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Con orgoglio posso finalmente affermare che l’iter di approvazione della proposta di legge per l’istituzione della Zona Economica Esclusiva (Zee) italiana, di cui mi fregio di essere prima firmataria, è giunto al termine.

Dopo ben 26 anni dall’entrata in vigore della Convenzione Onu sul diritto marittimo (Unclos) firmata a Montego Bay, ora anche il nostro Paese ha uno strumento legislativo per istituire la propria Zee.

In un momento storico in cui si ritorna a parlare della centralità del mar Mediterraneo nelle dinamiche geopolitiche mondiali, l’Italia non si ritrovava, purtroppo, pronta, ad affrontare la sfida di altre potenze regionali che stanno guadagnando un posizionamento strategico nel bacino. Più volte, anche sulle colonne di questo giornale, è stata rimarcata la necessità di dotarsi di tale strumento legislativo.

Paesi come la Turchia, la Grecia, l’Algeria, hanno recentemente provveduto a proclamare questo loro diritto nuocendo, in taluni casi, non poco al nostro interesse nazionale, specie da un punto di vista economico.

Non solo, in alcuni casi, tale ritardo di posizionamento ha causato, e tuttora causa, forti tensioni tra Paesi contigui e frontisti, creando ulteriori punti di rottura dove invece paradigmi di cooperazione dovrebbero essere attuati.

In vista dell’approvazione di questa legge, nei mesi passati, sono state condotti dei proficui negoziati con gli Stati frontisti, a partire dall’accordo del ministro Luigi Di Maio con la Grecia, e degli incontri bilaterali seguiti dal Presidente Conte e dal Sottosegretario Manlio Di Stefano con l’Algeria. Questo, in particolare, un segnale importante, alla luce delle passate vicissitudini, che mettevano l’Italia in una posizione di svantaggio sotto il punto di vista della tutela delle risorse economiche e ambientali prossime alle nostre coste.

Con questa legge, dunque, ci proponiamo obiettivi di breve e lungo periodo per la gestione del nostro patrimonio marittimo: da un lato, questa legge, in ottemperanza con i dettami del diritto internazionale, ci conferisce un diritto esclusivo di gestione delle risorse naturali entro la nostra area di competenza: penso alle comunità costiere, per le quali il mare è fonte di vita e di ricchezza, che vedranno ora tutelato un diritto spesso violato da battute di pesca illegali operate da imbarcazioni provenienti da aree molto distanti.

Avremo la possibilità di gestire in via esclusiva le strategie di gestione e sfruttamento delle risorse minerarie, impedendo a Stati frontisti o contigui di effettuare attività estrattiva in prossimità delle nostre coste. D’altro canto, potremo promuovere attività di ricerca scientifica finalizzate alla tutela della biodiversità marina, grazie all’installazione off-shore di isole artificiali. Restano, inoltre, inalterati, i diritti di transito e sorvolo, così come la posa di cavi e condotti sottomarini.

Vi è poi un obiettivo di lungo periodo, che auspico possa verificarsi: nuove competenze e prassi, consolidate all’interno degli organi di governo, affinché l’Italia possa riscoprire un rinnovato interesse verso le politiche marittime. Il mare è una risorsa imprescindibile per l’Italia: con 8000km di coste, sarebbe impensabile, d’ora in avanti, non considerare la rilevanza della “Blue Economy” nelle strategie di sviluppo territoriale del nostro Paese.

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