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Il rientro di Alexey Navalny in Russia è la notizia principale delle ultime ore. Il blogger e politico, vittima di un tentativo di avvelenamento lo scorso agosto, aveva annunciato a più riprese di voler ritornare in patria e continuare il proprio impegno nelle attività anticorruzione e in vista della campagna elettorale per il rinnovo della Duma nel settembre 2021.

Negli scorsi mesi Navalny aveva espresso queste intenzioni in numerose interviste, creando anche un certo clima di attesa sulle prossime mosse, e l’annuncio da parte dell’Agenzia federale penitenziaria (Fsin) della conversione della libertà condizionata in arresto a fine dicembre aveva contribuito ad aggiungere suspense. Infatti, il blogger aveva ricevuto una condanna con la condizionale nel 2014 per il caso Yves Rocher: secondo l’accusa, i fratelli Alexey e Oleg Navalny attraverso la propria agenzia Glavpodpiska avrebbero gonfiato le spese per i servizi forniti alla filiale russa dell’azienda di cosmetici, e per questo Oleg ha ricevuto una condanna a tre anni e sei mesi, scontati in una colonia penale, a differenza del fratello, che oltre alla condizionale ha avuto anche un periodo di prova durato quattro anni (successivamente allungati a cinque), nel caso di infrazioni la condanna sarebbe poi diventata esecutiva. Nel periodo di prova Navalny doveva rispettare l’obbligo di presentarsi due volte al mese presso l’Fsin, ma, a detta delle autorità, tale obbligo non sarebbe stato rispettato in ben cinque occasioni nel corso del 2020. Nelle motivazioni fornite dall’Agenzia, resta però poco chiaro in quali momenti vi siano state ulteriori chiamate, se durante il ricovero e il soggiorno in Germania di Navalny, e come avrebbe potuto presentarsi per notificare la propria presenza.

A differenza di altri oppositori del Cremlino, il percorso di Alexey Navalny è costante. Da quando per la prima volta è apparso sulla scena, ormai più di dieci anni fa, non vi son mai stati periodi di calo dell’attenzione sulla figura e sulle azioni del politico. Probabilmente tale capacità di attirare l’attenzione e di avere un seguito è dovuta alle modalità di comunicazione e all’uso delle inchieste, pubblicate in rete, elementi in grado di suscitare clamore. La lotta contro la corruzione è un argomento sensibile in Russia, sempre attuale e foriero di polemiche, e ha visto spesso proprio il Fondo per la lotta alla corruzione (Fond borys korruptsiey, Fbk) di Navalny come protagonista. Alcune inchieste lanciate dall’Fbk sono entrate nella recente storia russa, dalle accuse rivolte all’allora primo ministro Dmitrii Medvedev agli scandali attorno all’oligarca Evgeny Prigozhin. Proprio a causa del processo intentato da quest’ultimo contro il fondo, il blogger e i suoi sodali son stati costretti a chiuderne le attività e a trasferirle a un’altra organizzazione, il Fondo per la difesa dei diritti dei cittadini, continuando però a utilizzare la sigla Fbk, per la sua popolarità come brand.

Navalny è stato anche in grado di sintetizzarsi con alcuni umori profondi della società russa, e non sempre dei migliori. Fino a qualche anno fa, le posizioni espresse nei confronti dell’immigrazione e delle minoranze nazionali da parte del blogger corteggiavano la xenofobia, con la partecipazione alla Marcia Russa, allora importante appuntamento dell’estrema destra razzista e ultranazionalista, e una retorica simile in alcuni aspetti alle campagne di Marine Le Pen e Matteo Salvini contro i lavoratori provenienti dall’Asia centrale. Nel 2012, in un’intervista a Der Spiegel, Navalny si era espresso in modo inequivocabile a proposito dell’immigrazione e sostenendo come la xenofobia fosse una realtà tangibile in Russia, molto diffusa tra la popolazione. Durante la campagna elettorale per le elezioni a sindaco di Mosca, dove arrivò a conquistare il 27,24%, il politico dal suo blog accusò gli “uzbeki, assoldati dal sindaco” di sabotaggio, e in un flyer girato su Facebook e Vkontakte (il popolare social network russo), lo staff di Navalny aveva definito il sindaco di Mosca Sergey Sobianin nulla di più che un “allevatore di renne” (olenoved in russo), termine razzista usato per chi proviene dalla tundra, come Sobianin.

Anche riguardo a temi di politica internazionale, sarebbe sbagliato credere a certe reazioni spesso isteriche che bollano le attività di Navalny e dei suoi sostenitori come eterodirette da Washington o Berlino: ad esempio, più volte il blogger si è espresso sull’annessione russa della Crimea, sostenendo che la regione non è un “tramezzino da poter ridare indietro” e sottolineando la necessità di rispettare le scelte della popolazione locale.

Quel che accadrà ora è tutto da vedere, dopo l’arresto di Navalny ieri sera all’aeroporto di Sheremetyevo, dove il volo da Berlino è stato spostato per evitare l’incontro con circa duemila sostenitori raccoltisi all’aeroporto di Vnukovo. Quando nel 2003 Mikhail Khodorkovsky venne arrestato, le pressioni internazionali per il suo rilascio non ottennero effetti immediati, e l’oligarca uscì di galera solo dieci anni dopo, con un procedimento di grazia firmato da Putin. Questo precedente può contare fino a un certo punto, perché il rientro di Navalny molto probabilmente sarà stato concordato tra Mosca e Berlino, e sembrerebbe una mossa rischiosa infrangere degli accordi con un partner strategico per il Cremlino. D’altro canto, oltre alle dichiarazioni di voler continuare la propria lotta contro la corruzione, non è ben chiaro che piani abbia Navalny per il futuro. La costruzione di un’alternativa politica in un contesto particolare come quello russo non può basarsi solo sulle inchieste di denuncia, ma ha bisogno anche di proposte ben più vaste, e al momento nello scontro tra le autorità e il blogger prevalgono solo gli aspetti amministrativi e penitenziari. Si preannunciano mesi, da qui alle elezioni alla Duma, molto interessanti, forieri di nuovi colpi di scena e scontri.

 

Carcere, inchieste e politica. Quale futuro per Alexey Navalny?

Il ritorno in Russia del blogger molto probabilmente sarà stato concordato tra Mosca e Berlino, e sembrerebbe una mossa rischiosa infrangere degli accordi con un partner strategico per il Cremlino. Si preannunciano però mesi, da qui alle elezioni alla Duma, molto interessanti. L’analisi di Giovanni Savino, senior lecturer presso l’Istituto di scienze sociali dell’Accademia presidenziale russa dell’economia pubblica e del servizio pubblico a Mosca

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