Skip to main content

Italia e Turchia (il cui vertice previsto per il 17 aprile dovrebbe slittare) hanno molti aspetti in comune, hanno convenienza a stare vicini ma hanno anche livelli bilaterali dati da situazioni instabili, con due leader pragmatici che vantano una buona intesa. Questa l’opinione di Alessandro Politi, direttore della Nato Defense College Foundation, che analizza il momento delle relazioni tra Roma e Ankara alla luce delle nuove sfide sia nel settore mediterraneo che in quello diplomatico/internazionale. “Da parte di Erdogan noto una certa sorridente benevolenza e da parte della Meloni una sorridente affilata complicità”.

Cosa unisce Italia e Turchia?

Hanno un orientamento decisionista, e ciò li unisce anche nel trovare un difficile equilibrio tra Russia e Ucraina. Inoltre li unisce il fatto che vogliono perseguire una collaborazione nel Mediterraneo orientale, oltre che sono entrambi interessati all’Africa senza dimenticare la questione dei corridoi di energia che verranno nuovamente ridefiniti. Dopodiché però ci sono aspetti che li dividono profondamente. È chiaro che la politica italiana non è quella turca, nonostante tutto il pragmatismo di entrambi.

Ovvero?

La posizione religiosa tra Meloni e Erdogan non è la stessa. Poi per carità, ci si mette d’accordo con tutti, però se tu mi dici che sono donna, italiana e cristiana, è una dichiarazione piuttosto netta, rispetto a chi ha fatto della rinascita mussulmana un suo cardine politico. Inoltre non li unisce necessariamente Israele, dove ci sono posizioni turche molto critiche, anche se gli americani sperano cambiamenti perché c’è Trump. E non li unisce Trump, nel senso che le posizioni americane sono posizioni intrinsecamente divisive tra gli alleati. Il modo in cui i turchi si relazionano con gli Stati Uniti non è lo stesso di quello italiano, ma tutti e due hanno problemi con Washington. Ancora, non li unisce la Libia, nonostante sorrisi diplomatici e non li unisce la sostanza dell’Africa perché lì i turchi si muovono in un certo modo: con Sadat hanno creato una private military company e hanno una politica estremamente decisa con rapporti non solo militari, ma anche di affari con tutta la fascia del Sahel (come si può vedere nel nostro Strategic Trend del mese).

E nell’area mediterranea?

Hanno intese sulla questione migratoria ma ovviamente i turchi vogliono essere assistiti sulla gestione dei flussi. E poi c’è tutta la questione che tocca chi è dentro e chi è fuori dall’Europa, chi è dentro e chi è fuori dalla Nato, a parte la coalizione dei volenterosi. Erdogan vuole tornare in Europa? Si riconcilia davvero con Trump, nonostante siano fatti tutti e due della stessa pasta? Non dimentichiamo poi la protesta greca per la zona economica esclusiva e l’accordo con la Piaggio: ciò per dire che ancora oggi ci sono frizioni greco-turche piuttosto forti. Ciò che io vedo tra Roma e Ankara è un momento senz’altro vitale delle relazioni. Sicuramente dal lato Meloni c’è un giocare per guadagnare tempo, sperando che certe divisioni tra alleati non si approfondiscano ma si stemperino. La questione dei dazi è proprio plateale. I turchi sono in una fase fluida, ma anche loro non sono così ben piazzati come pensavano di essere.

Quindi più consonanza che distanze?

Vedo molte consonanze, ma i turchi sono molto diffidenti rispetto agli americani già quando erano “buoni democratici”. La questione del colpo di Stato non è che sia stata dimenticata, poi si sta giocando la partita sul porto di Alexandroupolis contro la grande base di Incirlik. E meno male che Rubio, almeno a parole, ha detto che gli americani resteranno nella Nato. Poi è chiaro che andrà valutato il come, ma per ora siamo tutti contenti che sia così. Tuttavia dovremo analizzare il contesto, ovvero quale Nato sarà, con chi, verso dove, perché per ora tutto sembra una questione di soldi e di priorità: il Pacifico, l’Ucraina, l’Africa. Ma la sicurezza, ricordo, è indivisibile. Per cui penso che Italia e Turchia sono due Paesi in cerca di una vicinanza possibile, ma non tutto è possibile nella loro vicinanza. Vi sono cose concrete che si sono fatte e che si faranno, ma poi c’è tutta una serie di questioni che vanno gestite con molto equilibrio e anche chiudendo un occhio, o tutti e due.

Anche i Balcani sono un terreno di incontro/collaborazione?

Sui Balcani penso che gli italiani abbiano capito che non possono lasciare spazio, visto che i turchi a loro in Libia non hanno lasciato nulla. Ora noi siamo tutti concentrati sul caso ucraino, dimenticando forse le altre questioni. Per cui sono due Paesi in cerca di un loro equilibrio reciproco, in un contesto squilibrato. Questo è il punto. Roma e Ankara cercheranno vicinanze perché ne hanno bisogno, però le vicinanze avranno dei limiti. Quindi è un quadro estremamente interessante dal punto di vista analitico e anche un quadro, confesso, appassionante dal punto di vista politico; al contempo è un quadro che impone un realismo che arriva al di là dell’intesa personale, che non dovrebbe essere cattiva. Da parte di Erdogan noto una certa sorridente benevolenza e da parte della Meloni una sorridente affilata complicità.

Dall'Ucraina ai Balcani. Cosa separa e unisce Italia e Turchia secondo Politi

“Ciò che io vedo tra Roma e Ankara è un momento senz’altro vitale delle relazioni. Sicuramente dal lato Meloni c’è un giocare per guadagnare tempo, sperando che certe divisioni tra alleati non si approfondiscano ma si stemperino. La questione dei dazi è proprio plateale. I turchi sono in una fase fluida, ma anche loro non sono così ben piazzati come pensavano di essere”. Conversazione con il direttore della Nato Defense College Foundation.

Trump e i dazi Usa-Ue. E se si ripartisse dal Ttpi?

Nel 2013 i negoziati erano stati avviati con l’obiettivo di dare vita alla più grande area di libero scambio esistente, riducendo e rimuovendo dazi e barriere non tariffarie. Una buona base di partenza per riprendere i negoziati sarebbe già disponibile, anche andando ad ampliare gli ambiti oggetto di accordo, con l’ambizioso obiettivo di governare questa delicata fase geo-economica e geo-politica. L’intervento di Mario Angiolillo

Altri 75 giorni per TikTok. I dazi fermano l'accordo Usa-Cina, ma Trump è ottimista

L’accordo per una cessione dell’app cinese agli Usa era quasi raggiunto, ma Pechino ha messo un freno dopo l’annuncio dei dazi fatto da Donald Trump. Eppure il presidente americano resta ottimista sia sui dazi che sul raggiungimento di un possibile accordo, per questo ha firmato un ordine esecutivo per ritardare l’entrata in vigore del ban

L’Italia valuta la creazione di una costellazione satellitare nazionale. L'annuncio di Urso

A seguito degli esiti dello studio di fattibilità sulla creazione di una costellazione satellitare nazionale per le comunicazioni strategiche, il ministro Urso ha confermato la volontà di procedere alla seconda fase, che coinvolgerà le imprese nazionali del settore. Stretta nel dibattito tra Starlink e Iris 2, l’Italia potrebbe anche fare da sé. Tuttavia non si possono tralasciare alcune considerazioni importanti per le eventuali implicazioni politiche e strategiche

Siamo pronti al bis (con i popolari del Ppe). Il governo a metà mandato secondo Nevi (FI)

“Weber al Consiglio nazionale? Dimostra l’importanza di Forza Italia. L’industria Ue? Aumenti le proprie produzioni strategiche. Difesa non è solo bombe, ma cybersicurezza, aerospazio e frontiere esterne. La maggioranza? Coesa, mai un voto dissonante in Parlamento”. Conversazione con il portavoce di Forza Italia, Raffaele Nevi

Da Samarcanda un nuovo patto tra Ue e Asia centrale

Come mettere in piedi una relazione che sia stabile, duratura e strategica? In primis con una presenza sul territorio: lo ha deciso la Banca europea per gli investimenti che aprirà una sede, dopo l’accordo firmato alla presenza del presidente dell’Uzbekistan, Shavkat Mirziyoyev, della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e del presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, a Samarcanda. Uno strumento che servirà per ampliare la cooperazione reciprocamente vantaggiosa e migliorare volume degli investimenti in Uzbekistan e in Asia centrale

Usa e Ue hanno le istruzioni per spegnere l'incendio dei dazi. La riflessione di Arditti

Convergenza militare, sguardo allo Spazio e idea di libertà. Sono i tre punti di convergenza che, in questo momento incendiario, possono aiutare a spegnere le fiamme divampate nel rapporto tra Stati Uniti ed Europa. È tempo dei pompieri. Il commento di Roberto Arditti

Il boccone di Tajani, il fischietto di Urso, il ritratto di Bandecchi. Queste le avete viste?

Il ministro degli Esteri è stato pizzicato da Pizzi col boccone in bocca, mentre il ministro del Made in Italy soffiava dentro un fischietto a forma di gallina. Per il suo compleanno, invece, il sindaco di Terni ha ricevuto un ritratto particolare. Ecco le foto politiche degli ultimi sette giorni

La Cina risponde a Trump. Le contromosse commerciali di Pechino

Pechino annuncia contro-dazi speculari sulle merci americane del 34%, attaccando frontalmente anche le terre rare e denunciando gli Stati Uniti al Wto. Borse e petrolio sprofondano ancora, riportando i fantasmi dell’11 settembre

The tariff bombshell, implicazioni geoeconomiche dei dazi di Trump

Il presidente degli Stati Uniti ha lanciato una nuova ondata di dazi, descritta dagli esperti dell’Ecfr come una “rivoluzione tariffaria” con effetti potenzialmente devastanti sull’economia globale. Colpiti Usa, Europa e Paesi in via di sviluppo, con settori strategici come l’agroalimentare e l’aerospazio sotto pressione

×

Iscriviti alla newsletter