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Bruxelles ha in progetto di aumentare le difese del mercato singolo europeo. Mercoledì la Commissione europea ha pubblicato una bozza di legge che mira a combattere le “sovvenzioni estere distorsive”, ossia i sussidi statali accordati dai governi stranieri alle proprie aziende che finiscono per danneggiare i prodotti delle realtà europee.

“I vantaggi ingiusti concessi tramite sussidi sono stati a lungo una piaga della concorrenza internazionale, alterano i mercati e assicurano un vantaggio competitivo sulla base del loro sostegno piuttosto che sulla qualità e sull’innovatività dei prodotti in questione”, ha detto il Commissario europeo per il commercio Valdis Dombrovskis.

La bozza prevede nuovi poteri per la Commissione, che potrà sorvegliare il mercato singolo alla ricerca di sovvenzioni inique e investigare le fusioni con grandi imprese extraeuropee e le offerte di appalti pubblici che ricevono finanziamento esterno. Le misure punitive che potrà applicare alle compagnie in violazione delle nuove regole includono la vendita forzata, il blocco alle acquisizioni e una multa che può arrivare al 10% del fatturato.

“L’Unione europea si è impegnata a rafforzare la nostra toolbox per proteggerci quando i nostri partner globali non rispettano le regole”, aveva detto Dombrovskis a Politico pochi giorni fa. E non è difficile tracciare una linea tra le ultime misure proposte e la sospensione degli sforzi per ratificare l’accordo di investimento tra Cina e Ue (CAI), raggiunto a dicembre dopo sette anni di trattative estenuanti e criticato da Joe Biden poco prima che assumesse la carica presidenziale.

In questo momento Bruxelles ha una parola in mente, reciprocità. E sebbene il CAI garantisse qualche assicurazione all’Europa in merito alle pratiche anticoncorrenziali dalla Cina, come il ricorso al lavoro forzato, lo sdegno per la proprietà intellettuale e i succitati sussidi statali, Pechino non ha voluto garantire agli investitori europei lo stesso livello di accesso che quelli cinesi hanno in Europa.

Inoltre i takeover aziendali sostenuti dal Partito-stato mal si conciliano con la tanto decantata “autonomia strategica” che funge da punto cardinale per la Commissione di Ursula von der Leyen. Semplicemente perché si tradurrebbero nella presa cinese su alcune realtà europee strategiche e le filiere di produzione dell’Unione, come peraltro è successo sotto l’egida della Nuova Via della Seta cinese.

Infine, non è da scontare il valore della linea dura europea nei confronti della Cina agli occhi di Biden. Il riallineamento che i leader europei e americani auspicano passa anche e soprattutto per la definizione di un set di regole e valori comuni sul piano geopolitico, economico e sociale. E nel nuovo sistema di partenariato che va definendosi in Occidente non c’è spazio per la concorrenza sleale.

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