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Il 2021 si è aperto con un’operazione industriale di peso, di quelle che non capitano tutti i giorni e che muovono decimi di Pil: la fusione tra Fca e Psa, messa in cantiere un anno fa e ora, con il via libera delle assemblee degli azionisti, diventata realtà. Oltre 4,4 miliardi e mezzo di sinergie, dieci marchi tra quelli francesi e dell’ex Fiat e una testa per metà italiana (la presidenza, John Elkann) e metà francese (il ceo, Carlos Tavares, numero uno di Psa).

Anche sul fronte dell’azionariato ci sono due trazioni in Stellantis: una degli Agnelli, che con la cassaforte di famiglia Exor saranno primi soci al 14,4% e una francese, composta dal blocco Psa-Stato francese (7,2% il primo, 6,2% il secondo ma con la possibilità di salire del 2,5%). Lo Stato italiano, invece, è assente. Ma per Roberto Benaglia, segretario della Fim-Cisl dalla scorsa estate dopo l’addio di Marco Bentivogli (fondatore di Base) alla guida delle tute blu, non c’è di che allarmarsi. Non ancora, almeno.

Benaglia, Fca non esiste più, Psa nemmeno. Ma c’è Stellantis. Questa operazione la convince?

Questa è un’operazione importante e significativa, se non altro per la sua portata e per il numero di persone e stabilimenti coinvolti. Nascerà il quarto gruppo mondiale dell’auto. E poi è un’operazione storica anche nel contesto europeo, che va valutata come un segnale di modernizzazione dell’industria auto. I prossimi anni saranno tutti all’insegna dell’innovazione. Non dimentichiamoci poi che da tempo siamo tutti convinti che le aggregazioni siano il futuro. E sapere che anche Fca ora fa parte di questi processi, non può che farci piacere.

Dieci e lode, insomma. Nemmeno un neo?

Attenzione, per i lavoratori queste operazioni sono buone ma non lo sono mai a scatola chiusa. Sarà molto importante capire le intenzioni dei manager e la natura dei piani industriali che verranno proposti. Però onestamente non siamo preoccupati del fatto che il nostro Paese possa rimanere ai margini. Già Fca ha dimostrato di essere competitiva con Chrysler. Quello che conta è che l’Italia sia al centro degli investimenti di Stellantis e noi da questo partiremo nelle nostre valutazioni.

Lei Benaglia sa meglio di me che operazioni di tale portata spesso impattano su stabilimenti e lavoratori, magari con delle ricollocazioni. Preoccupato?

In questo mondo così competitivo nessuno è al sicuro per sempre. Gli italiani hanno superato molte difficoltà e ancora oggi vivono in parte di ammortizzatori sociali. Però le dichiarazioni di Tavares sono indicative e le apprezziamo, perché hanno escluso tagli o spostamenti dei siti produttivi. Ma non ci sediamo sugli allori, staremo attenti a quello che succede. Vogliamo che i marchi italiani e prodotti in Italia e frutto della nostra manifattura siano al centro degli investimenti del gruppo.

Avrà certamente notato come tra gli azionisti di Stellantis  figuri lo Stato francese. Ma quello italiano no…

Sicuramente lo Stato italiano, azionista o no, deve guardare a questo progetto con grande attenzione. Non credo che però di per se l’ingresso nel capitale di uno Stato sia segno di automatica presenza. Però è certo che la Francia forse ha un’attenzione diversa e la sua presenza nell’azionariato ci deve spingere a chiedere allo Stato italiano la massima attenzione e la massima vigilanza su questo nuovo grande gruppo, affinché vengano sempre e comunque salvaguardati i siti produttivi. Insomma, niente sonni, ma occhi ben aperti.

Il segretario della Cgil, Maurizio Landini, ha paventato il rischio di un governo italiano semplice spettatore della partita.

Tutti i sindacati chiedono che il governo non sia spettatore ma recuperi una visione industriale doverosa quando si fanno operazioni di questo tipo. Mi lasci dire che il tema non sono i tavoli di crisi ma capire che uno dei maggiori colossi dell’auto nel mondo sia comunque radicato nel mondo. Il governo deve essere vigile, deve essere garante, deve essere della partita e di fare politica industriale in maniera moderna.

Non abbiamo ancora una governance definita sul Recovery Plan. Da uomo di lavoro e di industria, non mi dica che non è preoccupato nemmeno un po’.

Sì, la preoccupazione c’è. Il Recovery Plan deve servire a modernizzare il Paese e renderlo al contempo un po’ più europeo. Il governo dovrebbe aprire una seria discussione con le parti sociali e smetterla solo di litigare. Perché questa è un’occasione troppo grande per lasciarsela sfuggire.

 

Lo Stato italiano deve giocare la partita Stellantis. Parla Benaglia (Fim-Cisl)

Intervista al segretario generale dei metalmeccanici Cisl. L’Eliseo è socio, ma non è la presenza nel capitale a fare la differenza bensì la presenza e la partecipazione dello Stato nella crescita del gruppo e nella salvaguardia degli stabilimenti. Al governo italiano chiediamo di essere vigile e pro-attivo. L’operazione è comunque il segno dei tempi

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