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Meno male che Sergio c’è, anche se è “solo nella tormenta”. Così El Paìs immagina il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella al termine del primo, tumultuoso anno di vita del governo rossogiallo. Con un lungo ritratto dedicato al capo dello Stato ed ex Dc, il quotidiano spagnolo spiega perché, senza il bollino di garanzia del Quirinale, la legislatura sarebbe già finita da un pezzo.

Non si tratta dei poteri costituzionali affidati al Colle, che pure sono molti, tanto da portare il politologo della Luiss Roberto D’Alimonte a parlare di un sistema “semipresidenziale”, quanto piuttosto di un equilibrio garantito dalla figura politica e umana del presidente palermitano.

“Il mandato di Mattarella, ammettono tutti i partiti, è stata finora esemplare – scrive Daniel Verdù – la sua figura rappresenta oggi la riserva di un profilo e un personaggio politico in estinzione per occupare un luogo tanto silenzioso e determinante come il Palazzo del Quirinale”.

La firma del Paìs ne ripercorre la carriera politica con dovizia di particolari, dall’era scudocrociata all’omicidio per mano della mafia del fratello Piersanti, fino alla salita al colle con la benedizione dell’allora premier Matteo Renzi e di Silvio Berlusconi. Un endorsement che mai si è trasformato in un legame organico, “il tempo ha dimostrato che si sbagliava chi credeva che Mattarella potesse sentirsi in debito”.

Descritto come “poco amico dei movimenti personalisti di palazzo”, Mattarella viene presentato come il titolare di un mandato “agitato e determinante in diversi momenti”. Incline ad ascoltare i consigli di tutti, da Di Maio a Conte, da Berlusconi a Gianni Letta, suo “infaticabile e brillante assessore”, senza mai farsi commissariare, l’inquilino del Colle non ha avuto vita facile negli ultimi due anni, anche in politica estera. Con il governo gialloverde, per dirne una, “è riuscito a frenare una deriva”. Quella che trascinava l’Italia al largo dalla sponda euro-atlantica per le simpatie filocinesi dei Cinque Stelle e quelle filorusse della Lega.

A meno di due anni dalla scadenza del mandato, i palazzi romani sono già in subbuglio per mettere la firma sulla sua successione. Mattarella è vittima, suo malgrado, di un gossip quirinalizio che, scrive El Paìs, è il vero sottofondo dello scontro in corso fra le forze di maggioranza, “nessuno vuole esser lasciato senza sedia quando la musica smette di suonare”.

Dopotutto, aggiunte impietoso il principale quotidiano spagnolo, la corsa al Colle è l’unico collante di un governo ormai allo sbaraglio, “un orizzonte che tiene unito un esecutivo formato da quattro partiti che vanno avanti a suon di strappi già da alcuni mesi”.

Mattarella preferirebbe restare sugli spalti, sussurra chi gli è vicino. Potrebbe forse accettare la proposta di Giancarlo Giorgetti, un secondo mandato di un anno e poco più per poi rieleggere un nuovo successore. Ma è un’anomalia, che peraltro nessuno è pronto a digerire a sinistra, dove già impazza il totonomi, da Dario Franceschini a Walter Veltroni fino a David Sassoli e Mario Draghi. Di Mattarella una sola cosa è certa, chiude Verdù. “Sarà molto difficile trovare una figura alla sua altezza”.

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