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Lunedì, a suon di sanzioni e controsanzioni, si sono palesate le difficoltà di dialogo tra Unione europea e Cina. Le comunicazioni, come ha scritto su Formiche.net Giulia Sciorati, ricercatrice presso l’Asia Centre dell’Ispi, sono complicate dallo spostamento sul piano ideologico con l’abbandono quasi totale del pragmatismo e della realpolitik “con cui la Cina ha dimostrato in passato di avere spazio di manovra. L’ideologia, che è invece al cuore della legittimazione del governo comunista del Paese, non lascia spazio alcuno alla negoziazione. La reazione cinese lo dimostra”, ha notato l’esperta.

Lo dimostrano, cioè, le sanzioni emesse da Pechino per colpire non soltanto alcuni politici ma anche diversi centri studi che si occupano di democrazia e di Cina. E lo dimostra lo scontro tra l’ambasciata cinese a Pechino e Antoine Bondaz, ricercatore della Fondation pour la recherche stratégique, che aveva denunciato le pressioni della Cina per impedire ad alcuni parlamentari francesi di andare in visita a Taiwan.

“Delinquentello”, “iena folle” e “troll ideologico”: così l’ambasciata cinese a Parigi l’ha attaccato nei giorni scorsi via Twitter. Dichiarazioni “inaccettabili” per il ministero degli Esteri francese, che ha subito convocato l’ambasciatore Lu Shaye. “Gli insulti contro dei ricercatori indipendenti e la polemica con dei rappresentanti della Repubblica sono inammissibili e non hanno posto nelle relazioni che l’ambasciata di Cina è incaricata di contribuire a sviluppare tra Francia e Cina”, ha detto la portavoce del ministero degli Esteri francese, Agnès von der Mühl. Nel frattempo, lo studioso è finito nel mirino anche del Global Times, aggressivo organo della propaganda cinese in lingua inglese.

“Se solo la Cina potesse inviare più ambasciatori in Europa come quello che ha a Parigi”. È l’augurio sarcastico con cui su Twitter Anthony Luzzatto Gardner, già ambasciatore statunitense all’Unione europea ai tempi della seconda amministrazione di Barack Obama e in lizza per un ruolo da questa parte dell’Atlantico anche con Joe Biden, si è detto “lieto” che la Cina sia così “apertamente aggressiva” con il Vecchio continente.

Quello sopracitato è forse il primo caso “europeo” di diplomazia dei “lupi guerrieri” usata contro uno studioso. Ma i “lupi guerrieri” non sono affatto una novità per l’Europa. E neppure per l’Italia. Basti pensare a Li Junhua, l’ambasciatore cinese a Roma, che in meno di due anni nella capitale si è fatto notare per diversi attacchi, come raccontato su Formiche.net: quello all’ex segretario di Stato americano Mike Pompeo mentre era in visita ufficiale nel nostro Paese, quello alla Lega per il flash mob a favore del movimento democratico di Hong Kong e quello ai parlamentari che avevano ospitato l’attivista Joshua Wong. In mezzo, come avevamo spiegato, il diplomatico aveva anche provato ad ammorbidire l’immagine aggressiva. “Lupi guerrieri”? “Più azzeccato Kung Fu Panda”, disse prima di tornare su posizioni più assertive.

La vicenda di Bondaz incrocia quella dell’accordo sugli investimenti tra Unione europea e Cina raggiunto a fine dicembre e seguito da diverse polemiche. Come ha raccontato Politico Europe il presidente francese Emmanuel Macron – tra i fautori di quell’intesa – ora si trova a dover affrontare crescenti resistenze interne prima del voto che il Parlamento europeo è chiamato a esprimere. E in questo clima già teso l’assalto allo studioso potrebbe mettere ancora più in salita la strada per l’approvazione dell’accordo.

Grana parigina per i diplomatici “lupi guerrieri” di Pechino

L’ambasciata cinese a Parigi attacca lo studioso Antoine Bondaz che aveva enunciato le pressioni di Pechino su alcuni deputati che volevano visitare Taiwan. Anche in Francia, i “lupi guerrieri” rischiano di segnare un autogol

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