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È proprio vero, le strade dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni. Torna quanto mai di attualità questo antico proverbio a proposito delle legge Zan-Scalfarotto in discussione nei prossimi giorni alla Camera dei deputati. Essa nasce con le migliori intenzioni: evitare delle discriminazioni possibili, garantire la libertà di tutti. Ma per una sorta di eterogenesi dei fini si converte proprio nel contrario: una legge liberticida, come non è esagerato definirla (e come l’ha definita, in una nota, la Conferenza Episcopale Italiana).

È perciò che la sua approvazione, che ci auguriamo non ci sia, chiama in causa tutti, indipendentemente dalla propria collocazione politica e dalle proprie convinzioni etiche, filosofiche o religiose. È con questo spirito che un gruppo di intellettuali e politici si è riunito intorno a Marcello Pera ed ha promosso una lettera-appello, che è uscita stamattina su Il Foglio, che è nel contempo un serrato e conciso ragionamento e un grido di allarme. La proposta di legge, come è noto, si innesta sul tronco di quella che porta il nome dell’ex presidente del Senato Nicola Mancino che condanna a pene anche reclusive chi propaganda idee e incita a compiere atti di violenza di tipo razzista. Lo stesso trattamento lo si vorrebbe adesso estendere a parole e atti che “discriminino” la “omotransfobia”, come con un orrendo neologismo è chiamata, cioè in sostanza l’identità di genere che ognuno può costruirsi, secondo i proponenti, a suo piacimento.

Alla base c’è quindi l’adesione alla cosiddetta teoria del gender, che prescinde del tutto dal portato biologico degli individui. Una teoria abbastanza bizzarra, per chi scrive come penso per la maggioranza degli italiani, ma che ha piena legittimità ad essere propugnata e ragionata nel dibattito pubblico. Insieme alle altre di diverso e perfino opposto tipo. Si tratta del terreno, democratico e liberale per definizione, del confronto fra idee e opinioni nell’agone pubblico, in un gioco che automaticamente seleziona le idee migliori. In sostanza, una volta diventata legge la proposta all’esame dell’Aula, un giudice potrà, in piena discrezione, decidere se coloro che sono contrari, mettiamo, al matrimonio fra persone dello stesso genere, o alla pratica dell’utero in affitto, stiano commettendo o no per ciò stesso indebita propaganda o incitamento alla discriminazione.

Lo Stato viene così ad assumere le sembianze di uno Stato etico, cioè uno Stato che fa propria una “verità” e “moralità” unica e assoluta e non lascia ai diversamente senzienti e pensanti la possibilità di opporre a quella una visione diversa né di argomentarla. In questa affermazione di una sorta di “pensiero unico” è possibile perciò vedere, da una parte, una mentalità illiberale che combatte la “discriminazione” presunta con delle discriminazioni reali, dall’altra, un portato di quella mentalità illuministico-giacobina (propria in parte dello stesso marxismo) che vuole ridisegnare l’uomo e il mondo attraverso dei dettami di “giustizia” ed etica astrattamente concepiti. Il fatto poi che il Codice punisce già i reati più gravi che si dice di voler combattere con la legge in oggetto, testimonia anche il carattere strumentale o politico, ideologico, del progetto di legge. Ma questo è un altro discorso, importante ma più strettamente politico.

Qui si vuole sottolineare che è in gioco una questione di libertà, e che perciò su questi argomenti occorre che tutti si sia vigilanti e intransigenti. Come tutte le leggi che fanno delle opinioni un reato, anche questa prevede poi la “rieducazione” del reo, che potrà riscattarsi svolgendo “attivi­tà non retribuite a favore della collettività… presso associazioni e organizzazioni che si occupano della tutela delle vittime dei reati di cui all’articolo 604-bis”. Vale a dire, come specifica Giovanni Sallusti nel suo pamphlet sul “Politicamente corretto” (appena uscito per Giubilei Regnani), presso associazioni a vario titolo Lgbt.

Pera & co contro la legge Zan. Ocone spiega le ragioni di un appello

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