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Missione de-confliction nel Mediterraneo orientale. Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini è oggi a Cipro per incontrare il collega Charalambos Petrides. Domani riceverà a Roma l’omologo Hulusi Akar, con l’obiettivo di confermare ciò che giorni fa, dalla Farnesina, ha detto Luigi Di Maio, ospitando Mevlut Cavusoglu, ossia “la storica amicizia” e il legame con un “partner fondamentale” con cui “rafforzare il dialogo”.

IL RAPPORTO CON CIPRO

Prima sarà la volta di Cipro, in un momento in cui i (non) rapporti tra Ankara e Nicosia sono ai minimi storici. Per l’Italia, i contatti con Cipro sul fronte della Difesa sono solidi, sia a livello bilaterale, sia nell’ambito delle iniziative comuni europee. Lo scorso gennaio Guerini ha ricevuto a Roma il collega Savvas Angelides (sostituito a luglio da Petrides), poi incontrato virtualmente a marzo a margine di un vertice Ue insieme agli omologhi di Francia e Grecia. A maggio, un nuovo colloquio telefonico, tra contrasto al Covid-19 e peggioramento della situazione nel Mediterraneo orientale.

UN DOSSIER COMPLESSO

Il grande argomento del Mediterraneo rappresenta un fascicolo molto scabroso per l’Italia, che non può perdere il contatto con Grecia e Cipro e l’allineamento anti-turco che si è creato attorno ai reservoir dell’EstMed (dove l’Eni ha una sua parte), comprendente anche Egitto e Israele. Roma ha il compito di tenere fermo il punto con Ankara, limitando le mosse aggressive senza scatti. Ne è testimonianza la posizione contraria presa dal governo italiano sulla discussione per le sanzioni che alcuni Paesi europei capitanati dalla Francia volevano imporre alla Turchia. Di conseguenza, la linea italiana è sempre stata di equilibrio, ribadendo l’assoluta attenzione al rispetto del diritto internazionale, ma promuovendo in parallelo un dialogo costruttivo che consenta “l’avvio di un percorso di recupero delle relazioni di buon vicinato nell’area, essenziale per consentire soluzioni condivise, sostenibili e stabili”, spiegava Guerini.

LA LINEA NATO

Una linea che ha trovato sponda soprattutto alla Nato, intenzionata a ricostruire in fretta la fiducia tra due membri storici come Grecia e Turchia. Per dialogare, l’ambito Nato è certamente quello più favorevole, essendo coinvolti nelle questioni mediterranee i Paesi membri. È quello lo spazio in cui i ministeri di Guerini e Hakar avranno domani maggiore libertà di movimento e migliore possibilità di essere incisivi anche oltre le loro dimensioni tecniche. La Nato è d’altronde da sempre il luogo in cui si muove la diplomazia militare, che spesso ha trainato soluzioni più politiche.

La scorsa settimana, nell’ambito dell’Alleanza Atlantica, Atene e Ankara hanno trovato l’accordo per un meccanismo di de-escalation, con tanto di linea rossa diretta per evitare incidenti in mare. Nei giorni scorsi, il segretario generale Jens Stoltenberg è stato impegnato nelle due capitali per una serie di incontri con i vertici politici. Sono emerse le distanze (che restano importanti) tra greci e turchi, ma anche qualche spiraglio per ricostruire il dialogo e, soprattutto, per evitare “la scintilla che farebbe scoppiare l’incendio” tra esercitazioni incrociate e manovre militari.

LE MANOVRE IN MARE

Spiraglio che l’Italia vuole ampliare, anche sfruttando i canali più operativi. A fine agosto è andata in scena “Eunomia”, esercitazione tra gli assetti di Cipro, Grecia, Francia e Italia, a largo di Cipro stessa. Le manovre, “di media complessità”, si sono inserite nell’ambito della Quartet Cooperation Initiative (Quad), attività quadrilaterale di coordinamento nel settore marittimo finalizzata “ad assicurare una presenza navale costante nella regione”. La Difesa italiana ha mandato la nave Durand De La Penne, cacciatorpediniere della Marina che era già in quelle acque per la campagna addestrativa a favore degli allievi dell’Accademia navale, tanto che, prima di aderire a Eunomia, aveva condotto un’attività addestrativa “di passaggio” con due fregate turche. Attività di quattro ore, routinaria, ma che descriveva l’idea di “approccio bilanciato per la ricerca di una sempre maggiore cooperazione e dialogo tra le parti”, spiegava Guerini.

LA PARTITA LIBICA

D’altra parte, Roma condivide con Ankara dossier di importanza cruciale, come la Libia. La Difesa turca è intervenuta a sostegno del governo onusiano di Tripoli, aggredito dai miliziani dalla Cirenaica, con un’operazione militare che ha risolto per certi versi un’impasse – l’assedio dei ribelli haftariani alla capitale – che durava da mesi e che non trovava soluzioni e ha tolto le proverbiali castagne dal fuoco all’esecutivo Gna che l’Italia ha contribuito in prima fila a creare e installare a Tripoli cinque anni fa. Gli accordi che si decidono in questa fase tra i due Paesi hanno dunque anche scopo di creare cooperazioni in Paesi terzi.

TRA SAHEL…

Se la ricostruzione libica – sia in termini tecnici, infrastrutturale, sia in forma statuale – prosegue il paradigma, altre aree di interesse italiano seguono questa sovrapposizione. Pensare per esempio al quadrante che dal Nordafrica scende verso il Sahel, dove i turchi stanno rafforzando la propria presenza, o ancora (per restare nel continente) più a sudest, nel Corno d’Africa. Il passaggio talassocratico è un punto nevralgico dei traffici che risalgono Suez ed entrano in Europa, dove sia la Turchia che l’Italia hanno piazzato basi militari. E lì la cooperazione tra intelligence ha dato già i suoi frutti visibili con la liberazione di Silvia Romano dalla prigionia dei jihadisti somali di Al Shabaab.

… E CAUCASO

Ma non va dimenticato nemmeno il ruolo che i turchi hanno nei Balcani, area di proiezione geopolitica italiana, così come nel Caucaso. La fratellanza turca con l’Azerbaigian, riaccesa in termini evidenti con le dinamiche del conflitto nel Nagorno Karabakh, è un tema per Roma, connessa a Baku da relazioni energetiche dal chiaro sapore geopolitico.

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