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Niente da eccepire sulla eccellente preparazione e sul gran lavoro che sta svolgendo il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. Sono con lui quando ci dice, a noi soldati della scuola impegnati al “Fronte”, che ci saranno fondi per la nuova edilizia scolastica, strutture per lo sport, mense, le classi non pollaio, ecc. Del resto, anche noi, “lavorai” (crasi inventata dall’avanguardista marxista Lajos Kassák) della scuola, lo diciamo da qualche anno, e, ora, non ci sentiamo più soli.

Non riesco, però, a seguirlo del tutto, e gli chiedo scusa, sulla nuova formula dell’esame di Stato, che, a mio avviso, si è trasformato, dall’edizione 2019-20, causa pandemia, da esame a esamino di Stato. Se l’anno passato poteva passare (licenza anaforica) la “maturità” senza gli scritti per via della docenza non in presenza, quest’anno forse, e dico forse, con la dovuta gentilezza e il dovuto rispetto, bisognava pensare a un esame scritto in presenza.

Certo, si fa notare, che i diplomandi hanno consegnato uno “scritto”. Ossia una “tesina” chiamata a provare le loro conoscenze/competenze necessarie per entrare nel mondo del lavoro o in quello universitario. Da quel che ho visto, da quanto mi viene riportato da più fonti, da diverse regioni, tali lavori preparati a casa, non di rado, esibiscono deboli coordinate da lavoro originale. Insomma, saremmo (il condizionale è d’obbligo), per molti casi, sul versante dell’ “ispirato a” e, poi, del legittimo “imparato a memoria”.

Annullare il saggio/tema in lingua italiana è da considerarsi positivo? Abolire la prova di matematica e fisica per i licei scientifici e le traduzioni dalle lingue classiche o moderne per i licei classici e linguistici, come le altre prove di indirizzo, da sempre svolte in classe nell’esame finale, e spostare tutto sulla prova orale, è garanzia di prova formativa atta a verificare conoscenze e competenze?

Sino a due anni fa la prova degli scritti, che attendeva il diplomando, era la motivazione che spingeva allo studio tutti: i meno attenti per superare l’esame con un voto dignitoso, i più studiosi per una sana competizione. Ciò è venuto a mancare.

Da quando è stata soppressa la prova di italiano diversi studenti, durante l’anno, non si presentano al compito in classe di italiano, adducendo a giustificazione visite mediche, malattie, problemi familiari, corse dei bus soppresse, ecc. Secondo i dati Ocse Pisa 2018 l’Italia, per le competenze linguistiche dei nostri studenti nella madre lingua, è al quint’ultimo posto, dopo 17 Paesi europei; precede solo Malta, Cipro, Bulgaria e Grecia.

Altro ragionevole dubbio: l’attuale commissione d’esame è la migliore possibile? Sino a due anni fa la commissione era formata da quattro membri esterni, incluso il presidente, e tre membri interni. Dal 2019, causa Dad, la commissione, è composta da sei docenti interni e da un presidente esterno. Qualcuno, legittimamente, solleva il dubbio della non obiettività nel valutare gli alunni solo da parte dei “loro” professori.

I membri esterni garantivano una certa equità: evitavano che, in alcuni casi, il membro interno fosse troppo benevolo nella conduzione dell’esame e nel giudizio (eccesso di simpatia, troppo affetto; amicizie consolidate negli anni tra docenti e familiari, ecc.); oppure, ostile (antipatia del docente verso l’alunno o la famiglia, ecc.). La storia degli esami ci dice, peraltro, che sovente i membri esterni corrono in soccorso di studenti (che non conoscono) poiché ritengono il giudizio del professore interno eccessivamente severo (appunto viziato da leggere sentine di antipatia/risentimento, che non dovrebbero emergere in un vero docente).

Ma eccoci all’assurdo kafkiano che si sta verificando con il nuovo esame. Risiede nelle competenze dell’unico membro esterno, ossia del presidente. Ci dicono di alcuni presidenti con formazione e competenze davvero lontani dal tipo di corso in cui sono stati chiamati a svolgere il ruolo di garante scientifico dell’esame.

Qualche esempio? Docente di matematica di liceo scientifico inviato a fare il presidente in un liceo linguistico. Docente di greco e latino come presidente in un istituto tecnico. Un prof. di musica di secondaria di primo grado è presidente in un tecnico per il turismo. Un I.T.P. (acronimo di: insegnante tecnico pratico) catapultato come presidente in un liceo scientifico.

Il presidente fuori contesto passa le ore al computer, a svolgere le mansioni di segretario. Spesso ottimamente. I membri interni interrogano e valutano i “loro” ragazzi. Il diploma è servito. Legittimo, ineccepibile, statale. Soppressione della prova nella lingua madre; commissione interna; presidente non funzionale. Noi italiani siamo imbattibili: sappiamo vincere anche con tre autogol.

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