Un suo sondaggio ha scosso non poco il mondo contiano in questi giorni. Se si va al divorzio, come nella più classica separazione dei beni, l’ex premier si prende la metà esatta dei consensi grillini fotografati dalle ultime stime, cioè l’8%. Non un voto in più. “Chiariamoci, il partito di Conte esiste, ma al di fuori del Movimento vale questo. Di Maio, che è un problem solver, sta provando a spiegarglielo: Conte e Grillo, volenti o no, devono arrendersi alla pace. Se continuano così, fra i due litiganti gode qualcun altro”.

Poco importa se l’ex premier deve rinunciare al progetto di un grande campo progressista, “questi sono sogni, pure quisquiglie, se non trovano unità è inutile parlare di alleanze, perché un partito così dilaniato è estraneo alla governabilità”. La faida nel Movimento, avvisa Piepoli, può innescare una reazione a catena, “da uno scontro frontale fra i due leader perdono tutti, a cominciare dal Pd”.

È la strana fotografia di un sistema politico che, da quando Mario Draghi è atterrato a Palazzo Chigi lo scorso febbraio, vive di un’instabile stabilità, con i partiti costretti a muoversi dentro uno stretto recinto. “I sondaggi parlano di un grande stallo. Basta vedere i consensi: i primi tre partiti, Pd, Lega e Fratelli d’Italia, seguiti a poca distanza dal Movimento, sono tutti intorno al 20%. Anche la Meloni inizia a rallentare la sua crescita”.

Stabile è anche il consenso intorno a Draghi, ormai sulla rotta per affiancare Conte nei sondaggi. “Gli italiani tifano per Draghi, dunque per la stabilità. E questo, ve lo garantisco, non è un trend volatile nell’opinione pubblica. Durerà tutto il tempo in cui Draghi resterà a Palazzo Chigi. Siamo all’uscita di una terribile pandemia, dobbiamo ancora iniziare la ripresa economica. E dall’Europa è arrivato un messaggio chiaro: chi sta con Draghi si salva”. E allora rotta al 2023. Chissà se, a quel punto, l’ex presidente della Bce non decida una discesa in campo, magari con un partito suo. Piepoli ci riflette, poi tira un sospiro. “Saprà lui la sua strada. A mio parere, Draghi ha un solo futuro: restare Mario Draghi, cioè se stesso, senza etichette esterne. Basta e avanza”.

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