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Nonostante inesattezze innumerevoli, il dibattito sul tema dello spionaggio russo in Italia, che ha visto coinvolto in modo inequivocabile il capitano di fregata Walter Biot, è anche il segno di una trasformazione culturale.

Infatti, in una certa misura, nell’opinione pubblica sembra registrarsi una maggiore consapevolezza della funzione dell’intelligence.

Alcune ovvie riflessioni: lo spionaggio è sempre esistito e oggi le spie sono più indispensabili che mai, perché si combatte in uno scenario fluido e indefinito, dove è fondamentale la guerra delle informazioni rivolta alla conquista delle menti.

Inoltre, il caso specifico riguarda armamenti militari, sui quali si continuano a spendere cifre favolose ogni anno, nonostante i bilanci pubblici siano in profondo rosso.

E specie in questo settore avere informazioni su quanto già fatto da altri consente rilevanti risparmi in ricerca e sviluppo.

La circostanza conferma come gli interessi geostrategici vedano sempre la Russia contrapposta agli Stati Uniti. Non a caso, in America c’è una robusta corrente di pensiero geopolitico che considera il nemico principale ancora la Russia prima della Cina. E questo perché, mentre la seconda è un avversario economico, la prima è un nemico militare.

Abbiamo poi constatato come la ragione del tradimento dell’ufficiale italiano sia stata quella meno nobile: il denaro. Se fosse stato per ideologia o per amore sarebbe stato più romantico. Ma lo spionaggio è sempre drammaticamente umano, come spiegano John le Carré e Graham Greene nei loro struggenti romanzi, dove raccontano la realtà come se fosse inventata.

Inoltre, c’è un dato di fondo, che non mi sembra sia stato rilevato: i Servizi devono costantemente legittimare la propria funzione, soprattutto quando operano all’estero. Per cui, a volte potrebbero considerare utili anche operazioni minime da amplificare e abbellire riferendo ai vertici. Come anche il caso di un’operazione che sembra da 5.000 euro e che, tra l’altro, possono essere rendicontati in maniera diversa alla casa madre.

C’è chi ha osservato che la vicenda è stata trattata più che altro mediaticamente e chi l’ha considerata più un’operazione di polizia che di intelligence. Infatti, in questi casi, spesso il traditore viene trasformato in un agente doppio.

Alcuni hanno visto collegamenti con il vaccino Sputnik V, altri addirittura si sono spinti fino alle sorti del temuto dissidente Alexei Navalny.

Il dibattito ha spaziato dai complotti più raffinati al realismo più sfrenato. Animato a volte da alcuni esperti del settore, che hanno espresso opinioni da far dubitare che effettivamente lo siano.

In ogni caso, occorre prendere atto che lo spionaggio è un primario attore politico mondiale e, come tutti, è oggetto di un’inevitabile narrazione mediatica.

E in questo eterno gioco delle ombre, emerge, ancora una volta, l’affermazione di Friedrich Nietzsche: “Non esistono fatti, esistono solo interpretazioni”. E nella gestione dei fatti dell’intelligence, nulla è come sembra. Anche se si viene trovati con le mani nel sacco.

Biot, Sputnik e il gioco delle ombre. L’analisi di Caligiuri

Diceva Nietzsche che “non esistono fatti, esistono solo interpretazioni”. E nella gestione dei fatti dell’intelligence, nulla è come sembra. Il commento di Mario Caligiuri, presidente della Società italiana di intelligence

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