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“Io ho fatto le nozze d’argento con la Rai. Sono un po’ più giovane, ma è parte della mia vita”. Mauro Mazza ne parla come di una cosa viva. Nel giorno dei settant’anni della tv pubblica, l’ex direttore del Tg2 riprende il fortunato slogan: “Viva la Rai”. Anzi, “viva la Rai pubblica”. E qui la venatura politica non sfugge.

È difficile dare un ordine a un pezzo di storia del nostro Paese, sintetizzandone le sfumature. Mazza ripesca il titolo del libro che, in occasione del mezzo secolo della tv pubblica, scrisse con Biagio Agnes. “Tv, moglie, amante e compagna”. “In queste tre parole è racchiuso il senso di ciò che la televisione pubblica ha rappresentato per gli italiani nelle diverse epoche storiche”.

Nei primi vent’anni fu “l’unico amore per tutti gli italiani. La moglie: la Rai si guardava nei cinema, nei circoli e nelle sezioni di partito. Addirittura l’indomani si dibatteva sul programma che il giorno prima era stato trasmesso. Insomma, un amore pervasivo”.

Erano gli anni della televisione che “ebbe anche una funzione formativa e pedagogica”. Il maestro Manzi, padre Mariano, Lascia o raddoppia, il Musichiere. Poi la seconda fase della tv pubblica coincise con “l’avvento della libertà di antenna, con l’affermazione delle televisioni commerciali di Berlusconi. Ed ecco che diventò amante: le fughe sulle altre reti, ad esempio per guardare Drive in, erano una forma di bonario tradimento”.

Si arriva all’oggi, in cui la Rai è diventata “compagna”. Una televisione che “malgrado l’affermazione di altre modalità di approccio, è capace di parlare anche ai più giovani esercitando ancora – dice Mazza – una funzione formativa oltre che informativa”. La Rai, dice l’ex direttore del Tg2, è tornata “ad essere cool”. E l’erogazione di servizi – per lo più in streaming, in ossequio alle nuove abitudini dei millennials – “sono la dimostrazione di come la tv pubblica sia in grado di autoriprodursi e rinnovarsi. Magari arrivando alle innovazioni con un passo più lento, ma sapendole interpretare e raccontare nel migliore dei modi”.

Anche per questo Mazza, entrando nel vivo di un dibattito che affonda le radici nella notte dei tempi, formula l’auspicio che la Rai “resti pubblica sempre”. La dinamica che caratterizza questa polemica “è sempre la stessa – spiega – : chi è all’opposizione la vorrebbe privatizzare, chi è al governo vorrebbe che rimanesse pubblica e si impegna (quasi sempre) a renderla migliore”. L’editore “si chiama parlamento italiano – aggiunge Mazza – e questo a mio modo di vedere è un elemento di garanzia: cambia in funzione della volontà degli italiani. Se fosse di un imprenditore (o di un gruppo privato), la proprietà sarebbe sempre la stessa”.

Se è vero che “il processo di laicizzazione della Rai” l’ha resa una realtà ancora viva e attuale, “sarebbe sfidante – chiude l’ex direttore del Tg2 – arrivare a una Rai più coraggiosa nell’offerta culturale, che riuscisse a rendere la complessità del pensiero moderno. Insomma, una proposta che valorizzi tutti i modelli culturali”.

Viva la Rai (pubblica). La tv di Stato vista da Mazza

La lunga storia della Rai, raccontata da Mauro Mazza, già direttore del Tg2, con l’auspicio di “arrivare a una Tv pubblica più coraggiosa nell’offerta culturale, che restituisca la complessità del pensiero e della società moderna. Una proposta che valorizzi tutti i modelli culturali”

 

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