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“Il rapporto dell’Ue con la Russia – dice il portavoce dell’Alto commissario Ue Josep Borrell – è tra i più  complessi. Gli ultimi sviluppi servono solo a sottolineare ancora la  necessità che io vada a Mosca. Ma oltre le materie contese, ci sono anche aree in cui Ue e Russia cooperano, o in cui hanno bisogno di  collaborare di più, che richiedono la nostra urgente attenzione”. Dal 2014 – anno in cui la Federazione russa invase e annesse la Crimea in violazione del diritto internazionale, scatenando poi la guerra nell’Est ucraino – non poteva esserci momento più sensibile per la visita moscovita del capo della diplomazia europea. Il caso Navalny, l’appoggio ai ribelli che combattono il governo onusiano in Libia, le continue attività ibride in Europa orientale, il Nord Stream 2, la crisi in Bielorussia, la guerra in Ucraina e Georgia e Nagorno-Karabakh, un attacco hacker (con le unità clandestine dell’intelligence del Cremlino tra i primi sospettati) che ha colpito i centri del potere statunitensi allungandosi fino all’Europa, l’arrivo alla Casa Bianca di un presidente che intende rinvigorire i rapporti transatlantici e collegarli al piano geopolitica globale dell’Alleanza delle Democrazie che ha nell’autarchia russa uno dei due nemici dichiarati (l’altro è la Cina).

Borrell arriva in Russia mentre il dibattito sul cosa fare con Mosca si fa ancora più ampio rispetto a cosa fare con Pechino. Potenziale collegamento tra i due dossier, il grande cruccio che da tempo assilla gli strateghi occidentali (soprattutto negli Usa): cercare di includere la Russia in un sistema di lavoro comune e sfruttare collaborazione al fine di evitare uno scarrellamento verso la Cina che costruirebbe un asse complicato davanti a quella – finora solo ideale, chissà se un giorno istituzionalizzata – Alleanza delle Democrazie? Se sì, occorre, come dice Borrell, tenere in primo piano le aree di potenziale “cooperazione”, se no occorre valutarne i rischi. L’impressione è che senza una decisione di Washington, l’Ue non ha capacità di sfruttare fino in fondo gli spazi, dimostrandosi di fatto strategicamente limitata nell’autonomia anche a causa di divisioni interne. Diversa la posizione di Paesi come la Polonia o i Baltici, molto chiusi sulla Russia, da quella di Francia, Germania e Italia che hanno tutte differenti visioni aperte sebbene con diverse sfumature. E intanto la Cina si è mossa: Pechino ha cercato di stringere la relazione con Mosca, ma quest’ultima si mostra spaventata. Sa che il Dragone può fagocitarla, però per ora gioca sulla bromance anche per disturbare il lato occidentale.

Borrell ha mostrato completa consapevolezza della situazione durante un panel ospitato lunedì 1 febbraio dalla Robert Schuman Foundation. Il socialdemocratico ex ministro spagnolo ha ammesso che diversi Paesi dell’Ue si sono opposti alla sua visita, che ha definito “controversa” per altro, ma lui ha insistito sull’importanza di avere contatti uno a uno con i grandi vicini dell’Ue come la Russia. “Non possiamo dire: ‘Non mi piaci, resterò nel mio angolo'”, ha detto Borrell parlando con Jean-Dominique Giuliani, direttore della fondazione che da Parigi si occupa di Unione europea. Borrell vedrà l’omologo Sergei Lavrov, ma nei tre giorni di visita avrà anche una serie di appuntamenti con figure della società civile – dall’entourage spiega che questi saranno importanti tanto quanto l’incontro col ministro russo, e sono questi la ragione della visita in presenza. L’alto rappresentante ha detto che l’Europa deve costruire una grand strategy con la Russia e aggiunto che anche riguardo alla Cina il concetto di autonomia strategica non è diretto contro gli americani. Il mondo post-Covid sarà “più digitale, più asiatico e più disuguale” e, di conseguenza, più instabile, spiega: mentre gli occidentali “erano i padroni delle tecnologie” prima del Covid, “altri saranno i nuovi padroni” nel mondo post-Covid, e per questo l’Europa deve svegliarsi davanti alle nuove realtà geopolitiche.

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