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Aveva promesso di dedicare solo poche parole alla politica estera nella sua relazione annuale all’Assemblea federale (ovvero la Duma e il Consiglio della Federazione), Vladimir Putin, ed è stato di parola. Non vi sono state grosse novità in quel senso, se non riaffermare i cardini di una politica estera che spesso assume movenze e parvenze decise e minacciose, ma in realtà più dedicata a tatticismi e reazioni che a una visione strategica generale del ruolo di Mosca nel mondo.

A essere centrali nel discorso di Putin sono stati i problemi sociali che attanagliano la Russia, nell’ultimo anno aggravatisi con la pandemia. E proprio al coronavirus sono stati dedicati i primi minuti della relazione, con il presidente che ha sottolineato la necessità di continuare con la campagna vaccinale e di intensificare gli sforzi, indice delle difficoltà presenti nella buona riuscita, ostacolata da teorie complottiste promosse da vari attori (da alcune frange religiose a comitati di genitori no-vax e anti-Dad) e da una certa sfiducia verso il vaccino “russo”, nonostante lo Sputnik V abbia dimostrato di funzionare bene, né più né meno degli altri preparati.

I provvedimenti annunciati da Putin per affrontare la questione sociale sono tutti incentrati sulla famiglia. Un approccio non nuovo, e dettato non solo dalle posizioni del presidente, da sempre vicine a un certo tipo di conservatorismo compassionevole, votato a fornire periodicamente dei sussidi di breve, brevissima durata, nei momenti di difficoltà.

Questa volta si annuncia un programma di sostegno a quei nuclei familiari formati da un genitore e uno o più bambini, molto diffusi in Russia, con sussidi mensili di 5650 rubli (circa 62 euro) per la fascia 8-16 anni, 6350 rubli alle donne in maternità che si trovano in condizioni difficili economicamente e un pagamento una tantum di 10000 rubli (circa 109 euro) a tutte le famiglie con bambini in età scolare, previsto per metà agosto.

Proprio il periodo indicato fa pensare a una scelta non casuale, in prossimità delle elezioni alla Duma di settembre, i cui sondaggi al momento non sembrano sorridere a Russia Unita, partito del presidente. Un tentativo anche di rispondere allo scollamento sempre più crescente tra il sistema politico e le nuove generazioni, accusate negli ultimi mesi di essere il principale sostegno per Navalny. In questo senso, anche il passaggio su circa il 60% di possibilità per le nuove matricole di usufruire dell’accesso gratuito all’università va interpretato nella direzione di contenere il malcontento.

Sulla politica estera Putin è stato breve, e in sostanza non è emerso nulla in grado di prospettare radicali cambi di scenario. Il riferimento ai tentativi di regime-change, realizzatisi e non, e a Yanukovich, Maduro e Lukashenko ribadiscono l’orizzonte ideale (e geopolitico) del Cremlino, e servono anche ad aggiungere ulteriore materiale nella lunga partita che si gioca con Washington DC. Partita dove le carte sono tante – Ucraina, Medio Oriente, North Stream 2, solo per citarne quelle al momento più scottanti – e dove non sono scontate le ulteriori mosse dei giocatori al tavolo.

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