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Grecia e Turchia “ascoltano” il consiglio di Berlino e dopo cinque anni hanno ripreso oggi i contatti esplorativi per analizzare i dossier che hanno provocato fortissime tensioni tra i due Paesi. A Istanbul per poco più di tre ore le due delegazioni si sono annusate in un clima di formale e costruttiva collaborazione, ma con posizioni ancora ben lontane. Il dossier energetico e la delimitazione delle isole sono elementi molto divisivi, che sono sfociati nei mesi scorsi in episodi gravi tra i due Paesi.

PRIMO TAVOLO

La parte greca è intervenuta sull’oggetto della discussione, ovvero la delimitazione delle zone marittime (Zee, piattaforma continentale, acque territoriali), sottolineando che la cartina di tornasole per il governoguidato da Kyriakos Mitsotakis (impegnato oggi nella sessione online del World Economic Forum) è rappresentata esclusivamente dalla giurisprudenza. Per cui nessuno in Grecia e tra i suoi alleati di area darà filo a chi in Turchia contesta la Convenzione di Montego Bay.

L’obiettivo ellenico è quello di riprendere il filo dal punto in cui i contatti sono stati interrotti nel 2016, per esaminare se esiste un punto di convergenza ma solo “sulla base del diritto internazionale”, ha sottolineato il portavoce del governo. L’obiettivo di Ankara è quello di navigare in acque calme fino al prossimo vertice Ue, di conseguenza evitare nuove tensioni con Grecia e Cipro.

All’incontro ha partecipato anche Ibrahim Kalin, portavoce e stretto collaboratore del presidente turco, che ha marcato la presenza indiretta di Recep Tayyip Erdogan al tavolo dei negoziati. In sostanza nessuno si aspetta molto da questo vertice, ma è un fatto sicuramente positivo che almeno nelle prime fasi non vi siano ulteriori provocazioni, come gli sconfinamenti degli F-16 turchi sulle isole dell’Egeo orientale.

QUALI EQUILIBRI?

Certo, a Berlino che mostra esternamente viva soddisfazione per questo primo passo, si riflette anche sul fatto che recentemente il presidente turco ha espresso la convinzione di provare a migliorare le sue relazioni con Ue e Israele in virtù del cambio di amministrazione negli Stati Uniti. È noto che il nuovo presidente Joe Biden sta seguendo gli sviluppi della crisi fra Nato e Turchia con una posizione più critica rispetto al suo predecessore.

E comunque al centro dell’Egeo non si materializza solo lo scontro ormai atavico tra Atene ed Ankara, bensì si assiste plasticamente ai riverberi di interessi ed equilibri anche di respiro europeo.

Da un lato vi sono alcuni Paesi dell’Europa orientale che non intendono allontanare Turchia e Russia, mentre dal punto di vista strettamente finanziario, oltre ai solidi rapporti economici tra Germania e Turchia, va segnalato il caso spagnolo: gran parte del debito turco all’estero è nelle banche spagnole, motivo per cui Madrid non ha alcun interesse a spingere per le sanzioni che aggraverebbero la crisi economica turca. Senza dimenticare la spada di Damocle rappresentata dai profughi, carta che Erdogan ha già detto di poter giocare in qualsiasi momento.

LUNGO PERCORSO

“Siamo lieti – recita una nota del governo tedesco – che i colloqui diretti, sospesi nel 2016, ricominciano oggi e sì, durante la nostra presidenza al Consiglio dell’Ue siamo stati molto favorevoli e abbiamo lavorato per tenere tali colloqui diretti”. Infatti la scorsa settimana, il ministro degli Esteri Haiko Maas è stato nuovamente ad Ankara proprio per preparare il terreno, ma gli ostacoli al momento restano intatti. Come il dualismo Parigi-Berlino per i futuri equilibri nel Mediterraneo.

Oggi infatti è ad Atene il ministro della difesa francese Florence Parley, per firmare il contratto per la fornitura di 18 caccia Rafale alla Grecia (i primi sei forse in consegna già nel prossimo maggio). Un altro segno di chi vuole marcare il territorio in un momento in cui la pandemia si è affiancata al rimescolamento in corso nel Mediterraneo, tra gas e Via della Seta.

twitter@FDepalo

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