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Non si combatte nei campi di battaglia o nei cieli, bensì tra Paesi considerati nemici di questa o quella moneta e del sistema valutario di riferimento. Succede, per esempio, tra gli Usa e Taiwan, dove sembra esserci un rapporto a due velocità, su due livelli ben diversi, con l’ombra di una Cina sempre più aggressiva verso l’isola.

Tutto parte dal calo della moneta nazionale, il dollaro di Taiwan, improvvisamente deprezzato a 28 dollari americani a causa dell’imminente inserimento di Taipei, da parte del Tesoro Usa, nell’elenco dei governi manipolatori di valuta. Si tratta di quella lista che Washington aggiorna costantemente nella quale figurano le nazioni che cercano deliberatamente di svalutare le loro monete rispetto al dollaro statunitense per avere il sopravvento nel commercio e dunque una bilancia in netto surplus.

Una mossa però curiosa, come racconta oggi il Financial Times, essenzialmente per una ragione: l’impegno americano a difendere Taiwan dalle mire di Pechino (ieri notte 25 aerei dell’aeronautica cinese, inclusi 18 caccia e 4 bombardieri con capacità nucleare, sono entrati nella zona di identificazione della difesa aerea di Taiwan). E questo nonostante l’isola rappresenti oggi la prima industria globale nella fornitura di semi-conduttori, cosa che per gli Stati Uniti è diventato un problema strategico. I giochi per l’iscrizione di Taiwan nella lista dei manipolatori di valuta sembrano comunque fatti. Già domani l’amministrazione di Joe Biden includerà Taiwan nell’elenco. La decisione era nell’aria, visto che lo stesso Yang Chin-long, governatore della banca centrale di Taiwan, aveva più volte ammesso la possibilità che Washington potesse compiere questo passo.

A questo punto potrebbero cambiare delle cose tra Washington e Taipei. Molti analisti, per esempio, hanno avvertito che eventuali dazi imposti alle esportazioni di Taiwan a seguito dell’iscrizione nella lista potrebbe danneggiare i rapporti commerciali in essere nel sud-Est asiatico. E pensare che lo stesso Biden ha cercato di rafforzare i rapporti diplomatici con l’isola anche in risposta alle recenti incursioni dell’esercito cinese nella zona della difesa aerea di Taiwan.

Ma proprio con la Cina, il polso americano sembra essere diverso. Come riportato da Bloomberg, il segretario al Tesoro degli Stati Uniti Janet Yellen non accuserà la Cina di manipolare lo yuan nel suo primo rapporto semestrale sui cambi. Il documento, non ancora finalizzato, dovrebbe essere approvato il prossimo 15 aprile, anche se non è chiaro quando il dipartimento lo pubblicherà. Insomma, la Cina sfuggirà, almeno per ora, allo stigma subito in passato e che ora tocca all’isola.

C’è però un altro fronte, ben lontano dallo scacchiere Cina-Taiwan-Russia. Ma sempre di moneta si tratta. Il rublo russo è stato infatti duramente colpito dalle crescenti tensioni geopolitiche tra Russia e Ucraina, in particolare dal rafforzamento militare di Mosca al confine, cosa che ha scatenato una seria prospettiva di nuove sanzioni statunitensi. La valuta russa è scesa di quasi il 5% nell’ultimo mese, toccando il minimo da cinque mesi (77 dollari) e portando il calo annuo al 30%. E pensare che gli analisti si aspettavano che il rublo si riprendesse nel 2021 dopo aver perso molto terreno causa crisi da Covid e crollo del prezzo del petrolio. Ma a quanto pare i mercati si aspettano nuove sanzioni americane.

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