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L’ex portavoce di Donald Trump, Sarah Huckabee Sanders, sostiene che la messa al bando del presidente da Twitter sia censura in stile cinese. I propagandisti cinesi dicono che mette a rischio la protezione della libertà di parola della Costituzione americana.

Le cose non stanno esattamente così.

Ecco un paio di differenze. La prima. Xi Jinping – la controparte di Trump a Pechino – non sarà messo al bando da nulla in Cina. Le aziende americane prendono le loro decisioni, inclusa quella di dire all’uomo più potente del Paese, ai suoi amici e ai suoi supporter, di andare a farsi gli affari loro da qualche altra parte. Tutto questo è inimmaginabile in Cina, dove le aziende fanno ciò che viene detto loro.

La seconda. Se vieni bandito da WeChat, il principale social media cinese, non perdi soltanto il tuo pulpito. La tua vita quotidiana (lo shopping, ad esempio) diventa difficile o perfino impossibile. Come non bastasse, diventi anche invisibile: qualsiasi ricerca del tuo nome sul web finisce a vuoto. E chi prova a cercarti rischia di mettersi nei guai.

La terza. Il presidente Trump ha un’ampia scelta di altre piattaforme social e media. In Cina hai una sola possibilità per essere ascoltato o far parlare di te, cioè i media del mondo esterno.

Quarta. La Costituzione americana protegge la libertà di stampa dal governo. Non dà ai singoli individui il diritto di essere ascoltati.

Il progresso tecnologico si muove sempre più velocemente delle leggi e delle normative necessarie per regolamentarlo. Le società libere cercano continuamente di colmare quel vuoto a forza di tentativi ed errori, accesi dibattiti pubblici, litigi e campagne di informazione. In Cina è il Partito comunista cinese a prendere quelle decisioni, in segreto.

Questa è un’enorme differenza.

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