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C’è la moral suasion a stelle e strisce dietro le strette di mano diplomatiche andate in scena ieri tra Grecia e Turchia: certo, è solo un primo passo, ma diretto nell’ottica della nuova visione che Joe Biden ha dell’Europa e in particolar modo dello snodo euromediterraneo, dove i dossier caldi sono tutti intrecciati. Difficile non leggere nelle policies Usa un comune denominatore tra i vari players sia in Libia, che in Siria e quindi nel dossier energetico nell’Egeo e a Cipro. Un primo risultato oggettivo c’è già: l’incontro tra il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan che si terrà a Bruxelles il 14 giugno.

QUI ATENE

Un primo passo nello sforzo per una de-escalation nell’Egeo e nel Mediterraneo orientale, dopo quasi un anno e mezzo di tensione costante, si è registrato ieri ad Atene. Se queste premesse avranno successo lo vedremo dall’incontro che il primo ministro Kyriakos Mitsotakis e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan terranno a Bruxelles il 14 giugno, a margine del meeting Nato, lì dove prima Erdogan e Mitsotakis vedranno in separati momenti Joe Biden che verosimilmente li “guiderà”.

Ieri il ministro degli esteri turco è stato ricevuto dal premier greco: toni bassi e sostanziale convergenza nella direzione di trasmettere un messaggio di dialogo, così come prescritto da Washington. Fonti diplomatiche fanno sapere che l’esistenza di differenze e disaccordi tra i due Paesi non è un ostacolo alla prosecuzione del dialogo. Va ricordato che la Turchia si è trovata in una posizione complessa, perché dallo scorso anno ha intensificato eccessivamente il suo confronto con la Grecia, a partire dalla strumentalizzazione dell’immigrazione a Evros, per provare ad andare a dama nel dossier energetico, fermata da Parigi e Washington. Atene ha replicato con una scelta tattica, per usare le parole del Ministro greco per gli Affari Ue, Miltiades Varvitiotsis: “Europeizzare le questioni bilaterali e porre il tema turco in ogni vertice del Consiglio europeo: così si è messa molta pressione su Ankara”.

QUI TURCHIA

Cosa hanno da guadagnare i due contendenti dalla mediazione americana? La Turchia è consapevole di non navigare in acque finanziarie tranquille. La geopolitica fino ad oggi ha giocato un ruolo molto più della finanza secca: nel frattempo le mosse spericolate di Erdogan non hanno causato il default in Turchia, anche se il filo potrebbe spezzarsi presto. Il riferimento è alla crisi costante della lira, all’inflazione alle stelle, al quarto membro della banca centrale licenziato: nonostante tutto ciò, il governo continua a spendere in difesa, infrastrutture e mega progetti (come il raddoppio del ponte di Istanbul) protetto dall’ombrello degli equilibri internazionali.

Ma fino a quando? Inoltre la concomitanza di altri dossier, diversi geograficamente ma connessi geopoliticamente, ha un peso specifico preciso. Le diatribe in Libia sono tornate in cima all’agenda americana nel Mediterraneo, così come la partita per l’Afghanistan dove Erdogan sta giocando un’altra sua personalissima partita. Punta a rimanere come principale leader straniero ed influente nel “dopo Nato”: ufficialmente per garantire la sicurezza dell’aeroporto di Kabul, ma sostanzialmente per essere primus nella eventuale missione di peacekeeping. Inoltre Ankara potrebbe dire sì all’espulsione dei tecnici russi esperti dell’S-400 dal suo territorio nel tentativo di preparare il terreno per l’incontro Erdogan-Biden.

SCENARI

La Grecia sta già beneficiando dell’ombrello Usa con una serie di effetti a catena derivanti dall’accordo siglato lo scorso anno dall’allora Segretario di Stato Mike Pompeo nel settore della difesa. È giunta la nuova offerta da Washington ad Atene per 4 nuove fregate più l’ammodernamento di altre 4 al costo di 6 miliardi di dollari. Ad Atene è stato in questi giorni il direttore degli armamenti esteri della Marina degli Stati Uniti, oltre ai dirigenti della “Lockheed Martin” per incontri riservati.

Ma l’ultimo capitolo delle fruttuose relazioni ellino-americane parla di una sorta di fortezza Usa al centro dell’Egeo con “vista” su Medio Oriente e Balcani che rientra nel rinnovo dell’Accordo di Mutua Difesa di Cooperazione Grecia-Usa (MDCA), per incrementare le basi elleniche in uso americano. Oltre a Souda, Stefanovikeio, Larissa e Alexandroupolis, si discute della presenza costante o rotante in altre quattro località al fine di installare un mega radar in un’isola dell’Egeo, Skyros la candidata. Il sistema di sorveglianza tecnologicamente avanzato sarà completato entro il 2022 per creare una fortezza Usa al centro dell’Egeo con “vista” su Medio Oriente e Balcani.

twitter@FDepalo

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