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“Condivido la posizione e le scelte del presidente Fontana in Lombardia, così come ho condiviso la decisione che prese De Luca quando decise di chiudere la scuola in Campania. È questione di cogliere le diverse esigenze dei territori”. È è proprio qui il vulnus del nuovo Dpcm. Massimiliano Fedriga, arrembante governatore del Friuli-Venezia Giulia è reduce da un incontro con le categorie e, al telefono, giustifica il parziale affanno: “È un continuo: gli imprenditori sono in ginocchio”.

Da subito contrario alle misure imposte dal recente provvedimento governativo, il governatore dice di avere l’impressione che da palazzo Chigi “stiano colpendo diverse categorie, senza però avere una risposta concreta alla crisi pandemica ed economica di conseguenza”. Anche perché “dovremo convivere con il virus per ancora un po’ di mesi a mio parere e, se la prospettiva è il lockdown, rischiamo di annientare il nostro Paese, azzerandone completamente l’ossatura economica”. Fedriga fatica a capacitarsi di come il dpcm vada a porre ulteriori limitazioni “a settori nei quali non si ha rilevanza di focolai: non si sono registrati casi di contagio in centri benessere, piscine, palestre, teatri e cinema”. Peraltro, già prima dell’emanazione dell’ultimo provvedimento, “queste categorie sono state martoriate nel corso dei mesi di lockdown”.

La bussola dell’esponente del Carroccio ha un punto cardinale: l’equilibrio. “La vera sfida – dice – è quella di far coesistere il diritto alla salute con il diritto al lavoro, cercando il più possibile di evitare l’incertezza che è controproducente non solo per le categorie oggetto delle restrizioni, ma per l’intera popolazione”. Se dalle parti di Palazzo Chigi è arrivato in diverse occasioni un invito al dialogo e alla collaborazione, nei fatti “non si è mai realizzata. Ma non per colpa della minoranza, per colpa del governo stesso”. Basti pensare, puntualizza il governatore, che “alla conferenza con le regioni il governo si è presentato con una bozza di decreto ed è uscito con il medesimo documento, non tenendo minimamente in considerazione le proposte avanzate dai territori”.

Sicuramente, dice ancora il leghista, “sarebbero state proposte di maggior buonsenso: chiusura dei ristoranti alle 23, chiusura dei centri commerciali (esclusi alimentari e farmacie) alla domenica, ma apertura con protocolli specifici (come peraltro già accade) di piscine, centri benessere, teatri e cinema. Oltre che prevedere fino al 100% della didattica a distanza per gli istituti superiori, evitando i problemi connessi al nodo trasporti”. Rispetto a cinema e teatri, Fedriga è tranciate: “Definendoli settori superflui, il governo ha offeso centinaia di migliaia di imprenditori. In più, io non parlerei solo di cultura: con i teatri e i cinema si portano a mangiare le famiglie. I titolari di teatri, cinema e spazi culturali più in generale sono imprenditori a tutti gli effetti. Insomma queste restrizioni non hanno razionalità”. Così come non ce l’ha “la chiusura dei locali alle 18, permettendo unicamente l’asporto. Occorre studiare misure per evitare gli assembramenti in zone a rischio, non mettere alla fame coloro che fanno impresa”.

Sia con il governo romano, che con gli organi europei, l’atteggiamento che la Lega ha assunto, secondo Fedriga, “è stato estremamente dialogante, seppur non recepito nella maniera corretta. Anche sotto il profilo europeo, serve partire da un dialogo, da un’apertura, a partire dal Ppe. Seppure su posizioni diverse, occorre trovare una strada (a volte anche convergendo) per aiutare tutte le nazioni a uscire da questa crisi drammatica”. Quindi, quello sovranista, non deve più essere “unicamente un angolo, bensì un motore propulsivo per una nuova visione dell’Europa e delle sue istituzioni. Differentemente dalla mitologia montata artatamente contro di noi, lo schieramento sovranista si pone come obiettivo quello di salvaguardare le tradizioni, le origini e la cultura di tutti i paesi europei. Ma non siamo gli oscurantisti che ci descrivono, anzi: siamo un partito di governo in tante regioni e comuni d’Italia, il che è indicativo di come in realtà siamo i pochi a dare risposte concrete alle esigenze dei cittadini”.

Sull’ipotesi di vedere avvicendarsi a Beppe Sala Paolo Veronesi come primo cittadino di Milano, Fedriga glissa: “Decideranno i milanesi: non sono là, non posso esprimere un giudizio”. Per pacatezza ed equilibrio, Fedriga pare quasi un democristiano.

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