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Il più grande campus di intelligenza artificiale al di fuori degli Stati Uniti sarà negli Emirati Arabi Uniti. È quanto ha concordato Donald Trump nell’ultima tappa del suo tour mediorientale. Il centro tecnologico sarà grande poco meno di 26 km quadrati, con una potenza di 5 gigawatt, e verrà realizzato dalla società emiratina G42, con il supporto di quelle americane che, fa sapere il segretario al Commercio Howard Lutnick, “gestiranno i data center e offriranno servizi cloud”.

È un accordo storico, fortemente voluto da Abu Dhabi che vuole diventare un nuovo hub di intelligenza artificiale e cercava da tempo di approfondire i legami con Washington per accedere alle sue tecnologie. Quest’ultima sembra relegare al passato le sue preoccupazioni riguardo la relazione che gli emiratini hanno intrattenuto negli anni con la Cina. Come scrive la Casa Bianca, l’accordo “prevedere l’impegno degli Eau a investire, costruire o finanziare data center statunitensi grandi e potenti almeno quanto quelli degli Emirati”. Questi ultimi si impegnano inoltre ad “allineare le proprie normative sulla sicurezza nazionale a quelle degli Usa, tra cui forte tutele per impedire lo sviamento di tecnologie di origine statunitense”. In sintesi: niente di quello che arriva dagli americani deve finire nelle mani dei cinesi.

Non è ancora chiaro quali semiconduttori l’America provvederà a fornire all’alleato del Golfo. Un indizio può però aiutare a sciogliere i dubbi. A parlare con Trump e lo sceicco Mohamed bin Zayed al Nahyan c’era infatti Jensen Huang, ceo di Nvidia. Inoltre, secondo un accordo preliminare ancora da sottoscrivere con scadenza nel 2027 ma prorogabile fino al 2030, gli Usa si impegnano a trasferire 500.000 chip prodotti dal colosso nazionale: un quinto di questi andranno alla G42, mentre i restanti saranno redistribuiti tra le varie aziende statunitensi che operano nel paese, come Microsoft e Oracle che potrebbero aiutare anche nella costruzione di data center.

Trump incassa, dunque. Gli Emirati Arabi Uniti hanno anche intenzione di investire 1.400 miliardi di dollari nell’intelligenza artificiale statunitense, così come volevano già fare con Joe Biden. A dicembre bin Zayed al Nahyan lo era andato a trovare alla Casa Bianca e durante il loro confronto il dossier sull’IA era stato centrale. Ma l’ex presidente aveva forti dubbi, dovuti al rapporto commerciale sull’asse Abu Dhabi-Pechino. Molte aziende cinesi, tra cui Huawei e Alibaba Cloud, operano sul territorio emiratino fornendo le loro tecnologie e il timore era che la Cina potesse avere accesso al know-how a stelle e strisce. A Washington però sono convinti che questo accordo ricalibrerà i rapporti degli Emirati, sebbene qualcuno all’interno dell’amministrazione teme che consentire l’accesso alle proprie tecnologie possa essere un rischio.

Che l’IA sarebbe stata al centro del viaggio di Trump era chiaro fin dalla partenza. Il tycoon si è portato dietro una schiera di imprenditori, rappresentanti delle aziende americane più importanti nel settore. Questo perché i Paesi del Golfo, storicamente legati al petrolio, hanno deciso che l’IA può essere il miglior veicolo per diversificare la propria economia. Lo testimonia anche l’Arabia Saudita, primo Stato visitato da Trump. In occasione della visita del presidente americano, Riad ha lanciato Humain, la piattaforma del Fondo di investimento pubblico (Pif) di proprietà del principe Mohammed bin Salman. In Humain sono contenute tutte le ambizioni dei sauditi, che pianificano nuove strutture di IA a partire dalla creazione di data center e di modelli linguistici di grandi dimensioni adattati alla lingua araba. Riad ha anche promesso investimenti miliardari negli Usa, pari a 600 miliardi di dollari, che comprendono l’acquisizione dei chip di Nvidia, Qualcomm e Amd.

Cosa prevede il mega accordo Usa-Uae sull'IA

Stati Uniti ed Emirati Arabi Uniti hanno concordato la costruzione del più grande campus di intelligenza artificiale da realizzare al di fuori del territorio americano. Avviate anche trattative sull’acquisto dei chip di Nvidia e altre aziende statunitensi. Mosse che evidenziano un nuovo rapporto tra i due Paesi

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