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Un protocollo congiunto per la creazione di una centrale elettrica in Libia e un memorandum d’intesa per altre tre centrali elettriche; un altro per costruire un nuovo centro commerciale a Tripoli e la Circonvallazione della capitale; un accordo per la cooperazione strategica nel settore dei media; uno per la lotta al coronavirus; un’intesa sull’aumento del volume degli scambi bilaterali a 5 miliardi di dollari all’anno; l’avvio dei colloqui per ravvivare un progetto ante-gheddafiano di un nuovo terminal passeggeri all’aeroporto di Tripoli (oltre a quello già in mano al consorzio italiano Aenas); la conferma della cooperazione in ambito militare, ma anche una nuova sul campo della formazione dei diplomatici; la conferma del congiungimento delle fasce Zee (su cui diversi paesi del Mediterraneo avevano già protestato); il calendario per il ritiro dei miliziani siriani che hanno assistito la Tripolitania dall’aggressoine haftariana.

La visita del Governo di unità nazionale libico in Turchia non è stata solo una passerella simbolica di ministri — 14, più altri diversi leader istituzionali, guidati dal premier onusiano ad interim Abdelhamid Dabaiba. O meglio: è stato anche quello, ma l’incontro con il presidente Recep Tayyp Erdogan e il suo gabinetto esecutivo è stato operativo, parte di una pianificazione strategica della Libia del futuro. Dossier tra quelli in cui la Turchia intende giocare un ruolo da attore protagonista.

“Per quanto riguarda gli accordi firmati tra i due Paesi, in particolare quelli marittimi, confermiamo la validità dei quadri sui quali sono stati costruiti questi accordi e che realizzano gli interessi di entrambi i paesi, allo stesso tempo spingiamo verso un dialogo mediterraneo in cui i paesi interessati discutano su come raggiungere l’interesse di tutti”, ha detto Dabaiba parlando, a fianco a Erdogan, delle intese strette dal precedente governo (il Gna, anche quello attivo sotto egida Onu). La questione delle Zee è la più simbolica: proiezione turca al centro del Mediterraneo che taglia gli interessi greci, si staglia davanti all’Egitto, intralcia anche l’Italia — mentre, come confermato dagli incontri tra i ministri dell’Energia, per i turchi l’interesse è anche nell’assicurarsi contratti per l’esplorazione di porzioni dell’off-shore libico potenzialmente ricche di gas come quelle davanti all’Egitto (e a Cipro e Israele). Dabaiba ha parlato della necessità di convocare una conferenza regionale sul Mediterraneo orientale per andare oltre allo schema del Forum diplomatico esistente — linea con cui la Turchia vuole essere inserita nel sistema esistente.

Simbolica la data del vertice, per un incontro pianificato da tempo su cui la calenderizzazione ha tenuto conto del Ramadan Mubarak — come a dimostrare che i due Paesi intendono anticipate insieme l’avvio del periodo annuale sacro dell’Islam col saluto conclusivo dei due leader. Un aspetto importante (quest’anno più che di solito) è che la festività ha fatto anche da vettore per messaggi geopolitici. Oltre all’incontro turco-libico infatti, il Ramadan è stato occasione per una conversazione tra Egitto e Turchia: telefonata di auguri tra rispettivi ministri degli Esteri. Contatto identico tra Doha e Cairo. In un periodo normale sarebbero chiamate di routine diplomatica, ma dopo la diatriba del Golfo e in mezzo alle spaccature intra-sunnismo segnano altri pezzi del puzzle di riassestamento delle relazioni uscito dalla riconciliazione di Al Ula. Effetto anche degli interessi di stabilità richiesti dalla Casa Bianca, che certamente si ripercuotono anche in Libia, teatro che di quelle divisioni era diventato sfogo armato. Simbolico che Dabaiba sia stato ospitato negli Emirati qualche giorno prima di andare in Turchia — mentre Ankara e Abu Dhabi, un tempo nemiche anche sui fronti di Tripolitani e Cirenaica, si annusano, scettiche a distanza.

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