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E crisi fu. Colui che più si era dato da fare per far nascere il secondo governo di Giuseppe Conte è colui che lo ha affondato. Perché Matteo Renzi lo ha fatto? Quali gli obiettivi, quelli che forse presto si appaleseranno e altri più reconditi e “nascosti”? Calma, in politica non contano le intenzioni ma i fatti. E se poi quei fatti sono conditi dalle parole giuste, parole di “verità” che da tempo volevamo che qualcuno, a destra o a sinistra, ci facesse ascoltare, beh…. meglio ancora, per una sera siamo disposti a dimenticare tutte le contraddizioni e i voltafaccia del politico forse oggi meno amato d’Italia.

Certo, ci sarà anche del calcolo nell’azione di Renzi: Italia Viva non decolla e quindi c’era forse poco da perdere in definitiva a lasciare il governo. Il voto? Improbabile, sia per l’emergenza pandemica che non lo consente sia perché nessuno dei deputati vuole tornare a casa. Coinciso, ma duro nell’essenziale, Renzi ha dato tre motivazioni alla dimissione delle sue ministre (Teresa Bellanova, di cui ha tessuto elogi fuori dal comune, ed Elena Bonetti) e del suo sottosegretario (Ivan Scalfarotto), cioè la sua uscita dalla maggioranza: una di metodo, l’altra di merito e infine il Mes, la questione più spinosa di tutte, anche questa volta per la destra non meno che per la sinistra.

Il metodo del governo uscente che a Renzi non piace, ma forse nemmeno a parte del Pd, che nel leader di Italia viva avrà forse trovato l’uomo che fa per altri il “lavoro sporco”, è quello dell’ “uomo solo al comando”, di chi mostra di tenere in conto i like sui social molto più del Parlamento. Il metodo Casalino, per intenderci, anche se il nome Renzi non l’ha fatto. Ha fatto invece quello del professor Sabino Cassese, che veramente in questi mesi ha combattuto, con articoli e interviste, una battaglia quasi solitaria fra giuristi e costituzionalisti stranamente silenti.

Si dirà che c’è la pandemia, l’emergenza epidemiologica, e che è da irresponsabili aprire una “crisi al buio”? Con implacabile logica, Renzi ha smontato questa tesi: proprio perché questo è un momento drammatico non si può rinviare tutto, decidere nulla, e condire il tutto con tanta tonitruante retorica. Non possiamo permettercelo. E soprattutto non si può pensare a gestire (male) l’emergenza e trascurare la necessità di convivere con essa facendo ripartire la macchina.

A tal proposito, l’ex premier ha ammesso che, finalmente, nell’ultima bozza del Recovery Plan ci sono meno bonus e più investimenti, come da lui (e non solo da lui) richiesto. Non è bastato. Anche perché era difficile fare marcia indietro, probabilmente. E soprattutto venire a compromessi con quel Conte che comunque è potenzialmente anche un suo nemico elettorale.

Se Renzi, come credo sia probabile, riuscirà a convincere il Pd, ma direi soprattutto a non far implodere i grillini, credo che la soluzione più probabile sia un nuovo governo con la stessa maggioranza e senza Conte al timone. In ogni caso, domani è un altro giorno e si vedrà. La politica italiana è ancora in movimento, e credetemi non è un male per la democrazia.

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