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I dati, delle persone e delle imprese, come patrimonio dell’umanità al pari dei monumenti senza tempo. Un cambiamento inevitabile e soprattutto inarrestabile a cui le banche italiane, e più in generale tutti gli operatori finanziari, non possono sottrarsi. Il commissario Consob, Paolo Ciocca, lo ha ricordato proprio pochi giorni fa davanti ai banchieri dell’Abi (qui il suo intervento): piaccia o no le grandi multinazionali, big tech in testa, imporranno al mercato del credito e della finanza un cambio di paradigma profondo.

Formiche.net ne ha parlato con Alessandro Armando, docente presso il Dipartimento di Informatica e Bioingegneria, Robotica e Ingegneria dei sistemi presso l’Università di Genova.

UN ALLARME FONDATO

La Consob ha ragione, la sfida tecnologica impone una riflessione “perché oggi non esiste una società che non faccia un uso massivo dell’Ict. Da questo punto di vista l’allarme lanciato dal commissario Ciocca è condivisibile. Il settore finanziario vive un problema acuto, perché parliamo di una mole di dati enorme e anche dati sensibili. Trovo molto importante sottolineare la necessità di un’iniziativa sia a livello comunitario sia nazionale che possa adeguare per non dire attrezzare il nostro sistema finanziario al fine di sostenere una sfida di tale calibro”, spiega Armando. “I questi anni abbiamo conosciuto spesso attacchi al sistema finanziario. I big data sono spesso manipolabili e allora c’è la spinta a trasferire i dati verso algoritmi. Ma questo accresce i rischi, perché c’è molta automazione e poca presenza umana. Ciocca ha fatto bene a evidenziare il tema della ricerca: le aziende fanno bene a spingere sulla tecnologia e sulla ricerca di servizi innovativi, ma questo le espone anche a dei rischi sui dati, presenti e futuro”.

L’ORA DELLA RICERCA

C’è un altro passaggio dell’intervento di Ciocca che Armando condivide. “Sottoscrivo l’appello alla ricerca, che può dare delle risposte e ha il grande vantaggio di essere molto avanti e di saper anticipare in trend. La ricerca può e deve aiutare il sistema finanziario in questa grande trasformazione. Se avessimo come Paese la voglia di fare squadra e fare sistema, allora potremmo vincere questa sfida. Ricordiamoci che le big tech corrono, e rimanere indietro è pericoloso. Però voglio essere ottimista, abbia i tasselli, le competenze. Dobbiamo solo spingere sull’acceleratore. E non solo la ricerca, ma anche la politica deve farlo, sia quella nazionale che sovranazionale”.

I COMPITI DELLA POLITICA

Secondo Armando, la sola ricerca non può bastare. Serve un’azione congiunta. “Pensiamo al Dora (il regolamento proposto dalla Commissione europea che mira a garantire che tutti i partecipanti al sistema finanziario dispongano delle necessarie salvaguardie per mitigare gli attacchi informatici e altri rischi, ndr) che impone nuovi meccanismi. Non è una sfida questa? Tutto il comparto finanziario alza l’asticella degli attacchi cyber, non dimentichiamocelo. E allora ecco che però l’Europa e l’Italia devono muoversi in questa direzione, magari a cominciare dall’Unione dei capitali e dei mercati a livello comunitario che può aiutare”, spiega il docente.

IL PATROMONIO DEL FUTURO

Il minimo comun denominatore è comunque il fattore dati. “I dati sono il patrimonio del futuro, certo, ma lo sono anche i processi e i processi sono in mano alle big tech. Basta guardare ad Amazon, che si è impossessata di processi di business che prima appartenevano all’economia e ora è stato traslato in ambito tecnologico. Dati e processi sono un qualcosa da presidiare. Altrimenti potremmo andare incontro a delle distorsioni, un problema che è già agli occhi dei ricercatori. Oggi è fondamentale una cosa: che i decisori in ambito finanziario prendano delle decisioni e le prendano in fretta”.

 

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